Celebrazione consegna mandato ai catechisti della Diocesi
Care sorelle e cari fratelli,
è la festa del Vangelo. Al suo annuncio ci siamo alzati in piedi, l’abbiamo circondato con il canto dell’alleluia e abbiamo chinato il capo mentre venivamo benedetti. Ma, perché fare festa al Vangelo? La risposta è semplice: perché è un libro diverso da tutti gli altri. Il profeta Isaia riporta queste parole del Signore a Israele: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie…Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”. Queste parole sono vere sempre. Ma oggi mi sembra siano ancora più vere. I pensieri che dominano il pianeta, infatti, sono pensieri di conflitto e di scontro, e le vie che gli uomini sembrano percorrere sembrano essere quelle della vendetta e della guerra. Il Vangelo parla in un altro modo, e indica altre vie da queste. Parla di amore non di odio, di perdono non di vendetta. E indica la via della comprensione che avvicina gli uni gli altri non della vendetta che elimina l’altro; illumina la via della pace perché ci si allontani da quella della guerra. Sì, il Vangelo è una parola rara ai nostri giorni, per questo è preziosa, anzi preziosissima. E’ una parola che scardina le catene del realismo, che blocca la rassegnazione di chi dice: “le cose sono sempre andate così, non ci si può fare nulla”. E’ una parola che non ci fa rassegnare al presente; anzi ci fa sognare la pace, ci fa desiderare l’incontro tra i popoli sino a vedere, come già Isaia, l’unità della famiglia umana. Nel Vangelo è racchiuso questo sogno di Dio sul mondo, ci sono date le parole e vi è tracciata la via. Un antico e grande studioso della Bibbia, San Girolamo, diceva: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Aveva ragione. Eppure noi spesso lo dimentichiamo. Poniamo fiducia in tante cose: nelle nostre convinzioni, nei nostri programmi, nelle nostre strategie, nei numerosi mezzi umani. Ma crediamo poco al Vangelo. Eppure è il libro che contiene l’unica parola davvero chiara per la salvezza.
Care catechiste e cari catechisti, oggi il Signore vi ha raccolti dalle tante piazze della nostra diocesi per mandarvi ad annunciate la parola del Vangelo e a percorrete la via che ci indica. Matteo ci parla di un padrone preoccupato per la sua vigna. Teme che, se non provvede in fretta, il raccolto vada perduto. Per questo esce di casa di buon mattino per chiamare operai per la sua vigna. Evidentemente non bastano. Esce di nuovo. E poi ancora, durante le ore del giorno, sino alle cinque del pomeriggio. Anche a quell’ora chiama quelli che nessuno aveva chiamati a giornata. Il padrone ha fretta. E c’è oggi fretta di comunicare il Vangelo. Di comunicarlo a tutti, ai piccoli, ma anche ai grandi. Forse soprattutto ai grandi. Voi lo capite bene che la vigna non sono i nostri affari, né quelli privati, né quelli di gruppo, né quelli nazionali, né quelli di una determinata civiltà, fosse anche quella cosiddetta cristiana. La vigna, care sorelle e cari fratelli, è ogni uomo e ogni donna, è l’intera famiglia umana. Il Signore è preoccupato per tutti i popoli. E non ha nessuna intenzione di difendere una parte, fosse pure quella occidentale, per far fuori l’altra. E il Signore non ha bisogno di strumentalizzare il crocifisso per affermare il Vangelo. Sono convinto che il crocifisso possa e debba stare ove sta. Ma non per affermare una civiltà. Il crocifisso, semmai, – e forse dobbiamo spiegarlo – sta per superare i confini di ogni civiltà, sta per mostrare che o si aprono le braccia sulla croce per tutti o lo si tradisce. Non ci fa dire la Liturgia: “questo è il sangue versato per voi e per tutti”? Se ci fermiamo solo al “voi” dividiamo il Cristo. Quella croce non è una spada contro. Quella croce è un monito per noi perché spalanchiamo le braccia a tutti, ai poveri, ai deboli, agli uomini e alle donne di altre confessioni e di altre fedi. E’ esattamente l’opposto di quel che in questi giorni si va ripetendo. Il crocifisso vuole la salvezza di tutti, nessuno escluso. Questo è il Vangelo di Dio. Ed è un Vangelo che suona estraneo al nostro mondo occidentale che cerca di chiudersi per difendere le proprie sicurezze e soprattutto le proprie ricchezze, magari brandendo il crocifisso, ed uscire solo per attaccare e umiliare chi non è come noi. Il Signore vuole salvare tutta la vigna; vuole impedire alle erbe amare, ovunque esse siano, di diffondersi e di distruggere, vuole impedire che le ingiustizie si abbattano soprattutto sui più deboli, e soprattutto vuole coltivare piante che portino frutti di amore e di fraternità. E chiama operai per questo lavoro. A tutte le ore del giorno. E a ciascuno chiede una cosa sola: comunicare il Vangelo.
Care catechiste e cari catechisti, ha chiamato anche voi a lavorare per la sua vigna, a comunicare cioè il Vangelo. Ma badate bene non si tratta semplicemente di un libro. E’ una persona che dobbiamo comunicare: Gesù di Nazareth. Il vostro compito, esaltante e terribile, è far conoscere e far amare Gesù. Sì, tutto qui è il lavoro del catechista: far conoscere e far amare Gesù. Non è questione perciò di fare schemi e proporre lezioni, non si tratta di inventare strategie nuove o applicare metodi originali. No, dovete fare una sola cosa: far conoscere Gesù e ciò che lo riguarda, perché venga amato. Le spiegazioni hanno senso solo se aiutano ad amare Gesù. Non si tratta di spiegare, ma di far amare. Permettetemi un’immagine per chiarire cosa voglio dire. A chi ha fame non devi spiegare cos’è il pane ma dare il pane. Ebbene, coloro ai quali vi rivolgete con la catechesi non hanno bisogno tanto di spiegazioni, hanno bisogno di pane, ossia hanno bisogno di essere condotti ad amare Gesù, ad accorgersi di quanto sono amati da Lui. La conoscenza è in funzione dell’amore. Il Vangelo è la via per questo. Questa mattina vi consegno – voi siete i primi – il Vangelo di Marco da me commentato. Nei mesi prossimi sarà dato a tutte le persone della diocesi, piccoli e grandi, credenti e non credenti, come già abbiamo fatto l’altra volta con il Vangelo di Luca. Dopo di voi spero di consegnarlo ai giovani nelle scuole superiori. Lo ripeto, non è semplicemente un libro. Vi ho aggiunto un mio piccolo commento, brano dopo brano. E’ un po’ come spezzare il pane perché tutti se ne possano nutrire. Lo consegno a voi per primi, quasi foste gli operai della prima ora. Nutritevi anzitutto voi di questa parola. Sì, non passate giorno senza averne letto almeno un brano! Vi aiuta a vivere, vi aiuta a sperare, vi aiuta a guarire dalla tristezza, vi da forza per superare le difficoltà, vi scalda il cuore, vi illumina gli occhi, vi suggerisce parole e pensieri.
Amate il Vangelo, lodatelo, comunicatelo; sia il vostro pane quotidiano, sia la vostra vita. Permettetemi, prima di consegnarvi il mandato, di esortarvi con le parole di Paolo: “Comportatevi da cittadini degni del vangelo”. Il “mandato” è tutto qui: comunicate il Vangelo e comportatevi in maniera degna delle parole che annunciate. E’ una missione alta e dolce. E’ questa la paga che il Signore vi concede: la gioia di stare con lui, di amarlo e di farlo conoscere.