La superbia dei potenti che credono di fermare la storia con i nuovi muri
Condannati due volte! Prima dalla storia dei loro paesi, poi dalla miopia furiosa ed omicida della cristianissima Europa. È la doppia condanna che colpisce le migliaia di persone bloccate ed abbandonate, al gelo e al respingimento del filo spinato e degli idranti della polizia ai confini dell’Europa, tra Polonia, Bielorussia, Russia. Una condizione subumana nel cuore della Europa.
Negli anni Ottanta, un figlio di quelle terre, Giovanni Paolo II, si impegnò in maniera straordinaria per inserire nella carta costitutiva dell’Unione Europea un riferimento alle radici cristiane. Così diceva nel 1981: «Il senso cristiano dell’uomo, immagine di Dio, secondo la teologia greca tanto amata da Cirillo e Metodio ed approfondita da sant’Agostino, è la radice dei popoli dell’Europa e ad esso bisogna richiamarsi con amore e buona volontà per dare pace e serenità alla nostra epoca: solo così si scopre il senso umano della storia, che in realtà è “storia della salvezza”». E proprio in quella parte dell’Europa si consuma una sorta di tradimento di queste parole. Anzi di tradimento della storia europea. Anche l’altra parte dell’Europa sembra bloccata da un mutismo colpevole.
Così trasciniamo l’intero Continente verso l’indifferenza, l’insignificanza, verso una vera e propria eutanasia della solidarietà. Le politiche di respingimento trasudano insofferenza verso i migranti, gli stranieri, i bisognosi di aiuto ed alla lunga producono atteggiamenti di rifiuto da parte degli stessi cittadini di ogni paese, come vediamo anche in Italia. Ripetendo che i migranti sono criminali, nullafacenti, poco di buono, dei ruba-lavoro, alla fine le frasi fatte entrano nella mentalità comune e il respingimento dal mare e dal confine terrestre si trasforma in visione condivisa a livello di opinione pubblica. E diventa indifferenza verso chi soffre. Così si colpisce a morte la solidarietà e la nostra stessa storia. Già, la storia. Si dice che è “magistra vitae”. Il problema è che in questo caso – non è l’unico – non viene più ascoltata. Non solo. Tentiamo di nasconderla costruendo barriere e muri. Barriere nelle menti e muri sui terreni.
Un nuovo muro viene innalzato nel cuore dell’Europa. Questa volta al confine tra Polonia e Bielorussia. E siamo talmente stolti da pensare che servano. È servito il Muro di Berlino? È servito il muro un po’ costruito, un po’ no, tra Messico ed Usa? E la Muraglia cinese ha mai fermato a lungo un invasore? Domande inutili, tanto la demagogia politica è totalmente innamorata dei muri e li vede come la soluzione universale per i drammi umani di ogni tempo. Ora si alza un nuovo muro. Ne sono sorti a decine in tutti i Continenti, dopo il crollo di quello di Berlino. Nella Bibbia ricordiamo la storia della Torre di Babele, straordinario apologo sul nostro orgoglio: accumuliamo mattoni per risolvere ogni problema, muri o torri, che siano. E non ci accorgiamo di affondare sotto il peso della nostra stessa superbia quando cresce a dismisura. Ma davvero pensiamo di poter fermare la Storia (questa volta con la maiuscola)? Davvero ci sono dei governanti convinti di poter bloccare con un muro, con gli idranti, con il filo spinato, la tragedia delle migliaia di persone che fuggono dalla guerra, dalla persecuzione, dalla disperazione? I “novax” delle tragedie umanitarie non sono forse colpevoli di indifferenza, di chiudere gli occhi, di un voltarsi dall’altra parte del tutto inutile, antistorico, anti-umano.
