Accolitato a Giovanni

Accolitato a Giovanni

Sono particolarmente lieto di celebrare questa santa liturgia con voi in questo giorno di festa del Seminario Regionale durante la quale conferirò l’accolitato a Giovanni. Fare la memoria di San Carlo Borromeo significa non solo ricordare uno dei maggiori protagonisti della riforma della Chiesa nel Cinquecento, ma cogliere altresì lo spirito di un pastore che davvero aveva davanti a sé l’immagine di Gesù come ideale concreto da seguire. Vorrei dire non un Gesù astratto, ma quello descritto dai Vangeli, quello delineato dal brano che abbiamo appena ascoltato: tre versetti che riassumono il cuore e il pensiero di Gesù. “Vedendo le folle, ne sentì compassione”, scrive Matteo. Qui mi pare sia il centro di questa icona evangelica. L’evangelista nota, e non a caso, che Gesù guardò le folle, non con uno sguardo distratto o veloce, come in genere può capitare a noi che per lo più siamo ben attenti a noi stessi, al nostro umore, ai nostri problemi, alle nostre ragioni, alle nostre stanchezze, alle nostre pretese, alle nostre idee, alle nostre testardaggini, e quanto altro ancora. Gesù guardò le folle, non se stesso. E vide gente povera, malata, bisognosa, peccatrice, vide anche che erano confusi, contraddittori, che facevano a spinta, che cercavano in ogni modo di farsi largo. Ma non le rimproverò, “perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. E ne sentì compassione. In questo termine è racchiuso, a mio avviso, tutto il cuore di Dio. E Gesù ne è l’incarnazione. Sentire compassione non di sé, ma della gente. Una compassione che non è il sentimento di un momento, ma una vocazione intera. Una compassione che non è un moto superficiale e romantico dell’animo, ma decisione viscerale di spendersi totalmente per la salvezza di quelle folle. Una compassione così diventa immediatamente passione per quella gente. Infatti, quella compassione non fa restare fermi dove si è, non fa bloccare il cammino se capita qualche problema, non fa irrigidire l’animo se ci sono contrarietà nella vita. Per questo Gesù, sentendo compassione per quelle folle, si mise a percorrere tutte le città e i villaggi, insegnando e predicando il Vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. E quando sentiva stringere attorno a sé la congiura di morte non si allontanò da Gerusalemme, non abbandonò i suoi, non abbandonò le folle. E’ questa l’immagine del Buon Pastore che Carlo Borromeo aveva davanti ai suoi occhi. Sapeva bene Carlo Borromeo che questa “compassione” evangelica non era una virtù naturale, non nasceva da un buon carattere, ma era frutto di scelte, di lavoro spirituale, di tagli, di abitudini sane, insomma di mettersi alla scuola del Vangelo. L’assenza di una scuola del Vangelo aveva portato molti a desiderare il sacerdozio per se stessi e non per le folle di questo mondo. La sua intuizione di istituire i seminari rispondeva al bisogno di una Scuola del Vangelo, potremmo dire. Sì, il Seminario è una scuola ove apprendere la compassione evangelica, ove cioè trasformare il proprio cuore in quello del Signore Gesù, sino a poter dire con Paolo “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”.


Caro Giovanni, oggi, tu stai per ricevere l’accolitato. E’ un ministero che ti avvicina in modo del tutto particolare all’altare e all’Eucarestia, cuore della vita della comunità cristiana. E’ un passo importante per avvicinarsi all’Ordine sacro e poterlo fare oggi durante la memoria di San Carlo Borromeo è una ulteriore grazia perché hai davanti ai tuoi occhi un testimone che ti può indicare come vivere da buon pastore. Stare accanto all’altare e all’eucarestia significa per te la possibilità di renderti sempre più conforme a Cristo, di prendere cioè la “forma” di Cristo, quindi di tagliare dal tuo cuore tutto ciò che ti allontana da Lui o che comunque non ti rende conforme a lui per accogliere invece, e con generosità, nella tua vita ciò che ti avvicina al Signore, ciò che ti rende simile a Gesù. Quando stai accanto all’altare ricordati che tratti cose sante. Ogni distrazione e sciatteria vuol dire mancanza di amore e di attenzione verso Gesù, prima che maleducazione verso i fedeli. E non devi pensare che la cura dell’altare spetta solamente ad altri, magari agli addetti. Sia tua cura che tutto sia in ordine, che tutto sia pulito, che tutto sia degno. Non credere che l’altare sia di altri. Oggi tu sei incaricato ufficialmente alla cura dell’altare e delle celebrazioni. Ogni sciatteria è un  no all’amore di Dio. In particolare, poi, potrai distribuire l’Eucarestia, partecipando così al ministero degli apostoli incaricati dal Signore a distribuire alle folle quel pane che Gesù stesso aveva miracolosamente moltiplicato. E’ il nutrimento per te e per la gente. Come non devi trascurare di nutrirtene, così devi adoperarti in ogni modo perché tutti possano ricevere e gustare il pane della vita e il calice della salvezza. Non ti risparmiare nella distribuzione, sii generoso con tutti e in particolare con i malati. Abbi scrupolosa cura dell’Eucarestia, e del modo in cui devi distribuirla. Ricordati sempre che in essa è presente Gesù stesso. Quanto alta deve essere perciò l’attenzione! Francesco d’Assisi nella sua regola voleva scrivere che i frati raccogliessero persino i pezzi di carta ove fosse scritto il nome di Gesù e le ponessero in luoghi decorosi, quanto più deve essere la cura per il corpo santo del Signore! Raccontano ancora le Fonti Francescane che una volta “Volle mandare alcuni frati per tutte le province a portare molte pissidi belle e splendenti affinché dovunque trovassero il corpo del Signore conservato in modo sconveniente, lo collocassero con onore in quelle pissidi. E anche volle mandare altri frati per tutte le regioni con molti e buoni ferri da ostie, per fare delle particole belle e pure” (1756). E’ una grande lezione di amore, questa Francesco. L’attenzione esteriore ti aiuterà a conformare il tuo cuore e la tua vita a quel pane santo che distribuirai. Sì, perché lo scopo stesso della tua vita, della nostra vita è conformarci a Gesù. E sappi che Egli non è presente in qualsiasi modo nell’Eucarestia. Egli è presente nell’ostia come pane spezzato e ne vino come sangue versato, ossia come uno che non si è risparmiato in nulla, che ha dato tutto se stesso per gli altri. No, Gesù non fa come noi, attenti fino all’inverosimile a risparmiarci e a prenderci cura di noi stessi, del nostro corpo e delle nostre cose. Egli si è spezzato per tutti e ha versato tutto il suo sangue per noi e per gli uomini. E come se non bastasse si è fatto cibo e bevanda per sempre. Questo è il mistero che ti viene affidato nelle mani. Da oggi potrai distribuire il corpo e il sangue del Signore. E’ il primo passo che ti porterà a partecipare al sacerdozio ministeriale. Assieme a te ringraziamo tutti il Signore perché ci ha scelti, come scrive il Deuteronomio, per stare davanti a Lui e per essere al Suo servizio. Essere amici di Dio e servi del Suo Vangelo è la nostra gioia e la nostra ricompensa.