Funerale di don Antonio Marchetti

Funerale di don Antonio Marchetti

Care sorelle e cari fratelli,


 


la cattedrale, questa mattina, ha spalancato le sue porte per accogliere uno dei suoi preti, uno dei suoi servi migliori. Quante volte questa cattedrale lo ha visto entrare tra le sue mura e rivolgere a Dio la sua preghiera. Potremmo dire che fin da bambino – fu così anche per Samuele – don Antonio frequentava questo luogo santo.


 


Potremmo dire che è cresciuto all’ombra della cattedrale. E oggi essa, come una madre, lo accoglie per questo ultimo incontro, per questa ultima sosta prima di consegnarlo al Padre. E anche le mura sembrano segnate da quel senso di tristezza che giunge ogni volta che siamo costretti a dare l’addio.


 


E pensare che proprio oggi don Antonio festeggia i suoi 96 anni. Nacque novantasei anni fa a Bari, per venire poi subito a Terni. Don Antonio, qualche giorno fa, pensando a questo suo compleanno, diceva ai suoi familiari: “ci troviamo giovedì tutti assieme”. Ed eccoci, tutti assieme, voi cari familiari e tutti noi, quest’unica grande famiglia, per la quale don Antonio ha speso la sua vita, ritrovarci attorno a lui per dargli il nostro ultimo saluto.


 


Un pensiero non mi ha lasciato in queste ore. Noi festeggiamo i santi nel giorno della loro morte, della loro nascita al cielo. E per don Antonio, davvero in maniera singolare, oggi festeggiamoli suo compleanno terreno e la sua nascita al cielo. Noi siamo tristi – e come non esserlo? – ma nel cielo – è la fede che ce lo suggerisce – c’è festa per questo figlio che entra per ricevere dal Signore la corona di gloria. E troverà il Signore ad attenderlo con le braccia allargate. E vicino ci sarà Maria, e assieme i genitori di don Antonio, e come non vedere anche Giunio? Purtroppo non sono stato capace di fargli sentire la gioia di vederlo proclamato “venerabile”. Proprio in questo tempo si sta esaminando la causa di Giunio! Ma chissà, non ho dubbi che don Antonio insisterà non poco presso Giunio perché la sua intercessione operi per realizzare il miracolo necessario per la beatificazione. Ma, assieme a Giunio, ci saranno tutti coloro che nei lunghi anni di sacerdozio don Antonio ha aiutato ad affidarsi alla misericordia di Dio. Questa schiera numerosa di suoi figli spirituali, di suoi amici, di persone che forse neppure lui sapeva di aver aiutato, questa schiera numerosa sarà la sua corona di gloria nel cielo. E anche noi sentiamo sulla terra l’eco di quella voce che nel cielo dice: “Vieni servo buono e fedele… prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21). Potremmo dire che questa santa liturgia è l’eco di quella voce divina.


E noi con convinzione, con le lacrime, ma con riconoscenza possiamo confermare che  don Antonio è stato davvero un servo buono e fedele del Signore e della sua Chiesa. E questo è apparso sin da quando – era ancora bambino – scelse di avviarsi al sacerdozio. Molte volte mi ha raccontato il suo incontro con monsignor Boccoleri per descrivermi l’inizio della sua vocazione: il vescovo che dialoga con quel ragazzo sulla chiamata di Dio alla vita sacerdotale. E’ un’immagine antica, analoga a quella di Samuele ed Eli, l’anziano sacerdote che suggerisce le parole e l’atteggiamento giusto per ascoltare il Signore. Don Antonio mi raccontava, con devozione direi, quell’incontro e quel colloquio. A lui ogni volta gli sembrava di rivedere il vescovo che lo riceve nel suo studio e prende dalla sua biblioteca un piccolo libro. Era il volumetto sulla devozione alla Madonna, di San Grignon de Monfort. Glielo consegnò perché lo leggesse. “Lo lessi avidamente”, mi raccontava don Antonio. Da allora sbocciarono in lui i suoi due grandi amori: il sacerdozio e Maria. Sono due amori che in lui divennero uno solo e che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita, senza mai interrompersi. In essi si racchiude l’intera esistenza di don Antonio. E ognuno di voi potrebbe riempire di episodi, di pensieri, di ricordi, di insistenze, di invenzioni, la vita di don Antonio con le testimonianze concrete di quanto in lui fosse straordinario l’amore per Maria e l’amore per i sacerdoti. Mi diceva che da allora – era appena un ragazzo – ha dedicato tutta la sua vita, tutto il suo amore per Gesù e per la salvezza delle anime. E quando diceva la parola “dedicato”, la sottolineava con energia. Ed era per me ogni volta un richiamo evangelico. E mi dicevo: era ragazzo e aveva compreso le parole del Vangelo che abbiamo ascoltato: “Chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi perde la sua vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8, 35).


