Convegno annuale delle Famiglie di Maria
Volentieri sono venuto per darvi il mio saluto, ma anche il mio incoraggiamento, perché il cammino, come dice Don Francesco, non è facile ed è vero, anche perché mai i tempi sono stati facili.
C’è chi dice che ieri era più semplice, oggi più difficile…
Io credo che sia invece importante guardare il momento che stiamo vivendo con gli occhi stessi del Signore e della Sua Madre. Per un padre, per una madre, sapere che i figli e le figlie sono nella tentazione o nelle difficoltà non è mai una cosa tranquilla, quindi, in verità, chi è più preoccupato non siamo noi, semmai è il Signore e Maria, ma noi abbiamo però una consolazione, che è la consolazione della fede.
Che cosa vuol dire la fede? Nel linguaggio biblico vuol dire anche sostegno, roccia. Se poi la guardiamo da un punto di vista più spirituale, significa abbandono, significa fiducia, significa avere lo stesso atteggiamento che hanno i bambini verso i genitori. Quasi tutti voi siete madri e padri. La fede è come quando voi avevate i vostri bambini e spensierati venivano verso di voi. Nessun bambino dubitava che lo avreste accolto. Se no non avrebbe corso. Nessun bambino pensava che , arrivato vicino a voi, vi sareste scansati e sarebbe andato a sbattere vicino al muro.
Per questo Gesù dice: “dei piccoli è il Regno dei cieli”. Perché? Perché i piccoli si affidano. Noi, i grandi, siamo smaliziati, non sapienti, siamo dubbiosi, non fiduciosi, siamo diffidenti per tanti motivi. Diffidenti, perché nel mondo non c’è amore, quindi devo stare attento, perché se no mi mettono lo sgambetto, mi fanno cadere, mi rubano, chissà che mi fanno!?…Devo chiudermi, se no mi vengono dentro…
In un mondo così, davvero cresce l’erba cattiva della diffidenza, della sfiducia, della paura e, quindi, anche della difesa. Allora si ha paura e questa è anche una sottile , ma anche intelligentissima, tentazione del Diavolo. Si ha paura degli altri, se poi gli altri sono stranieri…! Se sono zingari , non ne parliamo…
L’altro ci fa paura e uno sembra di stare sicuro solo con se stesso.
Il primo grande nemico di noi stessi, siamo noi!
Dice la Bibbia, al capitolo 4 del libro della Genesi: “Il peccato è accovacciato alla porta del tuo cuore”. Non perché è come il cane da guardia, ma è come il serpente che, appena lasci uno spiraglio, entra. Di questo dovremmo aver timore, ma non lo abbiamo e il Diavolo dice : “Oh, guarda, i tuoi nemici sono fuori di te, non dentro di te”. Ha capito tutto. Infatti Gesù, che è più intelligente del Diavolo, dice: “ Non quello che viene da fuori ti rende impuro, ma quello che ti sta dentro”. Le maldicenze da dove nascono? Le diffidenze, gli odi, i conflitti.. Il vero campo di battaglia è il cuore. Il vero luogo dove si vince o si perde il Paradiso è il cuore.
Questo noi dobbiamo capirlo fino in fondo. L’attenzione al cuore è la cosa più importante, ma anche la più difficile. E noi siamo tentati di fuggire. Come? In tanti modi. Uno fa come Marta: gli affari, gli affari! La televisione! Questo terribile svuotamento del cuore, che hanno tanti nostri figli, che stanno ore e ore davanti alla televisione… e il cuore che si svuota! La paura del silenzio, la paura di venire qui in chiesa, ad ascoltare, a pregare… La paura a leggere il Vangelo:… non c’è tempo. La paura di pregare: si perde tempo, non serve a nulla!
Il cuore è il luogo più importante, il luogo dove si decide la nostra salvezza.
Questo vuol dire diventare uomini o donne spirituali, uomini o donne credenti. Prima delle cose da fare c’è il cuore; prima degli impegni da prendere, c’è il cuore, perché se il tuo cuore è avvelenato, si avvelenerà tutto. Se il tuo cuore non ha fiducia, rovinerai tutto quello che fai e il Signore guarda il cuore, cioè il Signore non ha bisogno di moltiplicare le parole e lo dice tante volte: “I pagani che fanno? Credono di essere sentiti, perché… “ Il Signore non ha bisogno che stiamo davanti a Lui per dirGli: “Ho fatto questo, ho fatto quest’altro…”
Il Signore ha bisogno del cuore, vuole il nostro cuore.
E cosa vuol dire il cuore? Vuol dire quello che ho accennato all’inizio, vuol dire l’abbandono totale a Lui; vuol dire l’innamoramento totale di Lui.
La fede non è sapere a memoria le verità del catechismo. Quelle le sa pure il Diavolo e anche meglio di noi. La fede è innamorarsi di Dio: Dio deve essere l’unico vero nostro tesoro, come dice Gesù: “ Laddove è il tuo tesoro, lì deve essere il tuo cuore”.
Ecco cosa vuol dire. Ma la fede non è un pacchetto. La fede appunto è un mistero del cuore e noi non lo capiamo senza l’aiuto di qualcuno, perché la superbia è molto radicata in noi e spesso ci fa fare brutti scherzi.
Ed ecco allora un breve pensiero sul Magnificat.