Non è questa l’Europa sognata dai fondatori. Non è questa l’Europa in cui si può vivere saggiamente la globalizzazione. Siamo piuttosto un po’ più lungimiranti! I muri di qualunque genere vanno abbattuti per innalzare un progetto politico-sociale capace di accogliere le persone, assisterle, aiutarle a realizzare i loro desideri. Far entrare e accogliere e assistere è il primo passo. Certo c’è bisogno di governare il fenomeno migratorio. Ma non fa parte dei programmi dei governi. Basti pensare all’abbandono della politica dei flussi migratori! E serve anche una politica di integrazione. Colpisce quel grido che sale da lì, dal confine tra Polonia e Bielorussia, di quanti urlano a gran voce: fateci passare perché non vogliamo restare in Polonia; la nostra destinazione è verso altri paesi. Ma c’è il silenzio dall’altra parte. Papa Francesco è l’unico a parlare, con i suoi interventi e i suoi gesti, i suoi documenti. Il quotidiano cattolico Avvenire – è il solo a raccontare l’orrore di queste settimane (!) – è davvero coraggioso e lungimirante. Non dovremmo allargare l’ascolto e l’indignazione?
La pandemia – assieme a gesti straordinari di solidarietà – rischia però di chiuderci in noi stessi. La paura sta producendo un sottile e profondo stato permanente di disillusione, individualismo, irrigidimento mentale, ostilità diffusa e pervasiva. C’è bisogno che sorga un nuovo sdegno perché si abbatta il muro del ripiegamento su di sé, il muro della chiusura, il muro della convinzione di salvarsi da soli. Una sapiente lungimiranza richiederebbe di andare incontro alla Storia ed aprire strade nuove. Altre volte su questo giornale ho ricordato il grande Papa, Gregorio Magno che da solo, senza esercito, riuscì a trovare un canale di dialogo con i “barbari”. L’unificazione dell’Europa è stato un grande progetto attuato da politici illuminati dopo una Guerra mondiale che ha fatto vedere l’inutilità e l’inconsistenza criminale dei progetti di dominio ed egemonia. L’egemonia è morale, mai bellica, mai arrogante, mai solitaria. Oggi abbiamo migliori strumenti, se davvero vogliamo usarli. Abbiamo tecnologie per intervenire, assistere, sfamare, progettare, dare lavoro e futuro. Abbiamo risorse interiori e spirituali per capire che l’umanità è una cosa sola, e non ci sono “razze” ma una sola comune patria (il nostro pianeta) ed una sola destinazione (un futuro migliore per tutti). Fratelli e sorelle tutti, uniti però e destinati a vivere meglio e degnamente. Futuro per tutti, non per pochi, perché sappiamo che gli egoismi sono suicidi.
Cosa fare dunque? Guardare a quelle frontiere tra Polonia e Bielorussia; guardare ai barconi del Mediterraneo. Ed intervenire. Non lasciamo le persone in balìa del mare, del freddo, in balìa della nostra indifferenza. In questi anni di depressione – morale prima che economica – possiamo uscire dalla crisi del Coronavirus riscoprendo l’umanità. Riscoprendo un progetto politico forte, universale, a partire dalla capacità di empatia, di immedesimazione, di solidarietà. Ridare slancio al grande progetto umanistico: libertà, fraternità, uguaglianza, la cui radice forte è: solidarietà. Valori a loro volta innervati da un più grande albero: la razionalità. È razionale guardarci intorno, chinarci verso il prossimo, chiederci cosa sia necessaria fare e come farlo, per dare un futuro. È irrazionale voltarci dall’altra parte. Il flusso della Storia non si arresta, nessuno lo ha mai fermato. Papa Francesco ci ricorda che il messaggio universale della fratellanza e della carità vanno insieme. Poi, certo, ognuno può scegliere di accumulare tesori sulla terra, a scapito degli altri, difendendo il suo pezzetto di potere o di benessere. Ma a cosa serve? Tutti, credenti e non, saremo giudicati sull’amore, anche sull’accoglienza agli stranieri, come ci ricorda il Vangelo: “ero straniero e mi hai accolto” (Mt 25, 35). Oggi questo Vangelo parla in particolare alla frontiera orientale!
(Il Riformista – 19 novembre 2021)