Lettera alla città
Carissime amiche, carissimi amici,
care sorelle e cari fratelli in Cristo,
“Oggi Terni, assieme a questa terra, sta vivendo un momento delicato della sua storia; un momento di passaggio, di faticoso travaglio. Tutti siamo consapevoli che il passato non può tornare e che il futuro non è dietro l’angolo; richiede anzi una creatività ben più generosa di quella che mostriamo. Certo è facile rinchiudersi in una avara pigrizia e magari dire con Geremia: “Ahimé, Signore, ecco io non so parlare”(Ger 1,4). Ma il profeta Isaia ci mostra un altro atteggiamento: “Per amore di Gerusalemme non tacerò”(Is 62,1). Sì, per amore di Terni non possiamo tacere, non possiamo ripiegarci in noi stessi”(Omelia per la festa di S.Valentino 14 febbraio 2008).
“Il Vangelo ci suggerisce che non ci sono due storie, una di Dio e l’altra degli uomini, e neppure due città, quella della terra e quella del cielo. C’è una sola storia, quella di Dio e dell’uomo che si cercano. E non ci sono due città, ma una sola: quella che viviamo e che il Vangelo ci invita a rendere ‘nuova’”. (La via dell’amore, Lettera pastorale, p.75)
Pronunciando queste parole pensavo a tutti voi. In questi otto anni di ministero pastorale ho percorso assieme a voi le strade di questa nostra terra, ho vissuto con voi le nostre speranze e le nostre gioie, ho accolto nel mio cuore le vostre angosce e le vostre attese. Quante volte mi sono soffermato con voi sulle preoccupazioni per l’oggi e per il domani! Quante volte abbiamo parlato dei problemi dei nostri giovani e dei nostri anziani, dei nostri bambini e di noi adulti, di quelli che attanagliano la nostra città come pure di quelli che affliggono l’Italia e il mondo! Talora sentiamo come un senso di spavento e di paura che ci assalgono a tal punto da spingerci alla rassegnazione e alla chiusura in noi stessi e nei nostri piccoli orizzonti.
E’ una tentazione che dobbiamo allontanare con decisione. Non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle difficoltà che noi, le nostre famiglie, la nostra comunità cittadina in questo momento storico stiamo sperimentando, a partire da quelle sociali ed economiche. E’ necessario, anzi urgente, aprire ancor più i nostri occhi e vedere altresì le risorse e i “talenti” che abbiamo per costruire il futuro comune di questa nostra città perché sia migliore per tutti, a partire dai più deboli e svantaggiati.
Come Chiesa non possiamo né vogliamo guidare da soli il cammino di ripresa civile cui tutti aspiriamo. Ma la Chiesa può, e forse deve, invitare tutti ad un momento di ascolto e di dialogo che potrebbe farsi occasione di ripresa e come di nuovo inizio. La Chiesa può, e forse deve, invitare ad un grande atto d’amore, da farsi anche con franchezza, con intelligenza e con immaginazione. Un atto d’amore che ciascuno compie in ragione delle proprie convinzioni più profonde. Ecco, la Chiesa vuole approntare uno spazio di libertà per tutti.
Vorrei perciò invitarvi tutti ad una giornata di riflessione e di dialogo da tenersi per l’intera giornata del Sabato 14 Giugno 2008, a Terni, presso la sala Gazzoli. Alla giornata abbiamo voluto dare il titolo seguente: “Una responsabilità comune per il futuro della città”.
All’origine di questo comune confronto ci sono tre grandi interrogativi che ho sentito spesso ripetere nei colloqui personali o negli incontri che ho con voi sia nelle parrocchie che in tanti altri luoghi della città:
Quali percorsi vediamo per un cammino di ripresa comune?
Quali elementi (politici, economici, culturali, anche religiosi) trattengono la ripresa della nostra città? Cosa dobbiamo avere la forza ed il coraggio di lasciarci alle spalle e cosa invece del nostro presente e del nostro passato merita di essere portato con noi perché ancora ricco di futuro?
Quali potrebbero essere i punti di una agenda condivisa, una breve lista di problemi urgenti e cruciali, sui quali mettere all’opera differenze di valori e di interesse, per poter meglio valutare le alternative possibili per ciascuno di quei problemi?
Ciascuno di noi ha motivi importanti per amare questa nostra città. Personalmente, come tutti coloro che credono nel Signore Gesù, la amo anche perché la speranza finale che Dio ci dona, ha proprio la forma di una città in cui la vita sarà finalmente bella, buona e felice per tutti. Il salmista canta che il Signore «là fa abitare gli affamati, ed essi innalzano una città abitabile» (Sal 107, 36).
La Gerusalemme Celeste è raccontata dal libro dell’Apocalisse come una città che ci viene incontro dal futuro infinito del Suo amore. Essa sarà un dono: «e vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, discendere dal cielo da presso Dio, preparata come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21, 2). Ma con la speranza di accogliere questa città santa, ci è data anche la forza ed la luce per rendere più amica questa nostra città, per renderla meno dissimile da quella che è già pronta per tutti. Il Signore, che ce le dona, chiede a ciascuno di noi di condividere con tutte le donne e gli uomini di buona volontà quella forza e quella luce, e di farci confortare ed accompagnare dalle loro forze e dalle loro luci.
Sento con particolare forza, in questo momento, le parole iniziali della Gaudium et Spes, uno dei più significativi testi del Vaticano II: «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono anche le gioia e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (n.1).
Certamente, questo cammino verso una città che sia migliore è davvero difficile in pochi, insieme è possibile.