Festa di San Francesco
Care sorelle e cari Fratelli, non poteva esserci per me giorno più bello e più significativo di questo per venire in mezzo a voi. Questa chiesa che ricorda la presenza di Francesco d’Assisi a Terni mi fa tornare ai primi pensieri che mi vennero alla mente non appena ricevetti la notizia che il Papa voleva inviarmi qui come vescovo.
Ricordo che andai subito a prendere le “Fonti francescane” per cercarvi la voce, Terni e le altre cittadine della diocesi. Ovviamente trovai Terni e vi lessi della presenza di San Francesco. Potrei dire perciò che la memoria di questo testimone del Vangelo fa parte dei miei primi pensieri e del mio attaccamento a questa diocesi. E ho sentite mie queste parole con cui uno scrittore narra la prima visita di Francesco nella Valle Terzana. Scrive questo autore: “Un giorno, allo sbocco della piccola valle, apparve da lontano Terni. Com’era suo solito, Francesco si inginocchiò per il ‘Ti adoriamo’. Rimase per lungo tempo in quella posizione… Sembrava che la sua anima si trovasse già sull’altra sponda. Passavano i giorni, si alternavano le valli e le montagne. Il mondo era tutta una primavera di vita e di splendore. Oltrepassarono Stroncone, Le Marmore e Piediluco. Francesco entrava dappertutto e parlava dell’Amore”. Ho chiesto al Signore che anch’io potessi entrare dappertutto in diocesi e parlare dell’Amore come faceva Francesco, discepolo esemplare del Vangelo. Eccoci, oggi, raccolti attorno alla memoria di questo testimone dell’amore. Non siamo qui per celebrare solo un vago ricordo di un personaggio certamente importante. Ben di più, noi vogliamo metterci alla sequela del Vangelo sulle orme di San Francesco. Non c’é dubbio: tra i milioni di seguaci del Vangelo lungo la storia cristiana, Francesco è tra quelli che più chiaramente ed efficacemente ha imitato il Signore. Per questo egli parla ancora ai nostri giorni. E parla con un linguaggio forte ed efficace. Direi di più, un linguaggio incredibilmente attuale. Quando Francesco venne a Terni, questa città stava vivendo un singolare momento di passaggio. Dopomolte difficoltà che l’avevano provata, Terni si apriva ad un tempo nuovo di ricostruzione e di sviluppo.
La stessa diocesi di Terni, da tempo soppressa, stava riprendendo il suo cammino. Qnorio III, il papa che approvò la regola di Francesco, mandò qui il vescovo Raniero appunto perché riorganizzasse la diocesi nelle sue strutture e ne rianimasse la vita. Ranieri, uomo saggio e spirituale, comprese la straordinaria santità di Francesco e ne sottolineò l’importanza per i suoi diocesani. Racconta la “Leggenda Perugina” che “una volta, mentre Francesco, predicava al popolo di Terni nella piazza davanti l’episcopio, il vescovo assisteva al sermone. Terminato che fu, il vescovo si alzò e rivolse al popolo questa esortazione: ‘Da quando cominciò a piantare e edificare la sua Chiesa, il Signore non ha mai cessato d’inviare uomini santi, i quali con la parola e con l’esempio l’hanno sostenuta. E in questi ultimi tempi egli ha voluto illuminarla per mezzo di questo uomo poverello”. E continuò dicendo: “Per questo siete tenuti ad amare e onorare il Signore, e a guardarvi dai peccati: poiché non ha fatto a tutte le nazioni un dono simile”.
Queste parole, care sorelle e cari fratelli, sono vere ancora oggi per ciascuno di noi. Davvero “il Signore non ha fatto a tutte le nazioni un dono simile”. Voi direte che erano parole per allora. Io credo, invece, che abbiano un peso anche oggi. E gli spiriti più attenti riconoscono quanto sia alta e attuale la testimonianza di Francesco. E noi, che abbiamo la possibilità di vivere nella terra visitata da questo testimone del Vangelo, ben più di altri dovremmo stare attenti alla testimonianza di Francesco d’Assisi. Eppure tante volte rischiamo di essere tra quelli che meno ne profittano. In tanti venerano e amano Francesco, e noi quasi non ce ne accorgiamo. Sarebbe certamente triste che si avverasse per noi quanto è scritto nel Vangelo: “Nessuno è profeta in patria”. Quel vescovo comprese la santità di Francesco e la indicò al popolo. La “Legenda Perugina” nota che, terminato il discorso, il vescovo scese dal luogo dove aveva parlato ed entrò con Francesco nella chiesa cattedrale.
