Corpus Domini

Corpus Domini


Care sorelle e cari fratelli,


 


questa sera ci ritroviamo assieme qui in questa antica chiesa di san Pietro per celebrare la festa del Corpus Domini. Una festa che fu istituita subito dopo il miracolo eucaristico di Bolsena. Ricordate tutti quel sacerdote tedesco che dubitava della presenza di Gesù nelle specie eucaristiche. Ebbene, celebrando la Messa a Bolsena, al momento dello spezzare il pane uscì dall’ostia consacrata tanto sangue da spargersi sul corporale, oggi venerato nel duomo di Orvieto. Fu un segno che mostrava l’incredibile mistero che si realizza ogni volta che si celebra la santa Messa. Anche questa sera, su questo altare, il Signore continua a farsi presente in mezzo a noi. Il papa Benedetto XVI, nel febbraio di questo anno, ha emanato una esortazione apostolica a proposito dell’Eucarestia intitolandola “Sacramento della carità”. L’Eucarestia è il dono che Gesù fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile sacramento si manifesta l’amore “più grande”, quello che spinge a “dare la vita per i propri amici (Gv 15,13)”. Questa sera noi festeggiamo Gesù che, attraverso il sacramento del pane e del vino, continua a dare la vita per noi, per il mondo. Davvero è un mistero della fede, come diciamo subito dopo la consacrazione, o meglio ancora è un mistero di amore, e di un amore grande, senza limiti. Non perché sia una incomprensibile con la ragione, ma perché nel mondo non si trova da nessuna parte un amore come questo. E’ un amore fuori della ragione. L’uomo non riesce a inventarsi una presenza così straordinaria. Gesù, con l’Eucarestia, non solo ci sta accanto, ci viene dentro, scende nel nostro cuore, diviene carne della nostra carne. E noi possiamo dirci con verità quasi fisica: “Siamo il corpo di Cristo”. Paolo lo dice espressamente: “Voi siete le membra di Cristo”. E’ un mistero d’amore che, seppure girassimo il mondo intero, o scrutassimo tutta la sapienza umana, non riusciremmo a trovarne uno analogo. Noi siamo il corpo di Cristo, oggi. Noi, poveri e deboli donne di Terni-Narni-Amelia; noi peccatori e pieni di difetti. Noi siamo tuttavia il Corpo di Cristo che continua a camminare per le vie di questo mondo.


Ma non siamo il copro di Gesù per nostri meriti o per nostra decisione o per una sorta di magia, ma perché prendiamo parte all’altare, alla celebrazione dell’Eucarestia. Lo scrivevo nella prima lettera pastorale: L’Eucarestia fa la Chiesa. La comunione eucaristica fa di noi una comunità. E’ l’altare che ci cementa nell’amore. Ogni volta infatti che nella santa liturgia il pane e il vino vengono consacrati, Gesù viene in mezzo a noi e chi se ne comunica diviene suo corpo. Ecco perché insistiamo nell’essere presenti a Messa la domenica. Senza la Domenica rimaniamo soli, ciascuno per proprio conto. Con la domenica diveniamo una famiglia. Possiamo paragonare la nostra Chiesa diocesana al Vangelo della moltiplicazione dei pani che abbiamo appena ascoltato. La domenica è quel giorno e la Messa è il miracolo della moltiplicazione. “In quel tempo – scrive Luca – Gesù prese a parlare  alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure”. Anche in questo tempo, anche in questi nostri giorni, abbiamo bisogno di radunarci attorno al Signore, per incontrarlo, per sentirlo parlare e per essere sanati dalle tante malattie che ci indeboliscono e ci incattiviscono. Gesù, dopo aver parlato, li fece sedere a gruppi. Care sorelle e cari fratelli, credo che potremmo paragonare questi gruppi alle tante nostre assemblee della domenica, alle nostre parrocchie. Ebbene, ogni domenica Gesù prende il pane, alza gli occhi al cielo, lo benedice e lo dà ai discepoli perché lo distribuiscano. Sì, ogni domenica si ripete il miracolo anche qui a Terni, Narni, Amelia. E tutti noi possiamo saziarci dell’amore di Dio e riprendere il cammino della settimana. E’ l’altare della domenica da cui dobbiamo partire per iniziare la nuova settimana.


Questa sera, con la processione del Corpus Domini, vogliamo mostrare fisicamente come uscire dalla Messa della domenica per iniziare la nuova settimana. Siamo chiamati ad uscire assieme a Gesù, a camminare come camminava lui, a guardare gli altri come li guardava lui, ad amare come amava lui, a soccorrere come soccorreva lui, a consolare come consolava lui. Sì, quelle “dodici ceste” piene di pani avanzati sono i nostri cuori pieni del suo amore. E se ora siamo riuniti attorno all’altare della Chiesa, fuori dobbiamo radunarci, ossia essere attenti, all’altro altare, quello dei poveri e dei deboli. Durante la processione ci fermeremo al centro della città, come per continuare la Messa, questa volta assieme ai deboli e ai poveri, anch’essi vero Corpo di Cristo.


