Introduzione a “Sabino e Serapia”
Presento volentieri questo racconto inedito di Settimio Bernarducci, un artista scomparso già da sedici anni, ma che ha lasciato una robusta traccia nella cultura ternana: poeta, scultore, dipendente delle acciaierie, documentarista impegnato la cui preghiera è salita – letteralmente – fino in cielo, visto che la sua lirica Preghiera dell’astronauta è stata lasciata sul suolo lunare nel corso di una missione spaziale.
In questo racconto sospeso tra realtà e finzione, tra sogno e leggenda, l’autore ci aiuta a riscoprire la reale figura di san Valentino, troppo spesso svilita in un sentimentalismo scialbo e vacuo.
Il 14 febbraio scorso, in occasione della Festa del nostro patrono, dicevo durante l’omelia: “L’amore di San Valentino somiglia più al sale che dà sapore all’intera vita, che al cioccolatino che soddisfa per un momento e poi scompare. E’ doveroso confrontarsi con l’affascinante e assieme grave impegno che la testimonianza di Valentino ci consegna. Come possiamo dire di vivere l’amore se cresce il numero dei giovani che muoiono sulle strade il sabato sera? Se aumentano gli anziani che si tolgono la vita? Se il numero di aborti cresce indisturbato? Non richiedono questi fatti un profondo esame sui nostri comportamenti? Non dobbiamo operare perché si affermi una cultura dell’amore? Non parlo neppure della moderna tratta delle schiave che vengono scaraventate nelle nostre strade, e dei persistenti pregiudizi verso gli stranieri che coprono di fatto un sostanziale egocentrismo. Tali atteggiamenti prosperano in un terreno che fa della superficialità la normale condotta di vita e della soddisfazione di sé a qualsiasi costo la legge a cui obbedire”.
San Valentino continua a parlarci di un amore alto e forte, come quello di cui abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. E Valentino ha dato la vita per tutti i ternani del suo tempo; non si è risparmiato in nulla, la sua lunga esistenza l’ha spesa per il Signore e per tutti, particolarmente per i poveri, i deboli e coloro che avevano bisogno. Egli continua ad esortarci a spendere più energie e più fantasia perché si affermi sempre più un cultura dell’amore, della solidarietà, del bene comune. Il Vangelo dell’amore lasciatoci da Valentino è come la linfa che deve scorrere nelle vene di Terni per debellare egoismi, bruciare grettezze e farci sognare una civiltà rinnovata.
In questo senso questo piccolo libro si inserisce bene all’interno di una più vera e profonda visione del patrono di Terni: il racconto, che prende spunto dalla più famosa leggenda che circola intorno alla figura del santo, quella dei giovani Sabino e Serapia (lui legionario romano, lei cristiana di Terni) ci mostra un Valentino che è ben lontano dalla figura di un santo ieratico e distante: il vescovo ci viene proposto come un vero e proprio padre per il popolo ternano, un amico su cui contare.
Ed è particolarmente significativo che in Sabino la conversione al cristianesimo maturi parallelamente all’amore per Serapia e porti con sé il rifiuto delle armi, della vita militare, dell’oppressione violenta degli altri, di una logica di vita legata al potere e alla forza. E’ un messaggio antico che in questo tempo sentiamo di un’attualità sconvolgente. Sabino, grazie a Serapia e a Valentino, scopre un amore che cambia la vita. Non è forse questa l’attualità del messaggio di san Valentino? Settimio Bernarducci ha fatto la sua parte per renderlo presente. E sento di dovergli tutta la nostra gratitudine. A ciascuno di noi è chiesto di continuare a vivere e a testimoniare questo messaggio d’amore.