Pellegrinaggio della Diocesi a Roma – Messa alla basilica di San Paolo
“Quanto è bello e quanto è dolce che i fratelli stiano insieme!”( Sl 133,1). Sì, mie care sorelle e miei cari fratelli, lasciatemi ripetere, in questa veneranda Basilica di San Paolo, con il salmista: “Quanto è bello e quanto è dolce che i fratelli stiano assieme!” E’ bello per noi oggi stare assieme, questa mattina a San Pietro e ora a San Paolo. Siamo in tanti: bambini e anziani, giovani e adulti, poveri e ricchi, uomini e donne, carcerati e liberi, sani e malati, credenti e non credenti. Sì, siamo in tanti e, in certo modo, rappresentiamo tutta Terni, Narni e Amelia. Sì, l’intera nostra società, potremmo dire, si è fatta pellegrina con noi a Roma. La presenza stessa delle autorità politiche e amministrative lo testimonia. Le ringrazio tutte di cuore per questa loro significativa partecipazione.
Cara sorella, caro fratello, non sei venuto a Roma da solo, per un tuo pellegrinaggio privato. Tu sei dentro un intero popolo che si è messo in cammino. Non siamo, infatti, rimasti fermi dove eravamo. Non abbiamo ceduto alla tentazione di restare immobili dove eravamo. La rassegnazione da tempo ci stava accanto per suggerirci che non si poteva far nulla, che non si poteva cambiare nulla, che bisognava rassegnarsi alla vita così com’era. E abbiamo resistito anche all’altra tentazione, quella dell’eterno e inutile lamento. Queste tentazioni avevano, ed hanno, un unico scopo: spingere ciascuno a pensare solo a se stesso dimenticando gli altri. Noi, vincendo queste tentazioni, ci siamo messi in cammino. Tutti. E siamo in tanti. Abbiamo lasciato alle spalle la storia di ieri e vogliamo riprendere un nuovo cammino. E lo riprendiamo non da soli ma assieme. Come non siamo venuti da soli, così non ripartiremo da soli. Questo cammino dobbiamo riprenderlo meno appesantiti. Non possiamo portarci dietro i pesi del passato. Se non cambiamo un poco\ Vogliamo muovere i nostri primi passi nel nuovo secolo meno appesantiti dall’egoismo, meno bloccati dalla pigrizia, meno ingrigiti dalla tristezza. Davanti c’è un futuro nuovo per ciascuno di noi, per la nostra chiesa diocesana e per l’intera nostra società. E’ il futuro che oggi il Signore apre davanti a noi. Qualcuno potrebbe dire che un sogno e qualche altro che non abbiamo chiara la meta. Quel che oggi conta è la compagnia: il Signore Gesù è la nostra compagnia e il Vangelo è la luce per i nostri passi.
Care sorelle e cari fratelli, questa è la stessa compagnia e la stessa luce che mosse i primi discepoli di Gesù che vennero ad annunciare il Vangelo nella nostra terra. Sono i nostri santi. Essi sono partiti di qui, da Roma, dopo aver ascoltato lo stesso Vangelo che questa sera anche noi abbiamo ascoltato. Gesù aveva detto loro: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi”. Ebbene, essi si fecero operai del Vangelo per Terni, Narni e Amelia. E appena giunsero nella nostra terra e visitarono le nostre case, essi, obbedienti al vangelo, dissero: “Pace a questa casa”. E a Terni a Narni e ad Amelia giunse la pace. I semi che essi gettarono hanno portato frutti abbondanti e hanno reso belle e grandi le nostre città. Oggi anche a noi è chiesto di ascoltare quella stessa pagina evangelica. Sì, la messe è molta nella nostra terra, tanti cioè attendono la pace nella loro vita e nel loro cuore, tanti attendono una speranza per il loro futuro, tanti aspettano una vita più serena, tanti hanno sete di amore e di considerazione, di consolazione, di compagnia, di amicizia! Pensate ai bambini. Quanto spesso li vediamo travolti dall’egoismo e dalla tristezza degli adulti. Hanno invece bisogno di crescere alla scuola dell’amore e del Vangelo! Sono tanti i giovani presenti ed è davvero bello. La gran parte però è rimasta a casa, magari rassegnata alla vita grigia e fiacca di sempre; non sono cattivi, purtroppo non c’è nessuno che li chiama ad avere un sogno grande per la vita. Eppoi gli adulti delle nostre città e dei nostri paesi. E’ facile per loro lasciarsi travolgere dai ritmi violenti di una vita che però non riesce a dare soddisfazioni vere. E per gli anziani il futuro sembra essere solo tristezza e sofferenza; si allungano i giorni ma cresce ancor più la solitudine.
