La Chiesa profetica nella lotta alla pena di morte nel mondo

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

 

La speranza è che l’esempio si allarghi, e che quei Paesi che hanno abbandonato la pena di morte, o per abolizione o per moratoria, possano ispirare chi ancora la mette in pratica. L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, commenta così i dati del rapporto 2023 di Amnesty International sulla pena capitale nel mondo, che evidenzia come i grandi numeri delle esecuzioni siano in realtà prodotti da un piccolo gruppo di Paesi. Lo scorso anno ne sono state registrate, di esecuzioni conosciute, ben 1153, numero che segna un +30% rispetto al 2022, una cifra alta come mai negli ultimi dieci anni, attribuibile, però, ad un esiguo numero di Paesi rispetto al passato, 16 in totale, decisamente il più basso finora registrato, spiega Amnesty. Anche quest’anno la classifica vede ai primi posti Iran e Arabia Saudita, con l’89% del totale delle esecuzioni, mancano però i numeri di Paesi quali Cina, Corea del Nord e Vietnam che non diffondono i dati.

Monsignor Paglia, il Rapporto 2023 di Amnesty International indica che ci sono ancora grandi numeri sulla pena di morte, ma che in realtà, a realizzarli sono una piccola minoranza di Paesi. La speranza dell’organizzazione è che questi Paesi stiano al passo coi tempi e aboliscano questa punizione una volta per tutte…

Certo, io credo che quanto dice il rapporto mostri un aspetto positivo nel senso che si sta allargando il numero dei Paesi che sospendono la pena, che la aboliscono, il problema è che alcuni di questi Stati purtroppo intensificano questa crudeltà e io mi auguro che l’esempio che si allarga possa aiutare anche a sconfiggere questa piaga per esempio in alcuni Paesi come nella Repubblica Democratica del Congo, dove è stata ultimamente anche reintrodotta. Io mi auguro che davvero questo strumento, che sempre più emerge nella sua crudeltà venga abolito. E io sono convinto che il progresso ci aiuterà in questo senso. La mia preoccupazione è in un’altra prospettiva, ed è quella sullo sdoganamento, se così mi è permesso di dire, della guerra, delle armi, di una sensibilità che affida appunto alle armi quello che dovrebbe fare la politica, Questa è la preoccupazione più seria che in questo momento mi sento di dover legare invece a un progresso positivo che c’è in un’altra prospettiva.

Un progresso al quale la Chiesa ha sempre guardato con molta attenzione con auspici: la Chiesa insegna che la pena di morte è inammissibile sotto qualunque punto di vista…

È una bellissima profezia, già quella di San Giovanni Paolo II lo ricordiamo già negli anni ’90 quando intercedeva ovunque ci fosse da bloccare, da frenare, da rimandare, da abolire. Fin poi alla lucidissima affermazione di Papa Francesco, che è giunto persino a trasformare il Catechismo, ribadito adesso nell’ultimo documento Dignitas Infinita con grande nettezza e grande chiarezza. E posso dare una mia piccola testimonianza. Io ricordo quando, negli anni ’90, tentavamo con la Comunità di Sant’Egidio di sollecitare l’episcopato americano perché si impegnasse in questo campo e fummo frenati con cautela. La settimana scorsa mi trovavo negli Stati Uniti e c’è invece un movimento di cristiani contro la pena di morte, appoggiato dall’episcopato, ecco questo è un piccolo grande esempio di come questa prospettiva dalla Chiesa cattolica davvero sia al servizio di un nuovo umanesimo dove appunto la dignità significa rispetto tutela aiuto per tutte, tutte, le vite umane.

È come ebbe a dire Benedetto XVI quando richiamava l’attenzione di tutti i leader delle società sulla necessità appunto di fare il possibile per eliminare la pena di morte. Ratzinger, prima ancora Giovanni Paolo II, poi Papa Francesco, un’unica voce contro la pena capitale…

Sì, a me pare che sia ormai chiaramente espresso il magistero della Chiesa in questa prospettiva, e questo fa sperare ovviamente: la concordia e la forza nel sottolineare l’opposizione della Chiesa a questa incredibile crudeltà, che già dai tempi di Caino le Scritture avevano interdetto. Questa profezia dell’intero magistero, ha fatto bene a ricordare anche Papa Benedetto XVI, io credo sia davvero come si scrive nel Vangelo, quel seme deposto nel terreno e, mi verrebbe da dire, che il contadino dorma o vegli, questo seme certamente produrrà il suo frutto. È una grande speranza, perché è una verità talmente bella, talmente forte che, a mio avviso, è davvero inarrestabile.

VATICAN NEWS