Martiri
Nel mese di maggio sarà proclamato santo don Pino Puglisi, come martire. La Chiesa riconosce che questo suo sacerdote ha testimoniato la fede cristiana, nella sua parrocchia a Palermo, sino alla morte. Com’è noto don Puglisi è stato ucciso dalla mafia che voleva fermare la sua azione di testimonianza cristiana. La sua beatificazione è un evento davvero straordinario. E ancora una volta si sottolinea che la vita cristiana non fa rinchiudere in se stessi, ma spinge a testimoniare Gesù anche a costo della morte. Il termine martire significa “testimone”. Gesù stesso chiede ai discepoli di rendergli testimonianza (“martyrion”) davanti agli uomini. Il termine “martire” assunse il significato specifico di professione della fede sino alla morte quando le persecuzioni si abbatterono sulla prima chiesa facendo migliaia e miglia di vittime. L’effusione del sangue conduceva alla vetta della perfezione, in quanto identificava i discepoli a Cristo stesso. Per l’altezza della testimonianza, i martiri divennero un punto di riferimento delle comunità cristiane. I luoghi della loro sepoltura divennero i primi luoghi di culto (prendevano il nome dal martire). I martiri, a motivo della morte per la fede, entravano immediatamente in paradiso, ed erano gli intercessori e i protettori per le loro comunità. Molti si facevano seppellire accanto al corpo del martire per essergli vicino nel giorno della risurrezione ed entrare con lui in paradiso. La chiesa del primo millennio è nata dal sangue di generazioni di martiri. Tertulliano esclamava: “Diventiamo più numerosi, tutte le volte che veniamo uccisi: il sangue dei cristiani è un seme”. Quel patrimonio di testimonianza ha senza dubbio sostenuto la fede dei cristiani dei secoli successivi. Una chiesa senza il martirio non può vivere; era convinzione ben radicata. Lo compresero i primi monaci, i quali, quando videro che la chiesa, divenuta maggioranza, si rilassava nei comportamenti, scelsero la “fuga mundi” come sostituzione del martirio. Senza una distanza critica dal mondo la chiesa si autodistrugge o quantomeno si isterilisce. Con grande sensibilità spirituale Giovanni Paolo II, facendo un parallelo tra la prima chiesa e quella di questo ventesimo secolo, richiama i cristiani di oggi a non dimenticare la lunghissima catena di martiri. Nella bolla d’indizione dell’Anno Santo scriveva: “Al termine del secondo millennio la chiesa è diventata nuovamente chiesa di martiri… Le persecuzioni nei riguardi dei credenti – sacerdoti, religiosi e laici – hanno operato una grande semina di martiri in varie parti del mondo”. Costoro, quasi “militi ignoti” della grande causa di Dio hanno forse salvato dal fallimento questo Novecento. E’ stato certamente un secolo di grandi conquiste, ma assieme anche delle più tremende atrocità. In tale contesto vanno ricordati i milioni e milioni di uomini e di donne, noti e meno noti, che non si sono piegati alla forza della violenza bruta e hanno resistito sino al sangue pur di non tradire la loro fede. Anche il nuovo millennio è iniziato con il martirio di tanti cristiani in varie parti del mondo. Anche questi sono davanti ai nostri occhi come esempi alti della fede. Non solo non dobbiamo dimenticarli, ma ad essi dobbiamo guardare come esempi e come intercessori per un mondo più giusto.