Francesco: in un mondo in guerra, serve la tenerezza degli anziani

di Andrea De Angelis 

Le carezze, gli abbracci, l’essere chiamati per nome sono elementi nella vita di tutti e ciascuno che non conoscono il filtro dell’età. Contano per ogni persona, al di là della cultura, delle diverse religioni e appartenenze politiche. Anche, dunque, dell’età. La Giornata internazionale per le persone anziane, che si celebra ogni anno il primo giorno del mese di ottobre, intende accende i riflettori sul ruolo importante che questi individui hanno nella società, sui diritti che non vengono meno con il passare degli anni, sulla dignità di ogni singolo cittadino, qualunque sia la sua data di nascita. Il Papa, per l’occasione, con un tweet esprime ancora una volta la sua premura verso questa categoria di uomini e donne spesso vittime della cultura dello scarto. Dall’account @Pontifex in nove lingue Francesco scrive:

Noi persone anziane abbiamo spesso una sensibilità speciale per la cura, per la riflessione e per l’affetto. Siamo, o possiamo diventare, maestri della tenerezza. Abbiamo bisogno, in questo mondo abituato alla guerra, di una vera rivoluzione della tenerezza! #IDOP

Le catechesi di Francesco 

Già quest’anno il Papa aveva dedicato un ampio ciclo di catechesi alle persone in età avanzata. Francesco, in un percorso ricco di moniti e meditazioni, spiega che gli anziani, “mai così numerosi come adesso”, sono spesso visti come un peso, soprattutto quando prevale la “cultura dello scarto”. La vecchiaia, in realtà, è un dono di maturità e di saggezza “per tutte le età della vita”: essere anziani, ricorda, è “altrettanto importante e bello che essere giovani”. Gli anziani, ribadisce, trasmettono la storia, custodiscono la fede. Il mondo ha bisogno di “giovani forti” e di “vecchi saggi”. La vita dell’anziano è “un congedo lento”, ma “un congedo gioioso”. Dell’importanza di queste catechesi parla anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, intervenuto in diretta su Radio Vaticana nel corso della trasmissione di Doppio Click dedicata alla Giornata internazionale.

Chiamatela quarta età 

Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria per la popolazione anziana (istituita a Palazzo Chigi), ha sottolineato l’importanza del dialogo tra le generazioni, affermando il valore inestimabile, ad esempio, del tempo trascorso dai nonni con i nipoti. Un dialogo che diventa vicinanza, tenerezza, presenza e genera un arricchimento reciproco. Quindi l’appello alla creatività, rivolto in particolare ai pensionati chiamati a dare un senso profondo alla loro vita anche dopo la fine dell’impegno lavorativo.

Monsignor Paglia, partiamo proprio da questo aspetto: la vecchiaia come un privilegio, nella consapevolezza di essere arrivati a quella che viene chiamata la terza età. Quanto è importante sottolineare questo concetto?

Credo che sia decisivo farlo. Per la prima volta nella storia dell’umanità esiste la vecchiaia di massa e siamo già dinanzi alla convivenza di quattro generazioni. Parlare di terza età è riduttivo, siamo alla quarta età: i bambini, i giovani, gli adulti e gli anziani. Come un palazzo di quattro piani, pieno di gente, in maniera purtroppo un po’ squilibrata e dove l’ultimo piano è un po’ affollato. C’è un pericolo: l’assenza di scale e di ascensori in questo palazzo. Cioè la mancanza di comunicazione tra le generazioni. Dunque è decisivo pensare alla ricchezza che gli anziani portano alla società. Non sono un peso e uno scarto, sono una risorsa! Abbiamo calcolato che in Italia il lavoro svolto dai nonni con i nipoti, tradotto sul piano economico, equivale ad una finanziaria. C’è un rapporto tra nonni e nipoti che è fatto di complicità, affetto e simpatia. Portano ai nostri piccoli un fiume di affettività in una società troppo anaffettiva: i genitori hanno da fare, non passano del tempo con i figli che a loro volta stanno ore davanti al computer, in una bolla virtuale con tutti i rischi e le privazioni che questo comporta. Pensare ad una Giornata internazionale nella quale gli anziani possono tornare ad essere al centro dell’attenzione di tutti, secondo me è salutare. Ne abbiamo davvero bisogno.

Eccellenza, poco più di un anno fa avete presentato al presidente Draghi la Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società. Ci dice almeno un dovere della società, e dunque di tutti noi verso gli anziani?

Quello di amarli, di volergli bene. Il virus più pericoloso della vecchiaia è la solitudine e il vaccino indispensabile è l’affetto. Visitare queste persone ci permette di sconfiggere la piaga più terribile, quella dell’abbandono. Non ci costa nulla, lo possono fare tutti: i piccoli, gli adolescenti, i giovani e gli adulti. Quando nella Bibbia si parla di onorare il padre e la madre il riferimento è proprio agli anziani. Onorarli, aggiunge il Libro del Siracide, anche quando perdono il senno. Pensiamo all’Alzheimer: molti credono che queste persone siano da scartare. Si tratta invece di un patrimonio di sentimenti enorme che va accolto e curato. Noi abbiamo voluto sottolineare, con questa Carta, i diritti degli anziani: essere visitati, chiamati per per nome, aiutati; e i doveri che la società ha verso di loro.

Essere accanto, farsi prossimi anche quando, penso proprio a chi è affetto da alzheimer, si fa fatica a riconoscere la persona che si ha vicino. Monsignor Paglia, c’è anche un’altra categoria, diciamo così, di anziani a cui prestare attenzione: quella dei pensionati. Spesso il passaggio dalla vita lavorativa alla pensione può risultare traumatico, si perde il senso della propria esistenza dopo decenni di impiego quotidiano. Cosa si sente di dire a queste persone?

Io ho scritto ultimamente un volume intitolato “L’età da inventare”. In effetti c’è da inventare, perché noi viviamo rispetto al passato decenni in più. Pensiamo a cosa ci siamo inventati per i primi trent’anni di vita: asilo, elementari, medie, liceo, università e via dicendo. Quando si va in pensione si può vivere ancora per trent’anni, e cosa abbiamo ideato? Nulla! C’è bisogno di una creatività nuova, comprendere come vivere questi anni. Le catechesi di Papa Francesco sulla vecchiaia sono il primo libro dedicato al modo in cui vivere questo tempo cristianamente. La prima volta che un Papa ne parla, che esce un volume su questo. Rispondendo alla sua domanda, un anziano di settant’anni può fare volontariato, può continuare a lavorare, ripensando il rapporto con la società. Ci sono già oggi in Italia associazioni di pensionati che si organizzano per aiutare altri che stanno peggio. Certamente l’alleanza tra giovani e anziani è una prateria di invenzione, possiamo metterci davvero insieme per la vita di chi non ha ancora un lavoro inteso in modo tradizionale, ma forse è il caso di cambiare anche il concetto di lavoro. Si può inventare un lavoro non retribuito in maniera analoga, ma che attraverso piccole sovvenzioni possa interessare, ad esempio, il mondo dell’artigianato.

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