Funerale del vescovo Franco Gualdrini a Santa Maria Maggiore
Eminenze, eccellenze, cari sacerdoti, care sorelle e cari fratelli,
ci siamo raccolti attorno all’altare per dare il nostro ultimo saluto a Mons. Gualdrini e consegnarlo nelle mani del Signore. Questa Basilica lo ha visto spendere con generosità e passione, per dieci anni, gli ultimi della sua vita, le sue energie sacerdotali. Mi diceva non molti giorni fa che, una volta guarito, sarebbe tornato a svolgere il suo ministero a Santa Maria Maggiore. Questa Basilica l’amava con particolare affetto. L’amore alla Madre di Dio era uno dei cardini della sua vita spirituale e pastorale. Nel testamento descrive l’intero itinerario della sua esistenza scandendolo con i nomi dei diversi titoli di Maria dei luoghi ove ha svolto il suo ministero, dall’Immacolata di San Francesco di Faenza, a Santa Maria della Misericordia della cattedrale di Terni, alla Salus populi romani di questa patriarcale Basilica. Ringrazio l’Ariciprete, l’eminentissimo cardinale Francis Law, e tutti i capitolari, per questa celebrazione funebre con la quale consegniamo questo servo fedele nelle mani del Signore.
La sera della domenica, poco prima di morire, ha voluto che stessi con lui e che pregassimo assieme, e con le due suore, come se prevedesse la sua partenza, ha voluto che il Magnificat, questa volta, fosse cantato. E’ con l’eco nel cuore di questo canto, accanto all’immagine di Maria, salus populi romani, che vogliamo salutarlo mentre inizia questo suo ultimo tratto di cammino che lo separa dal cielo. “Il Signore mi ha donato lunghi anni di vita”, mi diceva in questi ultimi tempi, era lieto della vita che il Signore gli aveva permesso di compiere. Aveva solo chiesto di essere liberato da una morte improvvisa: “perché – scrive nel testamento -, quando verrà, desidero prepararmi alla morte, confidando nella tua misericordia”. E così è stato. Domenica ha ricevuto il santo Viatico a casa, nel suo letto, e al termine del Giorno del Signore ha chiuso la sua vita terrena. Ci ha mostrato come muore un vescovo della Chiesa. Aggiunge nel testamento: “Sono certo – nella fede, speranza e carità – che attraverso la morte potrò essere accolto tra le tue braccia, accompagnato da Maria e dai miei santi Patroni, in Paradiso”.
Care sorelle e cari fratelli, ci uniamo anche noi a Maria e ai santi Patroni per consegnarlo al Signore. Lo accompagnate voi amici antichi che lo avete visto fin da giovane qui a Roma, voi amici – o meglio figli – che lo avete avuto rettore nell’Almo Collegio Capranica, voi carissimi membri del Capitolo della Basilica che egli sentiva fratelli suoi carissimi, e lo accompagniamo noi della Chiesa di Terni che abbiamo avuto la gioia di averlo vescovo, fratello ed amico. Lo accompagniamo con la nostra preghiera, oggi in questa Basilica e domani nella cattedrale di Terni, ove ha voluto essere sepolto. Ma è Gesù stesso, che lo ha scelto come suo ministro, a pregare per lui: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato” (Gv 17, 24), abbiamo ascoltato dalla preghiera sacerdotale di Gesù. E mons. Gualdrini che per tanti anni ha ripetuto sull’altare le parole stesse di Gesù gli sarà accanto nell’altare del cielo. E tra noi resta la memoria di un vescovo, di un prete che parla con autorevolezza in questo anno sacerdotale.
Figlio della Chiesa di Faenza, Mons. Gualdrini ne ha assorbito quella sapienza sacerdotale che tante figure di preti e di vescovi hanno segnato la vita della Chiesa. Mons. Gualdrini ha assorbito tale tesoro di sapienza sacerdotale e lo ha riversato nei numerosissimi giovani che ha formato nel seminario di Faenza, per undici anni, e poi nell’Almo Collegio Capranica. ove succedeva a mons. Mons. Gualdrini giunse al Collegio nell’ultima fase del Concilio Vaticano II e, di fatto, è stato per il Capranica il rettore di tutta la prima lunghissima fase del postconcilio. Quando nel 1983 lascerà il Collegio per il servizio episcopale a Terni-Narni-Amelia eravamo ormai nel pieno del pontificato di Giovanni Paolo II. Molti hanno ammirato la lucidità con cui ha seguito questa fase difficilissima, preparando un grande numero di presbiteri, italiani e non solo, a vivere il ministero nelle nuovo e prospettive conciliari e nelle complessità che la cultura pubblica andava assumendo anche in Italia.
