Domenica dell’Ascensione
Dal vangelo di Marco 16,15-20
E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Il Signore Gesù “ascende” al cielo. Prima di morire aveva rassicurato i discepoli dicendo che sarebbe andato a preparare un posto perché fossero anche loro nel luogo dove lui andava. E, per tranquillizzarli, aggiunse: “Voi conoscete la via”. Tommaso, l’uomo delle cose concrete, con “i piedi per terra”, manifestò il disagio e la difficoltà a capire una via che conduceva al cielo chiedendo: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Dove vai? Qual è la via del cielo? È forse una via che richiede uno sforzo sovraumano? È per pochi eroi? Come possiamo seguirlo noi che spesso facciamo fatica a comprendere le vie della terra, che ci perdiamo nella confusione, nell’incertezza, nelle difficoltà, che non sappiamo scegliere? “Io sono la via”, aveva detto Gesù. Ed ora vuole mostrarla salendo al cielo. Volere bene a lui, incontrarlo nei suoi fratelli più piccoli, prendere sul serio la sua parola è la via del cielo. È possibile a tutti percorrerla.
La festa della Ascensione è quanto mai opportuna, oggi. Essa apre uno spiraglio sul futuro dell’intera creazione. Non è un futuro generico, più o meno ideologico e astratto, ma concreto: è un futuro fatto di “carne ed ossa come vedete che ho io”, potremmo dire parafrasando un’affermazione di Gesù. Egli per primo infatti inaugura il cielo entrandovi con tutto il suo corpo, con la sua carne e la sua vita. Da quel giorno, potremmo dire, il cielo di Dio inizia a popolarsi della terra o, con il linguaggio dell’Apocalisse, iniziano i “nuovi cieli” e la “nuova terra”. Li inaugura e li apre lo stesso Gesù. E vuole che tutti possiamo prendervi parte. Già sua madre, Maria, lo ha raggiunto, assunta anch’essa con il suo corpo. L’Ascensione è il mistero della Pasqua visto nel suo compimento, scorto dalla fine della storia. L’Ascensione non è solo l’ingresso di un giusto nel regno di Dio, ma la gloriosa intronizzazione del Figlio “seduto alla destra” del Padre. Questa raffigurazione, presa dal linguaggio biblico, esprime simbolicamente il potere di governo e di giudizio sulla storia umana del Cristo risorto: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” dice Gesù ai discepoli dopo la Pasqua (Mt 28,18). Non siamo più immersi in una storia senza orientamento, vittime del caso, degli astri o di forze oscure e incontrollabili.
Dobbiamo essere suoi testimoni. Gesù lo chiede a tutti, e non per un periodo, ma sempre. Non siamo discepoli per noi stessi, per sfruttare la sua bontà, per prenderci quello che ci interessa e credere di poterci realizzare da soli, per compiere un’introspezione continua su di noi ed essere sempre al centro. Non siamo discepoli per crederci migliori di altri. Siamo discepoli perché lui ci ha amati e scelti, e ci manda ovunque nel mondo per portare frutti di amore e di pace. Se non lo comunichiamo, l’amore finisce; se non lavoriamo per la pace, cresce l’erba della violenza e del male. C’è nel cuore di ogni discepolo di Gesù un’ansia di universalità. Il discepolo è un fratello universale, è cittadino del mondo, si sente a casa con tutti, è familiare di ognuno. Il discepolo parla la lingua nuova, quella del cielo, la lingua dell’amore, che tocca e cambia i cuori. Il discepolo scaccia i demoni, cioè i pensieri di solitudine, le abitudini di vendetta, di odio, di divisione, di inimicizia che spesso diventano come un demone che deforma i cuori e rende impossibile che gli uomini sappiano vivere in pace tra loro. Comunica il Vangelo non l’uomo perfetto, l’esperto, il puro, non chi si mette a fare da maestro e spiega una lezione. Comunica il Vangelo chi, peccatore come è, sceglie la forza dell’amore verso tutti, soprattutto chi è povero e debole. Questa è la via del cielo. Fanno un po’ tristezza coloro che scrutano i cieli (penso agli oroscopi…) in cerca di segni di protezione per sfuggire alla paura e all’insicurezza della vita. Il Signore asceso è il nostro cielo e la nostra sicurezza. Egli ci attrae verso il futuro che lui ha già raggiunto in pienezza. Ai discepoli di ogni tempo conferisce il potere di dirigere la storia e il creato verso questa mèta: essi possono scacciare i demoni e parlare la lingua nuova dell’amore; possono neutralizzare i serpenti tentatori e vincere le insidie velenose della vita; possono guarire i malati e confortare chiunque ha bisogno di consolazione. È questa forza che sostiene e guida i discepoli sino ai confini della terra e verso il futuro della storia. Il Vangelo di Marco conclude: “Partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro”.