Notte di natale 2001 a Terni
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. E’ il canto che una moltitudine di angeli rivolse a Dio in quella notte di duemila anni fa dopo l’annuncio dato ai pastori. Uno è stato l’angelo che ha annunciato la nascita del salvatore e una moltitudine di angeli accorre per innalzare a Dio un canto di lode. Quella nascita stupì i cieli al punto da raccogliere quella moltitudine festosa. Pochi se ne accorsero sulla terra, eppure quel bambino divideva in due la storia umana, in prima e dopo di lui. Oggi quel canto torna a risuonare, ed io vorrei, care sorelle e fratelli, che tutti ci associassimo a quella schiera innumerevole di angeli. Anche noi, come quei pastori, abbiamo ascoltato un angelo che ci ha annunciato la nascita di Gesù: il Vangelo di Natale e, in certo modo, ci siamo uniti alla schiera innumerevole di angeli per cantare il “gloria” mentre l’incenso, segno dell’amore di Dio, ci circondava con il suo profumo. E’ bello far festa assieme, è bello cantare a voce forte l’alleluia al Vangelo, è bello radunarsi in tanti questa notte ed essere avvolti dalla luce che squarcia definitivamente il buio. Sì, “il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”, dice il profeta Isaia. E noi, questa notte, la luce l’abbiamo vista. E’ la luce del Vangelo che rischiara ogni tenebra e ogni tristezza. Lasciamoci vincere dal Vangelo, lasciamoci coinvolgere dalla gioia di quella moltitudine di angeli e, assieme ai pastori, andiamo a vedere quel bambino che è nato. E’ colui che ci salva; è l’autore della pace, è colui che ci libera da ogni male, è colui che ci apre alla vita piena. “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12), dice Pietro allo storpio che stava seduto alla porta Bella del tempio. Ma non è scontato né riconoscerlo né accoglierlo. L’evangelista Luca – lo abbiamo ascoltato – scrive che non c’era posto per lui nell’albergo. Betlemme, quella notte, non seppe fare spazio a Gesù e lo lasciò fuori delle sue mura. Non capita così anche a noi? Quante volte il nostro cuore resta chiuso come quelle mura di Betlemme? Ma l’amore di Dio per noi è talmente grande che Gesù non se ne va via e accetta anche una stalla pur di starci vicino. Questo è il Vangelo di Natale: un Dio che si fa bambino pur di starci accanto. Sì, è davvero diverso da noi. Se fossimo stati noi al suo posto ce ne saremmo tornati in cielo. Del resto, cosa doveva fare di più? Si era già abbassato tanto per stare con noi. No, non se ne è tornato via. Si è fermato in una stalla, pur di continuare a dirci il suo amore. E si è fatto piccolo per essere trovato da tutti. Sì, non dobbiamo essere grandi o potenti, saggi o geniali per poter incontrare il nostro salvatore. Egli giace, debole bambino, in una mangiatoia. Tutti possiamo vederlo, toccarlo. Anzi sono i piccoli e i poveri i primi ad accorrere per vederlo. Questa è la “buona notizia” del Natale, la notizia di cui tutti abbiamo bisogno. Ne abbiamo bisogno noi; sì, ciascuno di noi. Siamo così spesso ripiegati su noi stessi da non riuscire a guardare oltre; siamo a tal punto presi dai nostri problemi o dai nostri affari da non accorgerci dei drammi di chi ci sta vicino. E ci rassegniamo ad una vita quotidiana triste e opaca. Del Vangelo di Natale ne ha bisogno anche Terni, questa nostra città che fa fatica a trovare il suo volto, che stenta ad individuare i tratti del suo futuro, che non di rado resta schiava della propria pigrizia e delle liti interne che non le permettono di alzare lo sguardo. Ma soprattutto il mondo ha bisogno che il Vangelo di Natale risuoni in ogni cielo e su ogni popolo. Sì, “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Oggi sembra che anche i cieli, almeno quelli che noi conosciamo, siano privi di pace. E sulla terra di pace ce n’è sempre meno. La stessa terra di Gesù sembra aver completamente smarrito il canto di quella notte; quel cielo non è più traversato da angeli e quella terra raccoglie più soldati che pastori. E quante altri cieli e quante altre terre sono così! Ma l’angelo torna. E