Messa con gli universitari

Messa con gli universitari

Care sorelle e cari fratelli,

sono particolarmente lieto di celebrare con voi questa Santa Liturgia nell’imminenza del Natale. È la prima volta che questa cattedrale vede professori e studenti dell’università ritrovarsi assieme per un momento di preghiera comune per prepararsi ad accogliere il Signore che viene. Sento questo momento anche come una preghiera al Signore perché accolga il nuovo inizio – se così si po’ dire – dell’università a Terni. Si tratta in effetti come di un nuovo natale universitario. In tanti abbiamo atteso e operato perché nella nostra città l’università si irrobustisse e crescesse. La presenza e l’azione culturale e scientifica dell’Università è stata sempre parte integrante dello sviluppo armonico di una società. E vorremmo che lo fosse anche per la nostra. Consapevoli quindi che non poco del nostro futuro dipende anche da quel che negli anni a venire significherà l’università, volentieri presentiamo al Signore questa sera anche questo nostro impegno chiedendo al Lui che ci sostenga e ci accompagni nel lavoro. È con attenzione e con amore perciò che questa cattedrale guarda i primi passi di questa crescita e con grande gioia vi accoglie certi che il Signore veglierà su di voi e benedirà il vostro oggi e il vostro domani.
Questo nostro incontro, non a caso, si svolge alla soglia del Natale. L’Avvento sta per finire e il Signore è alle porte. Per quattro settimane siamo stati come presi per mano perché ciascuno di noi preparasse il suo cuore perché potesse accogliere il Signore. Non si può né attendere né comprendere il Natale se il nostro cuore è pieno di noi stessi o se siamo occupati a pensare solo nostre faccende. Quale tristezza sarebbe se anche per noi dovesse avverarsi quella triste osservazione di Luca: “non c’era posto per loro nell’albergo”! E dobbiamo stare attenti e vigilanti perché tutti corriamo il rischio di essere talmente presi dalle nostre cose da non accorgerci del Signore che passa. E comunque se il Natale ci trova distratti e con il cuore altrove tutto resterà come prima. Mi hanno fatto sempre pensare le parole di quel mistico del Seicento, Silesius. Egli, parlando del mistero del Natale, diceva: “Nascesse Cristo mille volta a Betlemme ma non nel tuo cuore, saresti perso in eterno”. E quindi, in certo modo, annulleremmo la stessa nascita di Gesù. Egli infatti è venuto per salvarci, per dare un nuovo senso alla vita, per liberarci il mondo intero dalla insignificanza e dalla violenza. Il Natale non è per i cristiani, è per il mondo intero. E non è una semplice memoria storica, magari di un fatto assolutamente straordinario. Natale non è una memoria che va salvaguardata perché ne va della nostra identità; certo anche questo conta, ma è solo la superficie. Il Natale deve toccare il cuore, deve scendere nel profondo della nostra vita, appunto come il Verbo è sceso dal cielo si è fatto carne. Il Natale non riguarda il passato, ma il presente. E torna ogni anno perché tutti abbiamo bisogno di rinascere, tutti abbiamo bisogno di salvare la nostra vita e le nostre giornate dalla tristezza e dal dolore. E, direi, ne ha bisogno soprattutto il mondo perché veda una luce in questo inizio di millennio pieno di paure e di violenze.
Il Natale non è una data da ricordare. È un mistero da vivere. Purtroppo non di rado è solo uno sbiadito ricordo. Il Natale torna ma senza la sua sostanza. Abbiamo bisogno di aprire il cuore per viverlo. Per questo la Liturgia ci presenta ancora una volta la figura di Giovanni Battista, un uomo austero che predicava la conversione del cuore. Fin dalla nascita il Battista è segnato dall’intervento di Dio. Elisabetta è avanti negli anni e tutti la dicevano sterile; eppure Dio le dona una energia nuova. Il padre Zaccaria resta muto per non aver ascoltato l’angelo, ma al momento della circoncisione riprende a parlare. E tutti si chiedevano, a proposito del Battista: “Che ne sarà mai di questo bambino?” Questo bambino sarà un profeta, sarà la voce che grida nel deserto di questo mondo: “preparate la via al Signore”. Sì, la sostanza del Battista è di essere una voce, solo una voce. Se vive in modo austero, non è tanto per fare sacrifici, quanto per mostrare che è forte solo della sua voce. Una voce che doveva risuonare proprio mentre il Signore veniva a visitare il suo popolo. Cosa vuol dire? Vuol dire che senza questa voce non è possibile incontrare Gesù, senza il Battista che indica la via è difficile accorgersi del Signore. Scrive il profeta Malachia: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate”.
Ma chi è per noi oggi il Battista? Chi è colui che ci indica la via per accogliere il Signore? La risposta è semplice. Par noi il Battista che ci guida verso il Signore è il Vangelo. Sì, è il Vangelo la voce che oggi grida nel deserto di questo mondo. E il nostro mondo è diventato davvero un deserto privo di vita e di speranza. Le giornate del nostro pianeta – basta uno sguardo fugace ai telegiornali – sono diventate più dure per tutti e la vita si è come incattivita. Anche noi siamo come travolti da questo clima avvelenato. E non bastano certo le feste natalizie per liberarcene. In verità c’è bisogno di rinascere, c’è bisogno di un vero Natale. Sì, dobbiamo creare nuovi comportamenti e proporre nuovi modelli di vita; c’è insomma bisogno di un nuovo umanesimo, di uomini e di donne che sappiano testimoniare l’amore, la misericordia, la bontà, l’ospitalità, l’amicizia, la solidarietà, che siano capaci di intendersi, di accogliere le diversità senza per questo combattersi, di comprendere che l’unico serio impegno è quello per la pace.
In tale contesto giunge il Natale questo anno. Il Natale è Dio che si fa bambino. L’angelo ci dirà di recarci a Betlemme dove vedremo un bambino avvolto in fasce  che giace in una mangiatoia. È la prima pagina del Vangelo. Accogliamola. È come il seme di una vita nuova, di quell’umanesimo nuovo di cui noi e il mondo abbiamo bisogno. Se sfoglieremo le pagine del Vangelo giorno dopo giorno sentiremo crescere in noi quello stesso Bambino di cui i Vangeli scrivono: “Cresceva in sapienza, in età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini”.