Lo Spirito di Assisi
“Mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace”. Con queste parole, il 1° gennaio 2011, Benedetto XVI ha annunciato il pellegrinaggio ad Assisi per il 25° anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, promossa da Giovanni Paolo II. Papa Benedetto, tornando ad Assisi nel prossimo 27 ottobre, pertanto, non solo vuole confermare il valore di quella giornata ma anche “rinnovare solennemente” l’impegno dei credenti delle diverse tradizioni religiose a vivere la propria fede nella prospettiva del servizio alla pace tra i popoli. E come non vedere l’attualità di queste prospettive? Il mondo si è globalizzato, i popoli si sono avvicinati, ma non per questo sono diventati più “fraterni”. E continuiamo a vedere guerre che continuano e conflitti che si accendono. C’è bisogno di ribadire con decisione, come scrive il papa, che la ricerca di Dio e l’impegno per la pace si intrecciano: “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere la pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”.
Lo aveva compreso bene Giovanni Paolo II quando il mondo era ancora diviso in due e un’eventuale guerra nucleare incombeva minacciosa. Per questo il papa volle convocare i responsabili delle grandi religioni a impegnarsi per la pace. Nell’incontro che fece con i responsabili delle religioni tenutosi in piazza San Pietro alla vigilia del Grande Giubileo disse: “Per tutti gli anni del mio pontificato, e in particolare durante le mie Visite Pastorali nelle diverse parti del mondo, ho avuto la grande gioia di incontrare innumerevoli cristiani e i membri delle altre religioni… Ho sempre ritenuto che le guide religiose avessero un ruolo importante nell’alimentare quella speranza di giustizia e di pace senza la quale non vi sarà nessun futuro degno dell’umanità… La religione e la pace vanno di pari passo: dichiarare guerra in nome della religione è un’evidente contraddizione”.
Giovanni Paolo II ha legato l’incontro di Assisi al Vaticano II e lo presentò con questa bellissima immagine: “Presentando la Chiesa cattolica che tiene per mano i fratelli cristiani e questi tutti insieme che congiungono la mano con i fratelli delle altre religioni, la Giornata di Assisi è stata un’espressione visibile delle affermazioni del Concilio Vaticano II. Con essa e mediante essa siamo riusciti, per grazia di Dio, a mettere in pratica, senza nessuna ombra di confusione e sincretismo, questa nuova convinzione, inculcata dal Concilio, sull’unità di principio e di fine della famiglia umana e sul senso e sul valore delle religioni non cristiane”. Ad Assisi la pace apparve nella sua dimensione religiosa, trascendente, iscritta nel “sogno” che Dio ha dell’unità della famiglia umana. E’ questo “sogno” di Dio che siamo chiamati ad accogliere, a renderlo nostro e a comunicarlo a tutti. Anche ai non credenti, come avverrà nel prossimo incontro di ottobre ove saranno presenti anche uomini e donne non credenti ma appassionati della pace e della fraternità tra i popoli. Quel che Giovanni Paolo II ha iniziato e auspicato in quella sera non si è fermato. Papa Wojtila, al termine di quella storica giornata, auspicava: “Continuiamo a diffondere il messaggio di pace. Continuiamo a diffondere lo spirito di Assisi”. Molte iniziative sono sorte. Ricordo solamente quella che annualmente viene organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio che quest’anno si svolgerà a Monaco di Baviere l’11 settembre, in memoria della tragedia delle Torri Gemelle. Sono passati, comunque, venticinque anni dall’Assisi del 1986, e resta attualissimo l’invito ai credenti per invocare la pace e allontanare i conflitti. Quest’anno l’incontro di Assisi incrocia quella che molti chiamano la “primavera” apparsa nel Sud del Mediterraneo e nell’intero mondo arabo. Non è forse un “segno dei tempi” da accogliere e da vivere?