Il Giorno di Natale – Narni
Care sorelle e cari fratelli,
abbiamo ascoltato dal Vangelo che i pastori, dopo aver udito la voce dell’angelo, si dissero l’un l’altro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. E, nota ancora l’evangelista, che essi “senza indugio”, ossia senza perdere tempo e con una certa fretta, si recarono a Betlemme verso la grotta indicata dall’angelo. E qui trovarono Gesù che giaceva in una mangiatoia. Anche noi, lasciando le nostre case come i pastori lasciarono il gregge, abbiamo raggiunto questo Duomo, divenuto per noi come una nuova Betlemme, per vedere Gesù. Il Natale è tutto qui: un Bambino che giace in una mangiatoia. Sembra un avvenimento normale, come può essere normale ogni nascita. Semmai questa è un po’ sotto la norma visto che questo bambino nasce in una stalla. E’ vero, purtroppo, che oggi, in tante parti del mondo, ci sono situazioni di povertà ancor più drammatiche di quella in cui visse Gesù. E se il Natale torna è certamente anzitutto per loro. E’ tra i più poveri che Gesù sceglie di nascere.
Il Vangelo di Natale infatti annuncia che Dio ha scelto di venire in mezzo a noi per stare anzitutto con i più deboli, con i più poveri. Quel Bambino che giace in un a mangiatoia è Dio, è il creatore del cielo e della terra, è colui che libera il mondo dal peccato e da ogni schiavitù. Egli ha scelto di scendere sin nel più basso tra gli uomini pur di starci accanto. Potremmo dire che è folle di amore per noi. Sembra che non sappia stare senza di noi. In verità, siamo noi che non possiamo stare senza Dio, anche se non ne sentiamo il bisogno e spesso ci allontaniamo da lui. Dio scende dal cielo, si fa come per noi per poterci stare vicino e dirci il suo amore.
Per questo il Natale è ancor più sconvolgente e straordinario che la stessa creazione. Nella creazione Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza; a Natale, invece, avviene il contrario: Dio si fa simile a noi, anzi come noi. E’ un inimmaginabile mistero d’amore, un’incredibile manifestazione d’affetto per noi e per il mondo. Chi di noi farebbe mai una cosa simile? Chi lascerebbe le sue ricchezze, il suo modo di vivere, le sue comodità, le sue abitudini, per scegliere di vivere, non dico con i più disgraziati della terra come Gesù ha pure fatto, ma anche solo per stare accanto a chi non gli è congeniale? Eppure il Natale è proprio questo: Dio sceglie di stare con noi, di vivere con noi facendosi piccolo come un bambino. Un noto filosofo del Novecento, mentre era prigioniero nel lager nazista di Treviri, descrive così lo stupore di Maria in quella notte mentre prendeva tra le mani il piccolo Gesù: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. E’ Dio che mi assomiglia… un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo, che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive”.
Care sorelle e cari fratelli,
queste parole possiamo dirle anche noi. Anche noi nell’Eucarestia prendiamo nelle mani il corpo di Gesù e ce ne nutriamo, anche noi prendiamo nelle mani il Vangelo, le parole di Gesù, e possiamo ascoltarle, gustarle, assaporarle. Ecco perché è bene che torni il Natale, perché volgiamo il nostro sguardo e il nostro cuore a Gesù. Il Natale non è la nostra festa, è la festa di Gesù, è la festa di Dio che scegli di stare in mezzo a noi. Come non commuoversi davanti ad uno che ci ama in un modo così straordinario? Abbiamo fatto bene l’altro giorno a inaugurare il presepe dentro la fontana della piazza principale di Narni. Si è illuminato l’angelo bianco del Natale sulla cima della torre e ci siamo radunati attorno alla fontana per ammirare il nuovo presepe.
Quel presepe posto nella piazza, care sorelle e fratelli, ricorda a coloro che passano quanto è grande e dolce l’amore di Dio. Potremmo dire che il Natale, nella vita di ciascuno di noi e delle nostre famiglie, è come quella fontana per la città. Cosa sarebbe stata Narni senza quella fontana che dava a tutti l’acqua? Una città arida. Così è arida la nostra vita senza il Vangelo del Natale, senza l’amore di Gesù che nasce nel nostro cuore. Una città senza acqua è come senza vita, ed è destinata a morire. Un cuore senza il Natale muore. Senza Gesù, infatti, non sappiamo amare, non sappiamo comprendere gli altri, non sappiamo aiutare chi ha bisogno; restiamo aridi e in preda solo dell’amore per noi stessi.
Abbiamo bisogno di quel bambino per rinascere, per avere una vita nuova, per costruire un mondo di pace e di serenità. Oggi il mondo non è in pace: pensiamo alla Terra Santa e al Medio Oriente, e pensiamo anche all’Africa abbandonata al suo destino. E noi stessi non viviamo nella pace: quanta solitudine e indifferenza c’è dentro di noi e attorno a noi? C’è bisogno che il Natale torni ed entri dentro di noi. Il clima festoso, con tutte le sue lampadine, finisce. Ma il Natale non deve finire. E statene certi che non finirà se il Signore nasce anche dentro il nostro cuore. Egli, infatti, trasformerà il cuore in una fontana d’amore. Così è per la fontana della piazza. Si è forse mai fermata? Non sono sette secoli che continua a dare acqua per tutti? Chiunque ha sete può avvicinarsi e bere; chiunque ha bisogno, senza distinzione alcuna, può attingere acqua. Ebbene, così deve essere il nostro cuore. Se Gesù rinasce in noi, il nostro cuore diventerà come una fontana di amore per tutti. Questo era il senso delle parole che Gesù disse alla samaritana: “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14).
Questo accadde quel giorno a Betlemme. I pastori “dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”. Iniziarono a parlare di Gesù a tutti; ossia, raccontarono l’amore che avevano ricevuto e la gioia che avevano sentito. Quando uno vede Gesù non resta più freddo e triste com’era. E guardate cosa faceva la Madonna: “Conservava tutte queste cose nel suo cuore”. Non era distratta come noi, non stava lì a pensare a se stessa, come in genere capita a noi. No, Maria guardava Gesù, vedeva come si muoveva, coglieva ogni vagito, asciugava ogni lacrima, rimaneva colpita da ogni lamento, era attenta alle prime parole, e tutto conservava nel cuore. Care sorelle e cari fratelli, vi è stato consegnato il Vangelo di Matteo. Come Maria dobbiamo tenere con noi il Vangelo, aprirlo e leggerlo, meditarlo e cercare di metterlo in pratica.
Questo è vivere il Natale, questo vuol dire diventare come una fontana d’amore. Se continui ad ascoltare il Vangelo, giorno dopo giorno, sentirai crescere in te i pensieri e le parole di Gesù. E mettendoli in pratica vedrai che quella parola diviene carne, ossia diviene gesti di amore, gesti di misericordia, gesti di bontà, gesti di pace. E’ questo il senso vero del Natale. E di questo Natale abbiamo bisogno noi e soprattutto il mondo.