Editoriale per Famiglia Cristiana – 9 aprile 2006

Rahman, un esempio che ci rende più forti

LA TESTIMONIANZA DELL’AFGHANO CONVERTITOSI AL CRISTIANESIMO

RAHAMAN, UN ESEMPIO
CHE CI RENDE PIÙ FORTI


La liberazione di Abdul Rahaman, l’afghano convertitosi al cristianesimo, ha provocato una durissima reazione in Afghanistan, compresa quella del vicepresidente della Commissione (statale) dei diritti umani, Ahmad Fahaim Hakim, il quale ha ribadito: «La Costituzione del nostro Paese è basata sulla Sharia. E chi rinnega l’islam merita la morte».


Purtroppo non si tratta di casi isolati. Varie persone convertitesi dall’islam al cristianesimo sono di fatto condannate a morte, magari anche soltanto dai parenti, senza ricorrere alla legge.


Questo fatto ci ricorda quanto sia ancora lunga la strada per l’affermazione piena della libertà di coscienza e di religione in tante parti del mondo. Benedetto XVI, nell’Angelus del 26 marzo, ha voluto ricordare e incoraggiare «quelle comunità che vivono nei Paesi dove la libertà religiosa manca o, nonostante l’affermazione sulla carta, subisce molteplici restrizioni».


E, rivolto a tutti, aggiungeva: «La loro testimonianza… e soprattutto il sacrificio di quanti sono stati uccisi ci sono di edificazione e di sprone a un impegno evangelico sempre più sincero e generoso». Queste parole richiamano la dura realtà nella quale tanti cristiani vivono e chiede a noi di trarne edificazione.


Molte riflessioni e interrogativi vengono in mente di fronte a quanto è accaduto a Rahaman. Vorrei sottolinearne due. La prima considerazione riguarda l’urgenza di una politica molto più efficace per affermare ovunque nel mondo il diritto alla libertà di coscienza e di religione che è alla base di un mondo umano e pacifico. La storia ci insegna quanto sia errato imporre la fede con la forza. Per questo il principio della libertà di coscienza va difeso con decisione. E quanto continua ad accadere richiede un impegno ben più deciso della comunità internazionale verso quei regimi ove tali diritti non vengono rispettati.



Fa pensare che un Paese come l’Afghanistan, ove ci si è impegnati in maniera così massiccia, preveda ancora nella legislazione la condanna a morte per la conversione religiosa. Non bisogna più tardare. Sarebbe tuttavia una strada errata pensare che l’auspicato principio della reciprocità possa portare a negare la libertà di coscienza e di religione di chicchessia in Occidente come misura di ritorsione.


Ci sono mezzi ben più efficaci nei rapporti politici, diplomatici ed economici che devono essere messi in campo.


La seconda considerazione vorrei farla a partire dalla testimonianza di Rahaman. Appena giunto in Italia ha detto: «Sono 11 anni che soffro ma non ho mai avuto paura di morire, perché con me ho la fede». E di fronte all’abbandono della sua terra e della sua stessa famiglia ha commentato: «È il prezzo per la mia fede». Forse qualcuno penserà – come del resto alcuni familiari hanno sostenuto – che sia “matto” (chi ha avuto a che fare con lui dice che «non è né ossessionato né integralista»).


La sua richiesta, inoltre, di avere una Bibbia per poterla leggere “in pace” perché «questo è il mio desiderio più profondo», ci fa riflettere sulla forza della fede, quando si nutre della Bibbia.


E in effetti da essa i cristiani possono attingere maggiori e più forti energie spirituali per affrontare la loro missione all’inizio di millennio. E Rahaman, che si è rifiutato di rinnegare la fede in Gesù anche a costo della morte, ci invita a vivere con serietà anche qui in Occidente la nostra fede cristiana.


PAGLIA, PREMIO DA MOSCA


Il 30 marzo il patriarca della Chiesa ortodossa russa, Alessio II, ha conferito a monsignor Vincenzo Paglia l’onorificenza del “Terzo centenario di San Danilo principe di Mosca” nel corso di una cerimonia che si è svolta nella sede del Patriarcato nella capitale russa.


Si tratta di un riconoscimento che sottolinea il contributo dato da monsignor Paglia per incrementare e favorire il dialogo tra la Chiesa russo-ortodossa e quella cattolica. L’incontro tra Alessio II e monsignor Paglia segue quello di tre anni fa, quando il vescovo consegnò al patriarca di Mosca delle reliquie di San Valentino, patrono di Terni, santo venerato anche in Russia.


(da Famiglia Cristiana del 9 aprile 2006)