Ecco quella grande messe di cui parla Gesù. Per questa grande messe, gli operai sono pochi, troppo pochi. E sento particolarmente significative le parole evangeliche che abbiamo ascoltato. Esse sono rivolte direttamente a noi, raccolti qui a San Paolo. Esse danno il senso a tutto il nostro pellegrinaggio. Cosa vuol dire passare la Porta Santa? Che senso ha per noi? Eccolo il senso: Gesù, attraverso questa porta, ci ha fatti entrare tutti nella sua vigna, nel grande campo che è la nostra terra. Egli oggi ci ha detto: “Andate, ecco io vi mando!” Sì, qui a Roma ci sentiamo dire: “Andate!” Siamo giunti a Roma pellegrini, ripartiamo come operai: operai del Vangelo, operai di amore, operai di pace, operai di concordia nella nostra terra di Terni, Narni e Amelia. Tutti, piccoli e grandi, uomini e donne, tutti siamo chiamati dal Signore a ricostruire un tessuto di amore e di speranza nella nostra terra. Questo inizio di secolo ci vede tutti sulla stessa frontiera dell’amore. Di qui deve partire come un movimento di cuori, un movimento di amore che traversa tutte le nostre città e i nostri paesi. Il rinnovamento parte da dentro, da un cuore nuovo, un cuore che sia di carne e non più di pietra come tante volte ci accade.
Non dire sono piccolo, non dire sono anziano, non dire ho da fare, non dire ho da pensare ai miei problemi. Il Signore lo sa bene, e sa bene anche che non siamo gran gente. Non ci sono tra noi persone particolarmente significative. Ma egli ha scelto i deboli per confondere i sapienti, ha scelto i poveri per confondere i ricchi. Ecco perché ha detto: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Siamo deboli come agnelli. Eppure siamo fortissimi, perché l’amore è invincibile. E’ vero, anche nella nostra terra, ci sono lupi che vogliono rapire il nostro futuro e la nostra speranza. Questi lupi, pur di rubarci la vita e la felicità, ci adulano e ci circuiscono, si travestono di velluto per essere più insidiosi. Noi non ci faremo beffare da loro. Essi tenteranno di dividerci, di rinchiuderci nel nostro particolare, di isolarci l’uno dall’altro, di convincerci che la felicità sta nel pensare solo a se stessi. Noi continueremo a camminare assieme e a coinvolgere altri fratelli e altre sorelle per allargare la rete di amore. Cari giovani, questo giorno non resta un episodio isolato. Ci ritroveremo a Terni assieme ad altri amici e amiche che voi stessi inviterete per riflettere sul nostro futuro, per vivere la gioia di un’amicizia forte e sincera. E anche a voi, cari operai, venuti così numerosi, vorrei dare un appuntamento per vederci con altri vostri colleghi. Gli anziani già sanno che il pellegrinaggio che ci ha visti assieme ad Assisi trova in questo di Roma una tappa importante. E tutti ci ritroveremo il 18 e il 19 novembre pomeriggio per l’assemblea diocesana che ci vedrà riuniti a riflettere sul cammino che ci attende a partire da questo inizio del terzo millennio.
Nel giorno del mio ingresso in Diocesi vi dicevo: “Affidiamoci tutti al Vangelo. Questo non è un semplice augurio, è piuttosto un impegno; l’impegno ad irrigare il nostro cuore ogni giorno con il Vangelo, perché sia ammorbidita la nostra durezza e possiamo portare frutti di misericordia, di amore, di giustizia e di pace. Sì, leggere il Vangelo ogni giorno è l’impegno che propongo a tutti i credenti per iniziare questo nuovo tempo avendo in noi “il pensiero di Cristo” (1 Cr 2,16). E’ un suggerimento che rispettosamente rivolgo anche a chi si sente estraneo al mistero che celebriamo, ma che ricerca con cuore sincero la via dell’amore”. Credo che non ci sia modo migliore di iniziare questo terzo millennio; non c’è modo migliore di amare la nostra terra, non c’è modo migliore di voler bene a coloro che incontriamo; non c’è tesoro più prezioso che possiamo dare a Terni, Narnie Amelia. San Francesco, che ha percorso tante volte le neotre terre, amava dire che i cristiani dovevano vivere secondo la forma del Vangelo.
In questo primo anno del nuovo millennio consegnerò a tutti gli abitanti della nostra diocesi il Vangelo di Luca, quello che verrà annunciato durante le celebrazioni liturgiche delle domeniche. Oggi, la Chiesa fa memoria di questo evangelista. Abbiamo ascoltato dalla lettera di Paolo a Timoteo: “Solo Luca è con me”. Care sorelle e cari fratelli, non vorrei darvi altro, ci basta Luca. Sì solo Luca è con noi. Chi era Luca? Potremmo dire che era uno come noi, nel senso che non aveva visto Gesù con i suoi occhi, ma credette alle parole di coloro che lo avevano incontrato. E, coinvolto dall’amore, non ha trattenuto per sé nulla di quanto aveva ascoltato e ha voluto “dirlo” a tutti. Per questo si mise a scrivere il suo “Vangelo”. Anche noi siamo chiamati a scrivere il Vangelo per la nostra terra. Lo scriveremo se, leggendolo ogni giorno, lo metteremo in pratica.