Corpus Domini 2011
Care sorelle e cari fratelli,
ci siamo fermati in questa piazza come a voler sostare nel cuore della nostra società, della nostra città, per coglierne le ansie per condividerne le preoccupazioni che in questi giorni ci assillano in maniera particolare. Ieri sera tardi, dopo la cena, ho come toccato per mano le ansie per il lavoro quando sono andato a trovare gli operai della Basell che manifestavano, con i cancelli chiusi, dentro lo stabilimento per difendere la loro speranza di lavoro. Qualcuno di loro è anche qui questa sera. Gli sono, gli siamo vicini, e siamo accanto anche ai tanti altri lavoratori che vedono il loro futuro minacciato.
Abbiamo ascoltato dal vangelo di Giovanni Gesù che dice a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. E’ una domanda che in questo tempo non sentiamo lontana. Il rischio che manchi davvero il pane c’è, e per tanti: molte famiglie fanno fatica a finire il mese. Il rischio che manchi il lavoro c’è, eccome; c’è il rischio per tanti giovani perché fanno fatica a trovarlo; c’è il rischio di perderlo e chi l’ha già perso fa fatica a ritrovarlo. Siamo tutti preoccupati. E il primo ad esserlo è proprio Gesù. Per questo chiama Filippo e questa sera chiama tutti noi. Ci chiama perché ci preoccupiamo con lui di tutti, dell’intera città. Ma Filippo è rassegnato, come anche noi spesso ci rassegniamo. E come Filippo diciamo: “Ma dove si può prendere il pane? E poi costa troppo: duecento denari di pane non sono sufficienti”.
Ma Gesù sapeva quel che stava per compiere. Per questo noi siamo qui: non per compiere una devozione individuale. Noi siamo qui perché siamo chiamati ad aiutare Gesù a compiere il miracolo della moltiplicazione del pane per tutti per l’intera città. Il miracolo non si compie per magia, c’è bisogno dell’intervento di tutti; in quel caso bastò l’intervento iniziale di un bambino. Sì, un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci diede inizio al miracolo. E’ per dire che c’è bisogno di tutti. Ciascuno è chiamato a offrire per gli altri quel poco che ha. Il miracolo, infatti, non passa attraverso le cose, ma il cuore, la disponibilità a pensare non solo a se stessi.
E’ l’insegnamento che l’Eucarestia questa sera ci offre. Gesù eucaristico ci ha raccolti tutti assieme, come in quel giorno. Siamo grandi e piccoli, preti e laici, uomini e donne, alcuni più sereni altri più angosciati. Ma tutti siamo chiamati a partecipare al miracolo della moltiplicazione dei pani. Del resto la crisi ci riguarda tutti. E se ciascuno si ripiega su se stesso, se pensiamo che ciascuno può uscirne da solo, cadiamo in una tragica illusione. Né d’altra parte possiamo pensare che si risolva come per magia da un intervento da fuori. Certo, ci sono cause della crisi che vengono dalla situazione internazionale o nazionale, ma ci sono anche cause vicine che dipendono da noi, dalla nostra pigrizia, dal nostro egoismo, dalla nostra rassegnazione, dal nostro individualismo, dall’aver sprecato tante occasioni, dall’aver pensato più a se stessi che al bene comune, da scelte sbagliate fatte con leggerezza, dall’aver pensato di fare i furbi, dalla paura di cambiare e dalla mancanza di coraggio, con il rischio di sprecare quel che pure di buono abbiamo ricevuto.
Questa sera siamo tutti attorno a Gesù Eucarestia. Egli, questa volta, l’unica nell’anno, ci fa uscire di Chiesa dietro a Lui. Non ci fa restare dentro. E c’è bisogno che noi cristiani usciamo dentro la città per cambiarla, per trasformarla. Siamo chiamati a percorrere le strade della nostra città come fa Gesù questa sera. Egli le percorre come pane spezzato, come uno che si lascia mangiare da tutti, che spende la sua vita per tutti, che non si risparmia perché tutti possano mangiare. Siamo chiamati a diventare anche noi “eucaristici”, ossia uomini e donne che si spezzano per gli altri, che si preoccupano per il lavoro di tutti. C’è un singolare rapporto tra l’Eucarestia e il lavoro. Nella Messa lo diciamo quando presentiamo al padre il pane che è frutto “della terra e del lavoro dell’uomo”, e Gesù trasforma il frutto del nostro lavoro nel suo stesso corpo.
L’Eucarestia ci trasforma il cuore e ci fa diventare come Gesù. E il miracolo si può compiere. Nessuno rimase senza pane quel giorno. Anzi, ne avanzarono dodici canestri.