Health in Global Perspective – intervento di apertura
Diciotto mesi fa concludevamo la nostra Assemblea all’Auditorium di via della Conciliazione: eravamo più di mille persone e partecipavamo alla firma della Rome Cal for AI Ethics. Il Covid-19 cominciava a destare serie preoccupazioni ed eravamo alla vigilia, all’epoca non prevedibile nella sua portata, della sospensione delle attività. Anzi la nostra è stata l’ultima iniziativa pubblica che si è potuta tenere in Vaticano.
Oggi, dopo questi terribili mesi, ci ritroviamo insieme, gli accademici che hanno potuto venire fino a Roma in presenza, molti altri connessi attraverso quelle modalità telematiche che tutti abbiamo imparato a usare. Leggo questa consistente partecipazione al nostro workshop come segno del desiderio di riprendere con determinazione il cammino e di tornare a incontraci di persona con tutta la ricchezza che questo comporta. Vi ringrazio dunque per la vostra presenza numerosa.
Ripartiamo non come se niente fosse capitato, ma anzi con la chiara consapevolezza sia delle perdite che abbiamo subito sia delle manifestazioni di solidarietà e di generosità che si sono espresse in questo periodo. Proprio per evitare che questo tempo sia trascorso invano, vogliamo rileggerlo insieme. Vogliamo ascoltare con attenzione quanto è accaduto, soffermandoci sulle lezioni che possiamo trarne e che sollecitano la nostra responsabilità. Il nostro Workshop sul tema della «Salute pubblica in prospettiva globale» non è una riflessione sulla pandemia. Perché l’intento è di volgere lo sguardo non indietro, ma verso il futuro, e di individuare i cambiamenti che dobbiamo operare.
Il lavoro dell’Accademia: documenti pubblicati
L’Accademia ha cercato immediatamente di comprendere quello che la pandemia stava manifestando e i cambiamenti che sollecitava all’interno della società e nel cuore di ciascuno. Per questo si è impegnata fin dall’inizio in una serie di riflessioni a cui molti di voi hanno contribuito in modo sollecito e competente. Anche di questo vi ringrazio! Abbiamo così pubblicato alcuni documenti su diversi temi, ma tutti caratterizzati da un tratto comune: quello di partire dalla domanda (sapienziale) sul senso degli eventi che stavamo attraversando. La nostra convinzione è che se non si pone in primo piano questa domanda ogni risposta rimarrà in superficie: si tenteranno risistemazioni pragmatiche, per migliorare efficienza e organizzazione, ma non si toccheranno i nodi più profondi che invece vanno affrontati.
Nei primi due documenti – “Pandemia e Fraternità Universale” (30 marzo 2020) e “L’Humana Communitas nell’era della Pandemia” (22 luglio 2020) – questa impostazione era particolarmente sottolineata. Ci siamo interrogati su come la vulnerabilità, la perdita e il limite non possano essere un ostacolo alla ricerca di senso della nostra esistenza e della convivenza sociale, ma ne siano elementi costitutivi. E allo stesso modo abbiamo lavorato per alimentare una speranza che non viene sconfitta dalla malattia e dalla morte. In seguito l’attenzione si è diretta su quelle porzioni della società che sono segnate da maggiori fragilità e sulla solidarietà a cui esse ci chiamano: “La vecchiaia: il nostro futuro” del 9 febbraio 2021, i disabili: “Covid 19: imparare dalle persone con disabilità” del 15 giugno 2021 e, infine, il testo più recente sui bambini che sarà pubblicato nei prossimi giorni. L’Accademia ha anche partecipato attivamente alla Commissione Vaticana Covid-19, istituita da papa Francesco nel Marzo 2020. Diversi documenti fra quelli che abbiamo appena menzionato sono stati sottoscritti insieme. In particolare, la collaborazione si è rinsaldata per redigere e diffondere la Nota sul tema dei vaccini, per la cui equa e universale distribuzione ci siamo molto impegnati (Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano, 29 dicembre 2020).
