Elio Toaff e il nostro ponte tra le due rive del Tevere
Per tanti anni ho avuto la fortuna e la gioia di incontrare spesso il rabbino Elio Toaff e godere della sua amicizia, delle sue riflessioni, delle sue preoccupazioni, delle sue speranze. Non posso dimenticare il “primo” incontro – non tanto in ordine di tempo quanto di intensità – che ho avuto con lui. Fu il sabato 9 ottobre 1982 qualche ora dopo l’attentato al Tempio Maggiore che, tra l’altro, causò la morte del bambino Stefano Gaj Taché. Alla terribile notizia traversai velocemente il ponte dell’Isola Tiberina per recarmi al Tempio Maggiore. Fui accolto con un affetto che non ho più dimenticato e abbracciai il rabbino portandogli la solidarietà mia e dell’intera Comunità di Sant’Egidio. Potrei dire che in quell’abbraccio, il giovanissimo germoglio della Comunità di Sant’Egidio, da poco stabilitosi a Trastevere, si intrecciava con l’antichissimo albero della comunità ebraica di Roma, che da secoli era piantato nelle rive del Tevere. In effetti, da allora un profondo legame ci ha uniti gli uni gli altri nel corso degli anni. E non ha cessato di crescere. Ovunque la Comunità di Sant’Egidio è presente nel mondo, quel legame appare e porta frutti di amicizia, di dialogo, di pace, di impegno comune. E non c’è dubbio che il rabbino Toaff è tra i protagonisti di questa storia bella di amicizia. Non ha voluto mancare mai agli appuntamenti della Comunità di Sant’Egidio.
Quel “ponte” che unisce le due rive del Tevere è divenuto “nostro”, di ambedue. Il rabbino amava ripetere che gli uni da una parte e gli altri dall’altra, presidiavamo le due sponde del Tevere. Quel ponte è stato traversato dall’una altra sponda sempre più spesso. Ricordo, per fare un esempio iniziale, le numerose assemblee promosse da Sant’Egidio in decine e decine di licei romani – a seguito del terribile attentato al Tempio Maggiore – per spiegare ai giovani studenti romani cosa fosse stato l’Olocausto e come era indispensabile e urgente abbattere ogni pregiudizio. Eravamo e siamo convinti ancora che l’ignoranza porta sempre a ripetere il male del passato. La conoscenza reciproca è la via della pace. E l’impegno a traversare quel “ponte” si è sempre più intensificato, sino a realizzare quella singolare marcia all’incontrario per ricordare il 16 ottobre, divenuto un appuntamento cittadino. La Comunità di Sant’Egidio prese l’iniziativa, in accordo con la Comunità ebraica di Roma guidata allora dal rabbino Toaff, per ricordare quel giorno terribile della deportazione degli ebrei di Roma, facendo il percorso inverso: partire da Trastevere e tornare nella piazza accanto al tempio Maggiore dove furono raccolti in quel giorno. E il rabbino non mancava mai ad accogliere le migliaia di uomini e donne con i cartelli che riportavano i nomi dei campi di sterminio nazisti e a offrire loro la sua parola di saluto e di gratitudine. Oggi quella piazza ha preso il nome di “piazza 16 ottobre” e continua a vedere ogni anno raccogliersi migliaia di cittadini che non solo non vogliono dimenticare ma operano per stringere più fortemente e largamente legami di amicizia e di pace.
Mi sono sempre trovato come a casa nell’ufficio del rabbino al secondo piano del Tempio Maggiore con lui seduto nella scrivania con alle spalle una grande Menorà e accanto le Tavole della Legge. Parlavamo di tutto e con molta passione del dialogo tra ebraismo e cristianesimo che si intensificava sempre più, senza dimenticare i problemi pastorali comuni alle due comunità, ricordo la sua preoccupazione per la formazione dei ragazzi e dei giovani e l’attenzione che poneva alla grande questione relativa alla famiglia. A tale proposito mi ripeteva spesso: “Giovanni Paolo II ha intuito bene, qui ci troviamo di fronte ad una questione che ci riguarda tutti, sia come credenti che come cittadini!”. Il carattere gioviale, allegro e profondamente saggio, del rabbino rendeva ogni conversazione ricca di contenuti e sapienza.
Ovviamente molte altre cose sarebbero da dire sul ruolo straordinario avuto dal rabbino Toaff per la comunità ebraica romana, ma anche italiana ed europea, come pure per quel che riguardano i rapporti con la Chiesa Cattolica. Vorrei accennare a due eventi, partendo dallo storico incontro avvenuto nel Tempio Maggiore tra Toaff e Giovanni Paolo II. Era il 13 aprile del 1986, pochi mesi prima che avvenisse quello straordinario evento di Assisi con l’incontro dei responsabili delle grandi religioni mondiali per pregare per la pace. La visita di Giovanni Paolo II divenne argomento di qualche conversazione e il rabbino era consapevole del valore storico dell’evento. Mi disse che volle chiedere ai rabbini europei il parere. E decise positivamente. Non è questa la sede per raccontare quell’incontro. L’atmosfera dentro il Tempio era piena di emozioni, tutti consapevoli della importanza di quel “primo” incontro dopo due millenni. Arrivai qualche tempo prima del Papa e ricordo l’abbraccio commosso di Toaff che mi disse: “mi sembra un sogno”. Era una realtà. E molto – davvero molto – si deve a lui se questo incontro poté realizzarsi. In effetti – ed è la seconda cosa che voglio ricordare – era scattata una notevole simpatia di Giovanni Paolo II per Toaff. Nel corso del Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II voleva che la “sua” università di Lublino, nella quale aveva insegnato ma senza poter conseguire la stabilità per le opposizioni de regime comunista, conferisse la laurea honoris causa a tre personalità: per la Chiesa cattolica aveva indicato l’arcivescovo di Baltimora, il cardinale William Henry Keeler, il Patriarca ortodosso di Romani, Teoctist, e il Rabbino Toaff. Ricordo che mi chiamò il Papa dicendomi di convincere il rabbino ad andare e se c’era bisogno di accompagnarlo io personalmente. Il rabbino non poteva rifiutare un invito così pressante del Papa: ambedue sapevano cosa poteva significare per la storia la visita di un rabbino in quella università e insignirlo di un riconoscimento così alto. Stemmo assieme per quattro giorni, visitando le località – o meglio i resti – della presenza ebraica in quella regione della Polonia. Vissi con un lui un vero e proprio pellegrinaggio, con il rabbino che ogni vota restava commosso. E fu straordinaria l’accoglienza che ebbe all’università in quel pomeriggio del 7 novembre del 2000. E ricordo il compiacimento di Giovanni Paolo II che volle vedermi al ritorno. Per lui era ben di più che una semplice laurea honoris causa. E il rabbino lo capì perfettamente. E Toaff ancor più lo comprese – e se ne stupì il mondo intero – il giorno in cui fu letto il testamento di Giovanni Paolo II: in quelle pagine, oltre al segretario del Papa, mons. Stanislao, veniva ricordato solo il rabbino Elio Toaff.