Giovedì santo: messa alla acciaierie
Care sorelle e cari fratelli,
è una bella tradizione ritrovarci assieme per la celebrazione della Pasqua qui nella fabbrica, nel luogo ove passate gran parte delle vostre giornate. Ed è non poco significativo che siano presenti anche i vostri familiari, le mogli o i mariti con i vostri figli. Ho proposto anche a qualche altro stabilimento di seguire il vostro esempio. Il Vangelo che abbiamo ascoltato in certo modo ci incoraggia a continuare. L’evangelista racconta una cena di Gesù a casa di Lazzaro, Marta e Maria, una casa amica ove Gesù amava andare. Durante la cena accade una scena piuttosto singolare. Ad un certo momento, Maria si alza, prende un vaso di profumo molto prezioso e va verso Gesù. Giunta accanto a lui si inchina sino ai piedi e glielo versa asciugandoli con i suoi capelli. Tutti restano sorpresi al vedere questa donna. L’evangelista non ci dice cosa pensassero gli altri commensali, ma ci riferisce quel che ha pensato Giuda: “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darlo ai poveri?” Può sembrare un ragionamento saggio, persino generoso. Certo, pensare che poi avrebbe venduto Gesù per soli trenta denari (il prezzo con cui si comprava uno schiavo) fa pensare! La verità era che a Giuda non gli importava dei poveri, ma del denaro perché era ladro. E’ questa la differenza tra quella donna a cui importava Gesù, a cui importava l’amore, e Giuda a cui importava solo se stesso e i soldi, una sete di denaro che lo portava anche a rubare. E’ una differenza importante da cogliere. Da una parte l’amore per gli altri e dall’altra i soldi o il pensare solo a se stessi. Sono due strade che ci sono poste davanti, e dobbiamo scegliere quale percorrere. Ovviamente gli esisti delle due strade sono diversi.
La Pasqua ci viene incontro perché impariamo a seguire la via di Maria, la via dell’amore che è la via di Gesù e non quella di Giuda che è la via del tradimento degli amici e dei poveri. Infatti, se uno pensa solo a sé alla fine tradisce anche quelli di casa propria. Deve farci riflettere la frase del vangelo di oggi: “a Giuda non gli importava dei poveri”. Sembra descrivere un clima comune anche oggi e che è all’origine di tante tragedie. Il fatto che ciascuno sia chiuso nel proprio piccolo orizzonte e pensi solo al proprio benessere senza aprire gli occhi attorno a sé è un problema gravissimo. E purtroppo è una mentalità che sembra allargarsi sempre più. Ma quando ognuno pensa solo a se stesso, l’altro diventa un estraneo e persino un nemico. E’ qui la radice di tanta violenza, la ragione di tante tragedie anche familiari. E’ urgente sconfiggere questa mentalità e dobbiamo farlo a partire da noi stessi, dal nostro cuore. C’è bisogno che ciascuno di noi si senta responsabile anche degli altri, della salute degli altri, del benessere degli altri, della vita degli altri. E’ quello che fece quella donna spargendo di profumo i piedi di Gesù. Aveva intuito che sarebbe stato ucciso e voleva dirgli tutto il suo amore, voleva stargli vicino.
Ma che significa avere il cuore di quella donna? Molte sono le riflessioni da fare. Vorrei fermarmi solo a qualche breve cenno circa alcune di esse che ci riguardano più da vicino partendo da quelle sulla sicurezza nel lavoro. Il nostro pensiero va subito alle vittime dello stabilimento di Torino e alle loro famiglie, una tragedia che ci ha toccato tutti. Ricordo la Messa di Natale, la nostra preghiera per loro. Ma credo che dobbiamo ricordare anche le altre innumerevoli vittime che sono continuate a morire sui luoghi di lavoro. Sembra non bastare più lo sdegno. Comunque dobbiamo costringere tutti ad una attenzione ancor più energica su questa immane tragedia. Quando i morti sul lavoro sono più di mille in un anno in Italia non si può dire che sia solo il caso a creare questa catena infernale. E se vanno individuate le responsabilità non bisogna cedere alla tentazione di cercare un capro espiatorio per abbassare la guardia. Abbiamo bisogno, e con urgenza, di una nuova cultura del lavoro che riguardi tutti e che veda il lavoro non solo sul versante della redditività ma anche su quello della dignità del lavoro come impegno per trasformare questo nostro mondo e renderlo più umano e più bello. Proprio per questo c’è bisogno che in cima alle nostre preoccupazioni ci sia il rispetto per ogni persona, la dignità di ogni lavoratore. Di qui consegue l’urgenza di una cultura della sicurezza, di una cultura delle regole che riguardi tutti, dal dirigente all’ultimo operaio.
So che stiamo vivendo qui un momento difficile. Non spetta a me parlare della congiuntura internazionale e dei problemi legati al mercato globale, e neppure fermarmi alle questioni più vicine, come quelle legate all’energia. Sento però urgente che tutti, ciascuno nel proprio ambito, sia all’interno dell’azienda sia nella città, ci stringiamo per superare una contingenza difficile prendendo quelle misure che permettano di guardare il futuro con maggiore serenità. E i segni positivi non mancano, sebbene sia necessario un sussulto di responsabilità.
Care sorelle e cari fratelli, questa Pasqua che ci vede ancora una volta raccolti assieme ci aiuti a percorrere quella via dell’amore di cui parlavo all’inizio. Vi consegnerò alla fine la mia lettera pastorale nella quale sottolineo la santità e la bellezza della via dell’amore. E’ una via percorsa per primo da Gesù. Egli sta davanti a noi. A differenza di Giuda a cui non importavano i poveri, a Gesù importavano i poveri e tutti, importa ciascuno di noi; a Gesù importa anche questo stabilimento perché sia per noi fonte di lavoro e di vita, di dignità e di solidarietà. Auguro a tutti voi di percorrere questa via, di seguire Gesù, sapendo che se ci sono croci da portare, verrà però anche il giorno della risurrezione.