Don Antonio ha traversato la gran parte del Novecento con questa tensione di amore nel cuore e nella mente. Pur con i limiti che ciascuno di noi ha, don Antonio, di decennio in decennio – e come non ricordare i terribili anni della guerra, quando si recava tra le macerie per confortare i feriti o raccogliere i morti -, sino ad oggi non ha mai cessato di spendere in ogni modo la sua vita per Gesù e per la Chiesa.


 


Oggi, salutiamo un operaio fedele di questa Chiesa diocesana che lo ha visto ricoprire vari incarichi: è stato “cancelliere” per tanti anni, poi assistente dei Laureati cattolici e dell’Azione cattolica femminile, direttore dell’Apostolato della preghiera, animatore della pastorale vocazionale e infine parroco della parrocchia di Santa Croce qui a Terni. Ma oltre gli incarichi il ministero di don Antonio è qualificato soprattutto dalla sua passione sacerdotale. Davvero lo zelo delle anime lo bruciava dentro. Ed è proprio questa passione missionaria che lo fa risplendere davanti a noi. La passione per la salvezza delle anime. Per la salvezza degli altri, don Antonio ha speso tutta la sua vita, le sue giornate, spesso anche le notti. La sua più alta preoccupazione è stata la comunicazione del Vangelo a tutti non in maniera astratta, non pago di aver annunciato la verità, questo non gli bastava, don Antonio voleva che la verità del Vangelo giungesse  sino al cuore della gente, sino a commuoverla e portarla al Signore. Ha sempre avuto, anche quando ormai gli anni correvano, questa straordinaria passione missionaria che lo spingeva a creare iniziative, a provocare occasioni. Mi ha sempre sorpreso la sua vivacità nel campo apostolico. Sì, voleva a tutti i costi guadagnare le anime a Dio. Aveva compreso che non serve a nulla guadagnare per se stessi anche il mondo intero. E questo è un insegnamento particolarmente prezioso ai nostri giorni, quando tutti rischiamo di lasciarci corrompere il cuore dalla cupidigia di accaparrare per noi stessi. Don Antonio, ha cercato di coinvolgere tanti. Anche in questi ultimi tempi non ha cessato di pubblicare opuscoli, di inventare in ogni modo una strada per guadagnare gli uomini e le donne a Gesù. In questo ha imitato Giunio che dal suo letto emanava una straordinaria passione di amore.


 


Don Antonio è stato un servo, un operaio che ha lavorato siano all’ultima ora. Quanti ricordi ho io, che l’ho conosciuto solo in questi ultimi nove anni, di questa sua passione! Molti di voi potrebbero parlarne in maniera ben più ampia. E tutti comunque conveniamo che per don Antonio quel che contava era guadagnare il mondo a Dio. Per questo non si è mai vergognato del Vangelo davanti a questa generazione che tanto spesso rischia di perdere la via della vita. E oggi stesso – ricordando le parole che abbiamo ascoltato dal vangelo – Gesù non solo non si vergogna di questo suo figlio, ma con qualche orgoglio, osiamo pensare, lo presenterà al Padre perché lo accolga tra i suoi santi.