Messa di Natale alle acciaierie
Care sorelle e cari fratelli,
è bello rinnovare questa tradizione della Messa di Natale in fabbrica dove siete venuti, cari amici operai e operai ,con i vostri familiari. Mi è tornato in mente quello che fece San Francesco quella prima volta a Greccio nel 1223. In genere si pensa che San Francesco fece il presepe, In realtà non fu così. Quella volta san Francesco di Assisi, a Greccio, in una stalla celebrò la messa. Il presepe non fu di statue, ma una celebrazione della Messa sulla mangiatoia. Tutta Greccio e tanti altri andarono lì perchè Francesco, che era stato a Betlemme qualche tempo prima, disse: “Voglio vedere con gli occhi del corpo come è nato Gesù”. Ho pensato che quello che fece Francesco a Greccio, oggi noi lo facciamo a Terni. Il nostro Natale è celebrare la messa non sulla mangiatoia, non dentro una grotta, ma sul luogo del vostro lavoro, su un altare fatto di acciaio. Questo per significare che il Signore non nasce così in astratto, non nasce dentro le chiese, ma nasce qui, nei nostri cuori. Questo è il Natale. Se non nascesse qui in questo stabilimento, come in tanti altri luoghi, il Natale sarebbe un rito vuoto senza nessun significato, come le luci che si mettono per strada, si accendono in quei giorni e si spengono alla fine della feste, mentre tutto resta come prima. Gesù viene a nascere per primo a Terni in Acciaieria per il significato che questa fabbrica ha per la città, per voi. Sappiamo quanto questo luogo sia stato importante per la città negli anni ed oggi ancora. Questo luogo è importante anche per voi che qui trascorrete molte ore delle vostre giornate, vi passate tanti momenti della vita, qui il vostro cuore è traversato dalle speranze, dalle angosce, dalle gioie e talora dai dolori e quest’oggi vogliamo ricordare Diego che qui ha vissuto tanti anni della sua vita e che pochi giorni fa abbiamo accompagnato al Signore.
Questo luogo è importante e celebrare il Natale in fabbrica dobbiamo capire bene cosa vuol dire.
Quando la Madonna andò a trovare la cugina Elisabetta, scrive l’evangelista “Elisabetta sussultò nel proprio grembo”. Ecco vorrei che oggi nel vostro cuore ci fosse un po’ di sussulto, attenzione ed apprensione. Che vuol dire il Natale? Cari amici e amiche sono venuto qui un po’ sulla scia di Maria per dirvi il mio affetto, l’affetto di tutta la Chiesa diocesana, l’affetto di tutti per voi che qui faticate, lavorate, sperate e a volte soffrite. Ma certo anche per dirvi che in questo luogo deve rinascere innanzi tutto il vostro cuore, il Natale è una dimensione interiore prima che esteriore. Il Natale potremmo paragonarlo all’opera di trasformazione dei ferri vecchi che vengono lavorati fino ad essere trasformati e a diventare quel metallo prezioso che è l’acciaio. Il natale è l’energia che deve cambiare il nostro cuore che spesso è davvero grezzo, che spesso è davvero informe, talora rigido e cattivo.
Vorrei che il nostro cuore venga lavorato come avete lavorato questo altare, che è frutto di tanto lavoro per divenire l’altare dove deponiamo il Corpo di Cristo. Se spendiamo energia, soldi e tempo per lavorare il ferro e farlo divenire acciaio, ancora più dobbiamo lavorare i nostri cuori perché siano meno cattivi e più buoni, meno tristi e più felici, meno soli e più in compagnia, meno arrabbiati e un po’ più cortesi. Abbiamo bisogno di questo Natale, ne abbiamo bisogno tutti. Come le vostre mani e la vostra intelligenza è tutta tesa a plasmare e trasformare un metallo, tanto più le nostre mani e la nostra intelligenza deve trasformare il cuor per i nostri bambini che debbono crescere in un mondo dove c’è più amore, in famiglie dove la serenità, per quanto possibile, ci sia tutti i giorni e se c’è qualche ombra, dice l’apostolo Paolo “che il sole non tramonti senza che vi siete riappacificati” perché più i giorni passano più il buio s’infittisce.
Ecco il Natale, è come l’inizio di una grande fabbrica per trasformare un cuore a volte duro, in un cuore bello, pronto, amorevole, disponibile.
Abbiamo bisogno di un Natale che ci riavvicini tutti. Sono preoccupatissimo per l’espandersi della solitudine e delle difficoltà di rapporti tra noi, anche nella nostra città e nella nostra regione. Il problema è che dobbiamo alzare l’amore, far rinascere quella tenerezza interiore. Quella tenerezza che tutti sentiamo a Natale deve irrobustirsi e divenire d’acciaio. Vorrei che da questa fabbrica oggi possa partire l’augurio a tutta la città di Terni, quello che tutti possiamo essere operai di un nuovo amore, di una nuova fraternità e solidarietà tra tutti. Tutti coloro che hanno lavorato ci aiutano anche dal cielo, ci spingono a rendere più bella la convivenza in fabbrica e a rendere più felici le nostre famiglie e la stessa città.
Mi auguro che di qui parta un Natale più bello per tutta questa nostra terra, se il Natale cresce davvero nei nostri cuori. Sia un Natale migliore nei vostri cuori e nelle vostre famiglie. Ritrovate quella serenità che può essere a volte ferita. Sì, quanti incidenti del cuore accadono ogni giorno, quanti incidenti nei rapporti talora piegano amaramente relazioni durevoli. Ritroviamo allora la forza, il calore per raddrizzare anche i sentimenti. Ritroviamo l’energia per rendere più luminoso, robusto e inossidabile l’amore che ci unisce gli uni agli altri. Un amore che sull’esempio di quello che legò Maria ad Elisabetta, Gesù a noi tutti, è un amore che nulla potrà piegare e infrangere, perché l’amore se è vero vogliamo che sia eterno, vogliamo che non finisca.
Questo è il mio augurio di buon Natale, che l’amore che il Signore ci dona sia davvero inossidabile.