Perché la Madonna canta il Magnificat? O meglio, perché non lo canta subito dopo l’annuncio dell’angelo , ma lo canta dopo l’incontro con Elisabetta?
Se noi leggiamo il Vangelo, vediamo, al capitolo 2 di Luca, che Elisabetta, subito dopo che vede venire Maria sulla porta, le dice: “ Tu sei benedetta! A che debbo che la Madre del mio Signore viene a Me?”
Elisabetta, potremmo dire, ha come svelato alla Madonna il mistero che aveva dentro. Elisabetta ha come chiarito a Maria quel mistero di cui Lei era ormai depositaria. Ed a questo punto la Madonna canta il Magnificat:
“L’anima mia( il mio cuore), esulta in Dio, perché ha guardato la pochezza della sua serva.”
Non è che Dio ha guardato la virtù, l’umiltà di Maria. Ha guardato proprio la pochezza. Maria era proprio una piccola creatura, molto più giovane di tutte voi. Eppure il Signore l’ha scelta per diventare la Madre del Suo Figlio.
Ecco, Maria è l’esempio della fede, è l’esempio di come amare Dio.
Non è stato semplice per Lei, ha discusso con l’angelo, si è preoccupata delle parole che l’angelo le diceva, eccome!
E tuttavia il Signore, che voleva salvare il mondo intero, è andato nella periferia dell’Impero Romano. Non è andato né al Colosseo né al Foro Romano, che pure erano il centro dell’Impero.
Potremmo dire, se venisse oggi, che non è andato a New York.
E’ andato a Terni, ha trovato alcune donne, ha parlato con loro, ha voluto il loro cuore, il vostro cuore, perché anche attraverso il vostro cuore voi, che agli occhi degli uomini non contate nulla, voi potrete dare alla luce una splendida cosa, una splendida realtà.
Magnifica l’anima mia, magnifica le nostre anime, perché il Signore vi ha guardato, ha guardato la vostra povertà, ma ha accolto il vostro cuore, la vostra generosità, la vostra disponibilità. E anche voi, insieme a Lei, potete cantare il “Magnificat”.
Non è che finisce oggi, perché ancora molti potenti devono essere rovesciati, molti poveri devono essere amati, molti deboli debbono essere confortati, molti vostri familiari debbono riacquistare la gioia, molti figli debbono guardare con più speranza il futuro. Ma il “Magnificat” possiamo cominciarlo a cantare già da ora, perché il Signore vi ha fatto gustare cose belle, prima impensabili.
Anche questo alcuni anni fa non esisteva, oggi esiste: è una piccola cosa, ma bella: è un piccolo spazio di gioia, di festa ed anche le vostre preoccupazioni, i vostri dolori, li avete, lo so bene, e tuttavia li portate con maggior speranza, con maggiore forza, con maggiore serenità, perché il Signore, come ha rivolto il Suo sguardo a Maria, così lo rivolge su ciascuno di voi, perché possiate, assieme alla nostra Madre, la prima tra tutti noi, continuare a dire ogni giorno: “L’anima mia magnifica il Signore, perché Egli ha guardato l’umiltà della sua serva”. E’ il nostro canto, il vostro canto. Dovete cantarlo di giorno in giorno, di generazione in generazione, dovete farlo salire dal cuore, come salì dal cuore in quel giorno, quando Maria si incontrò con la cugina Elisabetta.
Io auguro a tutte voi che crescano gli incontri, che crescano le Marie e le Elisabette che si incontrano, perché è dagli incontri che nasce il “Magnificat”, non da soli: quando si apre la porta del cuore e si incontra l’altro come mandato da Dio, allora nasce il Magnificat. E’ il mio augurio per voi, per il vostro lavoro, per il vostro impegno. So, se pure non nei dettagli, il bene che il Signore ha già fatto, conosco le gioie che avete procurato, conosco le consolazioni che avete portato.
E allora mi verrebbe da dire quello che Gesù disse ai discepoli dopo l’incontro con la Samaritana: “ Alzate i vostri occhi, guardate i campi che già biondeggiano, la messe è molta, ma gli operai sono pochi”.
Non si riferiva solo ai preti! C’erano anche le operaie. Sono pochi, sono poche.
Il Signore oggi vi chiama ancora, perché il vostro amore, la vostra preghiera, quella catena di Ave Marie, quella catena evangelica che sta nelle vostre mani e che vi lega non solo a Terni, ma in tutte le città ove voi state, è una catena d’amore, è una catena forte, è quella catena che ci sorregge e non permette né ai venti, né ai fiumi quando straripano, di sommergerci o di spaccarci.
Questa catena d’amore vi sostenga e vi accompagni.
E’ la catena tenuta da Maria anzitutto, e arriva sicuramente al cuore stesso di Gesù. E il Signore benedica il vostro lavoro, benedica tutti coloro che vi sono cari e ricevete questa benedizione (Vengono portati avanti i cesti con le coroncine)
E con l’Ave Maria ci rivolgiamo al Signore Iddio
E IL Signore Dio Onnipotente, per intercessione della Madre Sua e Madre nostra Maria, volga il suo sguardo su di noi, su tutti coloro che ci sono uniti in questa catena del Rosario, ci liberi tutti dal male, ci sostenga con la forza del Suo amore, benedica questi rosari, che saranno nelle nostre mani come strumento di preghiera e ci accompagni lungo il corso dei nostri giorni nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen
E davvero la Madonna vi accompagni in tutti i vostri giorni.