torna a dire agli uomini e anzitutto a noi credenti: “Non abbiate timore, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore”. Non abbiate timore! Care sorelle e cari fratelli, potremmo rispondere all’angelo: ma come non aver timore di fronte a quello che sta accadendo? Come non aver paura del terrorismo, delle guerre, delle minacce che sembrano venire da ogni parte? Eppure, il Vangelo di Natale invita ad una grande gioia perché un bambino è nato. A nulla vale vivere se non accogliamo Gesù nel nostro cuore. Un mistico di qualche secolo fa diceva: “Nascesse Cristo mille volte a Betlemme, ma non nel tuo cuore, saresti perduto in eterno”. Alla grande paura l’angelo risponde con una grande gioia. “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”, ripete a noi l’angelo. Non restiamo perciò bloccati nella cura delle nostre greggi, ossia non restiamo congelati nelle nostre abitudini di sempre, nei nostri piccoli egoismi, nelle nostre piccole cattiverie, e non lasciamoci prendere dalla sfiducia che nulla può cambiare. Lo so bene, è facile dire, di fronte a quanto accade, cosa possiamo fare noi a Terni? siamo troppo piccoli per poter cambiare il mondo, per dare un contributo positivo alla pace. No. Dire questo vuol dire restare nella tristezza di sempre. Il Vangelo di Natale non chiede gesti eroici o eccezionali. Chiede solo di andare a Betlemme per vedere e accogliere un bambino. “Andate a Betlemme e troverete un bambino avvolto in fasce”, disse l’angelo ai pastori. Anche i pastori avrebbero potuto chiedersi: “com’è possibile che questo bambino deposto in una stalla di una provincia dell’impero romano sia il salvatore del mondo”? Beati loro che non se lo sono chiesto e hanno obbedito all’angelo! Sono andati, hanno visto e hanno accolto nel loro cuore quel bambino. Sono divenuti i primi credenti in Gesù. Ebbene, beati noi se andiamo a Betlemme come quei pastori, perché il Natale è tutto qui: vedere e accogliere un bambino, vedere e accogliere il Vangelo, vedere e accogliere i poveri e i deboli. Sì, il Natale è accogliere il Vangelo, è leggerlo, è meditarlo, è metterlo in pratica. Questa notte abbiamo ascoltato la prima pagina del Vangelo. Leggiamolo giorno dopo giorno, facciamolo crescere in noi e diminuisca il nostro egocentrismo. Facciamo crescere il Vangelo a Terni, come Gesù cresceva a Betlemme e a Nazareth, e diminuiscano la cattiveria e l’indifferenza. Sì, il Natale è commuoversi sui deboli, è consolare chi è solo, è curare chi è malato, è accogliere chi è straniero. Natale è allargare il cuore sino ai confini della terra per svuotarla della violenza e riempirla d’amore. All’offertorio porterò sull’altare i nomi dei detenuti del carcere di Terni e quelli dei malati dell’ospedale S.Maria. Nei giorni scorsi li ho visitati tutti, uno ad uno, ed ho promesso loro che nella Messa di Mezzanotte avrei posto i loro nomi sull’altare, come per portarli il più vicino possibile a Gesù. Ho visto la commozione nei loro occhi. Un carcerato ha persino pianto di fronte a questa piccola e semplice promessa. E quando qualcuno di loro mi ha ringraziato dicendo “ma allora non siamo il rifiuto della terra”, ho risposto che avrei comunicato anche a voi questo gesto. E subito hanno aggiunto: “porti i nostri auguri di buon Natale a tutti coloro che vengono a Messa”. Sì, Buon Natale dai carcerati; Buon Natale dai malati. E domani ci sarà, alla mensa di San Valentino, il pranzo con i poveri. E’ il pranzo della famiglia dei senza famiglia. Ed io starò con loro. Sono nostri fratelli e sorelle, sono la nostra famiglia. E a ciascuno faremo un regalo, come appunto si usa fare in ogni famiglia nel giorno di Natale. Sì, per tutti costoro questo Natale è più vero. Non hanno certo risolto i loro problemi, eppure un po’ di consolazione è entrata nella loro esistenza. E’ Natale perché ai poveri è annunciato il Vangelo, perché il freddo di tanti è riscaldato dal nostro amore. E’ Natale perché Dio si è commosso su di noi e non ha esitato a mandarci il suo figlio Gesù, l’amico della nostra vita, il salvatore del mondo.