Il nostro Workshop e il suo sfondo
Per venire ora al Workshop che stiamo avviando, vorrei sottolineare come lo sfondo su cui è stato pensato è quello del messaggio centrale di Papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti: siamo parte di un’unica famiglia umana e nessuno potrà salvarsi da solo. Occorre individuare gli snodi che nelle nostre relazioni conducono a mantenere aree di benessere di pochi, a scapito di tanti. L’individualismo oggi deve cedere il passo a un “Noi” sempre più ampio e inclusivo, che traduca in pratica una effettiva “amicizia sociale”. È un’esigenza che viene da una visione dei rapporti e degli equilibri mondiali basata su quanto in questi mesi stiamo sperimentando e che il Vangelo ci aiuta a comprendere meglio e a praticare con maggiore intensità. Mai come in questo periodo abbiamo percepito quanto la salute di ognuno sia collegata a quella di tutti e l’importanza di considerare ogni persona su un piede di uguaglianza con le altre. È quindi inammissibile che, attraverso il privilegio di alcuni, altri vengano penalizzati. Differenze, disparità e disuguaglianze negano questa fondamentale evidenza e vanno quindi superate.
Il tema della bioetica globale, su cui papa Francesco ci aveva sollecitato con forza nella lettera Humana communitas, che ci ha inviato per il 25° anniversario della fondazione dell’Accademia, è venuto alla ribalta con una forza inaspettata a causa della pandemia. Certo la bioetica globale non coincide con la salute pubblica. Ma esse hanno numerose linee di convergenza. A partire da questo impulso di papa Francesco, l’aspetto che vorrei soprattutto mettere in rilievo è come già nel momento di conoscenza dei fenomeni, nel nostro modo di inquadrarli e di metterli tra loro in relazione, si gioca una responsabilità che non va riservata al solo momento operativo.
La responsabilità nell’agire, ma anche nel conoscere
Potremmo dire che si tratta di un allargamento degli orizzonti che ci conduce a declinare nell’ambito che ci è proprio – quello della tutela e della promozione della vita e della salute – il principio della superiorità del tutto rispetto alle parti (cfr EG nn. 234-237). Un principio che implica pure una più attenta considerazione riservata alla novità dei significati emergenti dalle reciproche connessioni del tutto con le parti, oltre che delle parti tra di loro. Durante la pandemia abbiamo preso consapevolezza in modo quasi traumatico dell’interdipendenza tra la vita di ciascuno e la vita di tutti, una interdipendenza che vale anche per il rapporto tra salute personale e salute pubblica. Parlare dei fenomeni in termini di salute pubblica significa porsi al crocevia tra la ricerca delle cause e delle definizioni cliniche, da una parte, e, dall’altra, le dinamiche economiche e politiche che ne hanno condizionato l’insorgenza, la diffusione e la gestione. Siamo alla convergenza tra due pratiche che si svolgono nel corpo sociale: una che riguarda le nostre rappresentazioni concettuali e scientifiche dei fenomeni, e l’altra che risulta dalle scelte operative, dai rapporti di potere, dagli equilibri di forza e dai sistemi di valore.
È nostra responsabilità quindi elaborare i fenomeni in modo da renderli meglio visibili, attribuendo loro una giusta importanza, in modo che sia più adeguata la base conoscitiva che guida la nostra azione. In questi giorni di Workshop potremo esplorare in questa prospettiva i diversi aspetti delle questioni; potremo interrogarci sulle sollecitazioni che ne riceviamo per convertire il nostro sguardo sulla realtà e i nostri criteri d’azione, sia come persone sia come società.
Pensare il futuro, la salute degli abitanti di questo pianeta, tutti, nessuno escluso, è una sfida immensa, chiede una saggezza ampia, impone una invocazione audace, necessita di un ascolto sincero e profondo. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare il nostro workshop con due voci femminili. Assisteremo anzitutto alla proiezione di En Confinamant, un video sull’universo realizzato in pieno lockdown dall’artista catalana Eugenia Balcells; subito dopo ascolteremo una riflessione biblica della nostra accademica francese Anne Marie Pellettier. Le ringrazio per questi sguardi e queste parole “grandi” entro cui possiamo collocare il nostro lavoro di questi giorni. E grazie a tutti voi, relatori, accademici e uditori, per la vostra presenza qui, segno certo di quella speranza di cui abbiamo immenso bisogno.