Paglia presenta a Draghi la Carta Diritti anziani: una risposta contro l’eutanasia
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Assistenza domiciliare, co-housing, cure palliative, riabilitazione, accompagnamento psicologico, centri diurni. Sono alcune delle proposte contenute nella “Carta dei Diritti e dei Doveri per gli anziani della Società”, elaborata dalla Commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana istituita presso il Ministero della Salute di cui è presidente monsignor Vincenzo Paglia, alla guida della Pontificia Accademia per la Vita. Il documento è stato presentato ieri mattina al presidente del Consiglio, Mario Draghi, ad un incontro al quale era presente anche il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Proprio Paglia riferisce a Vatican News del “grande interesse” mostrato da Draghi per questa “iniziativa di enorme rilevanza sociale ed etica”, come lo stesso premier ha detto, assicurando che “l’Italia deve garantire i diritti degli anziani, il rispetto della dignità della persona, in ogni condizione”. In questo senso, dice monsignor Paglia, la Carta dei Diritti vuole proporsi anche come risposta al dibattito sull’eutanasia in corso in Italia, avviato con la raccolta firme sul referendum che ha superato già le 800 mila firme: “Le domande di eutanasia spesso non sono domande di morte, ma domande di aiuto a non soffrire, a non stare soli. È per questo che dobbiamo attrezzare, con creatività e con urgenza, le risposte di accompagnamento agli anziani”.
Monsignor Paglia, com’è andato l’incontro di ieri con il premier Draghi?
Abbiamo presentato al presidente del Consiglio il testo dal titolo significativo, “L’abitazione come luogo di cura per gli anziani”, quindi l’orizzonte nel quale iscrivere la riforma dell’assistenza per gli anziani italiani che attualmente sono 14 milioni dai 65 anni in su; 7 milioni dai 75 anni in su; 4 milioni gli ultra 80enni. Si tratta dunque di un vero popolo al quale è necessario offrire una prospettiva finalmente chiara e delineata. Purtroppo oggi non è così. L’orizzonte ordinario per gli anziani in Italia è quello di finire in un istituto, o in uno stato di abbandono e solitudine, una prospettiva davvero triste.
Come si è mostrato il presidente Draghi nei confronti dell’iniziativa?
Ho trovato il premier particolarmente attento, proprio perché questo numero alto di cittadini italiani rappresenta un pezzo della popolazione del Paese. Se il premier si cura di tutti loro, il Paese ritrova una sua unità anche sul piano sociale. Ecco perché il presidente ha fatto suo questo progetto e ci ha indicato la via di una équipe che deve attuare questa prospettiva generale da noi delineata.
Draghi, dopo l’incontro, ha affermato che “il Governo sosterrà la proposta di intervento presentata”. Esattamente qual è questa proposta e quali gli obiettivi che essa persegue?
L’obiettivo principale è quello di una nuova consapevolezza della società italiana per i suoi anziani e la responsabilità del Governo e di tutte le altre istituzioni di prendersi cura degli anziani, a partire dal loro domicilio, per accompagnarli via via che avanzano gli anni. È un itinerario che abbiamo chiamato un “continuum assistenziale”, in modo che, per prima cosa, nessun anziano venga lasciato solo. C’è un particolare capitolo che riguarda gli ultra 80enni – appunto, 4 milioni di persone – i quali saranno, una o due volte l’anno, visitati da una équipe socio-sanitaria perché venga identificato o pianificato per un iter di cure. C’è poi la prospettiva anche di favorire il co-housing, gruppi di anziani che convivono insieme, ed anche la proposta di avere almeno mille centri diurni sparsi nel Paese per permettere agli anziani con disabilità o con particolari problemi di potersi ritrovare, in modo da restare nel loro ambiente ma di venire aiutati, sostenuti e curati. Questo suppone la presenza e l’impiego di almeno 100 mila nuovi operatori sociali, i quali avranno il compito di andare nelle case, assistere gli anziani o condurli in questi centri. Infine, c’è una possibilità di centri di lunga degenza, le famose Rsa, che dovranno ripensarsi all’interno di questo circuito assistenziale. Perciò ogni Rsa dovrà avere anche dei centri di riabilitazione, co-housing, assistenza domiciliare. È stata poi accolta dal Ministero della Salute la proposta di una cura palliativa anche domiciliare, quindi ci sarà una rete di aiuto man mano che ci si indebolisce e sorgono dei problemi. Una cura, dunque, contro il dolore e soprattutto una cura per l’anziano mentre va avanti negli anni.
Dunque, potremmo dire che tutto il progetto è una risposta – seppur indiretta – al dibattito sull’eutanasia in corso in Italia?
Ma non c’è dubbio! Anche perché noi immaginiamo che le domande di eutanasia spesso non sono domande di morte, bensì domande di aiuto a non soffrire, a non stare soli, a non essere abbandonati. È in questo senso che dobbiamo attrezzare, con creatività e con urgenza, le risposte di accompagnamento. Io non credo che sia normale e spontaneo chiedere di morire… in realtà quello di cui tutti abbiamo bisogno è di non essere abbandonati e di non soffrire. In tal senso questo piano risponde a tali problematiche, anche perché purtroppo il numero degli abbandonati e di coloro che sono lasciati soli e che vorrebbero vivere bene, è un numero enorme. Di essi, però, nessuno parla. La mia esperienza dice che laddove c’è la cura, la terapia del dolore, laddove non si soffre, tutti preferiscono continuare a vivere.
Il Papa insiste spesso sul fatto che bisogna rinsaldare il rapporto tra vecchie e nuove generazioni. In questo documento è prevista un’iniziativa concreta per rispondere all’appello del Pontefice?
Nella Carta si prevede che nei centri diurni, che saranno attrezzati anche telematicamente, vi siano incontri e interazioni tra le diverse generazioni. Ma per me un orizzonte importante da sottolineare è che la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria mostra all’intera società, e quindi anche ai più giovani, che invecchiare non è una tragedia. Che avere 20 o 30 anni di vita donati dalla scienza, dal progresso, dallo sviluppo, non significa essere destinati alla solitudine e all’abbandono. Per i più giovani vedere allora il proprio futuro – anche di lunghi decenni – degno di essere vissuto, sarà certamente di aiuto esistenziale e psicologico.