Ho voluto idealmente imitare il vescovo Raniero il giorno del mio ingresso in diocesi. Ma credo che tutti dovremmo imitalo nell’entrare nel nuovo secolo. Francesco d’Assisi è un fratello che può aiutarci ad entrare in questo nuovo tempocon uno spirito nuovo e tòrte. Anche ora, del resto, la nostra città si trova di tronte a un delicato momento della sua storia. Un momento di profondo cambiamento: non mancano le incertezze, le ombre, i timori, e ancor più sentiamo urgente il bisogno di un nuovo inizio; sentiamo il bisogno di una speranza nuova per i giovani, di un futuro più sereno per gli anziani, di giorni più tranquilli per chi lavora. Ma cosa vuoi dire entrare con Francesco nel nuovo secolo? Fondamentalmente vuoi dire una cosa sola: spogliarci di tutto per rivestirci solo del Vangelo. Egli fece così quando, nella piazza di Assisi, il padre voleva farlo tornare indietro dalla sua decisione radicale di seguire Gesù. Francesco si spogliò di tutti i suoi abiti e si mise sotto il manto del vescovo.
Anche noi, care sorelle e cari fratelli, dovremmo spogliarci dei nostri egoismi, abbandonare almeno un poco l’amore per noi stessi, allontanare l’istinto a pensare solo alle nostre cose, eliminare il disinteresse per i poveri e i deboli, abbandonare l’attaccamento alla nostra presunta saggezza e alla nostra autosufficienza. Insomma, dovremmo spogliarci di quella sapienza e di quella intelligenza che sono condannate dal Vangelo. Solo divenendo piccoli, ossia persone che si fidano più di Dio che di se stessi, noi potremo gustare la gioia evangelica. Francesco trovò la perfetta letizia spogliandosi del proprio egoismo e rivestendosi della fiducia in Dio. Il Vangelo divenne l’unica sua forza, l’unica sua luce, l’unica sua salvezza. Noi, purtroppo, leggiamo poco il Vangelo, e meno ancora lo mettiamo in pratica. Spesso ci contentiamo di ascoltarlo solo la domenica. Eppure sta scritto: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Ma se è difficile per il corpo vivere mangiando una sola volta a settimana, quanto più lo sarà per l’anima? Tante volte abbiamo la morte nel cuore proprio perché non ascoltiamo il Vangelo. Francesco fece del Vangelo il suo pane quotidiano, e lo voleva senza altre aggiunte. Il Vangelo va ascoltato “sine glossa”, diceva, ossia così com’è. In effetti, non abbiamo bisogno di altro per essere felici. “Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in aggiunta”, dice Gesù. Sì, cerchiamo il Vangelo e il resto ci sarà dato. La forza di Francesco fu solo il Vangelo, ascoltato e messo in pratica. Fu il Vangelo che lo spinse a scendere da cavallo e a baciare il lebbroso; fu il Vangelo che lo rese fratello di tutti e particolarmente dei poveri; fu il Vangelo che lo faceva andare dappertutto a parlare dell’Amore; fu il Vangelo che lo spinse ad andare sino a Damietta per parlare con il sultano. Francesco ascoltò a tal punto il Vangelo che ne fu segnato anche nel corpo: la pagina della croce giunse a segnarlo nel corpo con le stigmate.
Care sorelle e cari fratelli, proviamo a leggere il Vangelo e scopriremo la verità di queste parole: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi ed io vi ristorerò”. Il Vangelo è il ristoro delle nostre giornate, e la pace della nostra vita. Francesco, che lo ha sperimentato, ci aiuti a seguirlo.