Quindicesima settimana del Tempo Ordinario – sabato
Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni».
Dopo il miracolo in sinagoga, Gesù si ritira in un luogo appartato e chiede che non si divulghi la notizia. Non è per starsene tranquillo, infatti guarisce tutti i malati che gli vengono portati. Ma non vuole apparire; non è venuto per essere lodato e ammirato, come talora i discepoli sono tentati di fare, seguendo in questo i farisei. Gesù è venuto per servire. E, con una lunga citazione di Isaia, si presenta appunto come “servo”, un servo buono, umile, mite. Non vuole apparire come un forte o un potente. Non sono le azioni politiche o le imprese economiche che Gesù sceglie per salvare il mondo dal male. La sua via è più profonda: è sradicare il male dalle sue vere radici che affondano nel cuore degli uomini. Per questo “non contenderà, né griderà”, non “spezzerà la canna infranta e non spegnerà il lucignolo fumigante”. La sua via è sollevare con cura e con misericordia chi giace a terra, sanare con prontezza le ferite di chi è colpito, rianimare chi è lasciato nell’abbandono, chinarsi su tutti perché si realizzi la giustizia di Dio. La via del Servo è la via stessa di Dio, quella dell’abbassamento dell’amore che giunge sino a lavare i piedi, sino a morire per salvare gli altri. E’ la via che Gesù indica ai discepoli di ogni tempo.