Arrivato al Collegio nel 1964 riuscì, in breve tempo a riorganizzarne il patrimonio. E già dopo cinque anni riuscì a inaugurare un sistema di borse di studio, che, di fatto, ricuperava l’intuizione originale del Cardinale Domenico Capranica, fondatore del Collegio nel 1457. E’ stata una delle numerose manifestazioni concrete del suo impegno di educatore di preti per la Chiesa del XX secolo. Per quasi un ventennio mons. Gualdrini ha guidato il collegio con una dedizione, assoluta, calorosa, unita a una fedeltà costante alle singole persone degli alunni e degli ex alunni. Era evidente a tutti che il rettore non solo amava i propri alunni e li seguiva minuziosamente, ma in molti casi li ammirava in senso vero e proprio facendoli crescere con la sua stima incoraggiante. Ha fatte sue le esortazioni di Paolo a Timoteo: “Annuncia la Parola,, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”. Voi tutti, carissimi vescovi e preti ex-alunni, potreste commentare con ricchezza di esempi queste parole scorrendo l’opera di educatore di mons. Gualdrini. Voi siete la sua corona più bella che, assieme a quella della diocesi di Terni-Narni-Amelia, egli presenta al Signore e con qualche orgoglio. E, mentre si avvia verso il cielo, sentiamo l’eco delle parole dell’apostolo a Timoteo: “è giunto il momento che io lasci questa vita, ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”(2Tim 4,8).
La sua tensione educativa lo ha portato ad allargare la sua azione pastorale. In collaborazione con il capranicense mons. Bartoletti, Segretario Generale della C.E.I. e Presidente della “Pontificia Commissione per la promozione della donna nella Chiesa e nella Società”, voluta da Papa Paolo VI nel 1972, mons. Gualdrini lavorò tenacemente al progetto della Comunità Santa Cecilia, una istituzione ecclesiale guidata dalla Commissione episcopale per il Collegio Capranica, destinata a sostenere ragazze inviate dalle diocesi a Roma per affrontare studi teologici di eccellenza. Questa comunità femminile, ancora attivissima, che nel coso degli anni ha contribuito alla formazione di oltre trecento giovani donne, fu per mons. Gualdrini – proprio fino ai suoi ultimi giorni – motivo di gioia e di orgoglio confessato e oggetto privilegiato di attenzione costante.
Questa passione educativa lo ha accompagnato anche nei diciassette di episcopato a Terni. Ha continuato a preferire l’educare al comandare; per questo amava il colloquio, confidava nella persona umana, nella sua coscienza e nella sua libertà. Voi tutti siete testimoni del suo carattere solare, immediato, diretto, condiscendente. La sua gioia era la comunione concreta, direi lo stare fisicamente accanto alle persone. E’ stato di quelli che hanno accolto con gioia il Concilio, ritenendolo una straordinaria grazia dello Spirito alla Chiesa del Novecento. Sentiva la responsabilità di essere vescovo della Chiesa diocesana di Terni-Narni-Amelia. Ed era orgoglioso di essere stato vescovo solo di questa Chiesa. E ha voluto scegliere per questo di essere sepolto nella cripta della Cattedrale che lui stesso ha voluto restaurare.
Senza mai rinnegare le proprie origini socialmente e culturalmente elevate, mons. Gualdrini amò tutto il popolo di Dio, in tutte le sue componenti: preti ma anche tanto i laici, e particolarmente attento fu alle donne, nella Chiesa e fuori ed anche oltre i confini. Volle con determinazione che la Diocesi si proiettasse nella cooperazione missionaria fondando una parrocchia a Ntambue nella Repubblica Popolare del Congo che più volte ha voluto vistare. Nella preparazione al Giubileo del 2000, anno nel quale terminava il ministero episcopale a Terni, volle scegliere come punto focale la santità, e – ancora una volta nella linea di radicale coerenza al Concilio – la chiamata di tutti alla santità. Sentiva la santità come il culmine stesso del ministero episcopale. E la propose con coraggio in tutte le sedi, ecclesiali e non. E la esigeva anzitutto da sé. Nel testamento, dopo aver lodato e ringraziato il Signore per i tanti benefici ricevuti, tratta il tema della santità e lo fa con il suo modo proprio: “Invece, invece la santità! Oh! Sempre agognata, mai raggiunta, la grande nostalgia che mi rimane nel cuore. Compatiscimi, Signore, per non averla voluta perseguire sufficientemente o, meglio, per non essermi sufficientemente aperto ad accogliere questo tuo dono supremo”.
Oggi, ricordiamo un altro vescovo, mons. Oscar Arnulfo Romero, ucciso sull’altare proprio in questa stessa ora, trenta fa. La santità, diceva Romero, è martirio, ossia dare la propria vita per il Signore e per tutti. In una omelia per un prete assassinato, diceva: “Non tutti, dice il Concilio Vaticano II, avranno l’onore di dare il loro sangue fisico… Dio però chiede a tutti coloro che credono in lui lo spirito del martirio… dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Come la dà la madre, che senza timore, con la semplicità del martirio materno, dà alla luce, allatta, fa crescere e accudisce con affetto suo figlio. E’ dare la vita …”. Cari amici, i discepoli, siano essi vescovi, preti, laici, mamme, papà, tutti sono chiamati al martirio, a dare la propria vita per il Signore. Mons. Gualdrini amo vederlo tra questi. Oggi sta davanti a noi, debole eppure forte. Forte per aver speso tutta la sua vita come prete e come vescovo.
Chiediamo al Signore di accoglierlo tra le sue braccia. E chiediamo a lui di intercedere per noi perché possiamo camminare sulla via della santità seguendo il Signore e servendo coloro che ha affidato alle nostre cure.