Messa della mattina di Natale a Narni
Care sorelle e cari fratelli,
abbiamo aperto questa santa Liturgia del Natale con l’ingresso del Bambinello in mezzo a noi, preceduto dalla luce accompagnato dall’incensazione che si è estesa a tutta l’assemblea. Potremmo dire che le parole di Isaia che abbiamo ascoltato ci chiariscono il senso di quanto abbiamo fatto. Isaia riprende le parole che il Signore vuole siano dette “alla figlia di Sion”, ossia agli abitanti di Gerusalemme, ed anche a noi: “Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore”. Quel Bambino che questa notte è nato e che oggi è venuto in mezzo a noi è il “Salvatore”, ossia colui che ci salva dal peccato e dal male, dalla violenza e dalla morte.
E perché lo fa? Perché lascia il cielo per venire tra noi? Cosa ne guadagna? L’apostolo Paolo scrive a Tito che “Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia”. E’ venuto non perché noi possiamo vantare opere giuste e belle, ma perché ci ama a tal punto da non poter fare a meno di starci accanto. Infatti, aggiunge Isaia che siamo chiamati “popolo santo, redenti dal Signore, e tu – si riferisce a Gerusalemme, ma anche ad ogni comunità cristiana, anche a quella di Narni – sarai chiamata ricercata, città non abbandonata”. Per questo siamo stati incensati come viene incensato l’altare o le offerte che vi vengono deposte sopra. Siamo incensati, perché amati, perché non più abbandonati, non più in balia delle forze del male o di poteri più o meno evidenti che schiacciano la vita. Noi siamo più soli; siamo addirittura cercati da Dio. Vedete, tutte le religioni si fondano sulla ricerca che l’uomo fa di Dio.
A Natale ci appare chiaro che il cristianesimo è anzitutto Dio che cerca l’uomo. Egli, infatti, lascia il cielo per venire sulla terra a cercarci. E’ questo il mistero del Natale, non altro. E’ un mistero di amore straordinario, unico, impensabile per gli uomini. Solo un Dio può amare come siamo amati. A Natale ci viene rivelato l’Amore, quello con la lettera maiuscola. L’amore allo stato puro. Fermiamo un poco l’attenzione su questo mistero. Il Verbo sta lascia nel cielo, ma per l’amore bruciante che ha per noi lascia il cielo e viene sulla terra per amarci. Arriva, ma non c’è alloggio per lui. Di fronte a tale rifiuto ciascuno di noi se ne sarebbe tornato a casa. Gesù invece resta anche se deve nascere in una stalla. Noi non solo non gli facciamo festa, neppure gli apriamo la porta. Lui fa di tutto per incontrarci, per amarci. L’intero anno che si apre davanti a noi – e lo vedremo di domenica in domenica – è fatto dei tentativi di Gesù di marci, di attrarci a lui. Come non commuoverci? E’ questo il Natale, il primo passo dell’amore di Gesù per noi, per l’intera umanità.
E il primo passo lo compie verso i più poveri. E’ ad un gruppo di pastori che gli angeli portano per primi l’annuncio di questa amore così straordinario. Questa notte in tutte le chiese è risuonato tale annuncio: “Non temete: ecco vi annuncio una grande gioia…oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore… Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci riporta la reazione dei pastori. Al sentire quelle parole si dissero l’un l’altro: “Andiamo a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. E – nota l’evangelista – “senza indugio” si avviarono verso quel Bambino. E lo trovarono: “E trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino adagiato nella mangiatoia”. Quei pastori sono un esempio per tutti noi. Il Natale – da parte nostra – deve essere appunto quello dei pastori, ossia muoverci verso quel Bambino, andare a vederlo. Come abbiamo fatto questa mattina. Davanti ai nostri occhi c’è quel bambino che la madre Chiesa ci presenta, come allora fece Maria. Non restiamo dove siamo, non lasciamoci trascinare dalla pigrizia e dall’abitudine a pensare solo a noi stessi e ai nostri affari. Muoviamoci verso quel Bambino e accogliamolo nel cuore. Un sapiente cristiano diceva: “Nascesse Cristo mille volte a Gerusalemme, ma non nel tuo cuore, saresti perso per sempre”.
Natale significa perciò far rinascere Cristo nei nostri cuori, ossia far rinascere in noi l’amore. Care sorelle e cari fratelli, l’amore è sempre più raro. Mentre l’indifferenza, l’inimicizia, l’odio e la violenza sembrano crescere sempre più. Abbiamo bisogno del Natale, ossia che rinasca l’amore, che rinasca la solidarietà, la fraternità tra le persone e tra i popoli. E’ questo il Natale di cui noi e il mondo abbiamo bisogno. Per quei pastori fu davvero straordinario. Quel Natale cambiò la loro vita. Non perché terminarono di fare i pastori. Essi continuarono il loro lavoro – e noi ci impegniamo in questo tempo perché il lavoro resti per tutti – ma erano uomini diversi dentro. Sentirono la gioia di essere amati, cercati da Dio. Per questo l’evangelista nota che se ne tornarono pieni di gioia glorificando e lodando Dio per quello che avevano visto e udito.
E’ questo il Natale che auguro a tutti voi, a ciascuno di voi. Buon Natale, buona rinascita nell’amore.