 


 


Care sorelle e cari fratelli, mentre sostiamo in questa piazza, ci viene posta nuovamente sulle nostre labbra la preghiera semplice ma intensa di quei due discepoli: “Resta con noi, perché si fa sera”. Sì, resta con noi Signore, perché questa nostra città, ha bisogno di te. “Resta con noi, Signore”. Resta mentre la notte cala sulla nostra città. E tante sono le notti a Terni, Narni e Amelia. Sono le notti degli anziani lasciati soli; sono le notti delle ragazze sfruttate sulla strada; sono le notti dei giovani e anche dei giovanissimi venduti come merce alla droga; sono le notti di chi non ha più speranza per il proprio futuro; sono le notti dei deboli e dei nomadi, cacciati dal cuore prima ancora che dalla città; sono le notti delle famiglie senza più amore. “Resta con noi, Signore. Resta, perché, queste notti con la tua presenza si trasformano in aurora di vita. Tu sei la luce che vince il buio, ogni buoi. Tu che ci hai amati senza fermarti mai, senza pensare a te, resta accanto a noi. Non ci lasciare”. Signore ascolta questa nostra preghiera, sale dal cuore di ciascuno di noi e dei tanti che non sanno o non vogliono pregare, eppure senza di te non riescono a sollevarsi dalla tristezza. Noi ti preghiamo per tutta la città, per tutte le famiglie, per sani e per i malati, per i piccoli e per i grandi, per i buoni e per i cattivi. Dona a tutti noi il tuo amore. Signore, Tu che ascolti la voce dei poveri e dei deboli, ascolta ora la preghiera di alcuni nostri fratelli e sorelle. Ascoltali ed esaudiscili”.


 


 


Care sorelle e cari fratelli, il Signore ascolta la preghiera dei poveri perché giunge diretta al cuore di Dio. Essi sono infatti il sacramento di Dio tra noi. Sì, Gesù è presente in questa nostra città anche attraverso di loro. C’è infatti un legame diretto tra l’Eucarestia e i poveri: sono l’unico Corpo di Cristo. Il grande vescovo di Coastantinopoli, san Giovanni Crisostomo, diceva ai suoi fedeli: “Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest’altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità”. Questo santo vescovo di Costantinopoli, esiliato dalla sua città per la difesa dei poveri, non temette di “identificare” i poveri e l’Eucarestia. Sapeva bene che il Cristo non è diviso. E noi non possiamo dividerlo. Dobbiamo accoglierlo tutto intero. E’ questa la ragione che mi spinse vari anni fa a creare al convento di San Martino la mensa dei poveri. Perché sia dalla cattedrale, sia dalla mensa, si vivesse quell’amore evangelico che è diretto indistintamente a Gesù e ai poveri. E sono contento che da allora sono sorte numerose opere di amore in questa nostra Chiesa diocesana. E vorrei dirvi questa sera che domenica prossima in cattedrale saranno presenti molti degli anziani che sono nelle case di cura presenti in questo territorio. Voglio che vengano nel centro della Diocesi, in cattedrale, ove ci sarà una messa e poi un pranzo nella passeggiata, perché siano nel cuore della nostra Chiesa, della nostra attenzione. E il Signore ci benedirà. Sì, ogni volta che un povero è amato, una pioggia di benedizioni si riversa su di noi. E ogni volta che un povero è dimenticato si ripete quella terribile scena dell’agonia nell’orto degli ulivi, quando Gesù sudava sangue per l’angoscia e il dolore e i discepoli dominavano. Sì, i più amici dormivano e poi arrivarono gli altri che amici non erano e catturarono Gesù. “Non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me” disse con tristezza Gesù a quei tre amici. E noi, care sorelle e cari fratelli? Vogliamo continuare a dormire? Noi questa sera, davanti a quest’Ostia, diciamo a Gesù di voler stare svegli, di voler stare accanto ai deboli, ai poveri, a chiunque ha bisogno di amore e di consolazione, vicino o lontano che sia. Che mai più nessuno sia solo! Questo vuol dire “ripartire dall’amore” come ci stiamo dicendo in questo anno nel quale riflettiamo sull’amore. Penso ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie, agli anziani…quanta solitudine! Dobbiamo far crescere l’amore. Gesù sta davanti a noi, anzi dentro di noi, perché continuiamo a camminare per le strade di questa nostra terra commovendoci sui deboli e amando tutti. Il Signore ci doni il suo amore.