Messa di Pasqua alle acciaierie
Carissimi lavoratori,
ci ritroviamo anche quest’anno per celebrare assieme, qui in fabbrica, con la presenza anche dei vostri familiari, la santa Pasqua. In verità la celebrazione effettiva la faremo la notte del sabato santo e appunto la domenica di Pasqua. Ma perché anticiparla, o meglio, iniziarla oggi nel luogo del vostro lavoro, mentre continuiamo ad essere circondati dal rumore tipico dello stabilimento e non certo dall’atmosfera di una chiesa? Certamente è un’occasione piacevole ritrovarsi per un evento religioso. Ma qui ci troviamo in un momento dal significato ben più profondo. La Pasqua non è semplicemente una bella data, e neppure è un evento che riguarda solo alcuni. Sin dall’inizio la Pasqua ha coinvolto gli uomini e la stessa natura. Abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo che la Pasqua per gli ebrei è la memoria della notte nella quale lasciarono l’Egitto per la libertà: mangiarono in piedi e traversarono il mar Rosso che si aprì davanti a loro, mentre sommerse l’esercito egiziano. Per noi cristiani la Pasqua non è solo questo ma anche e soprattutto la risurrezione di Gesù: il crocifisso, all’alba della Pasqua, rovescia la pietra pesante che chiudeva il sepolcro e risorge. A Pasqua il peccato e la morte sono state definitivamente sconfitte. Questa è il mistero della Pasqua cristiana; ciò che noi celebriamo.
Ebbene, cari amici, è necessario che anche in fabbrica, ove passiamo molte ore del giorno, noi celebriamo la vittoria sul peccato, sul male, sulla violenza che distrugge la vita e che procura la morte. La Pasqua è un grido contro la morte anche dentro lo stabilimento. La Pasqua è la sconfitta dell’egocentrismo che rende schiavi del pensare solo a se stessi, e di una vita materialista tesa solo a pensare ai soldi e alle cose materiali. La Pasqua è il canto della vita che rinasce, anche della vita della natura spesso deturpata e martoriata dagli uomini; è il canto dell’amore che scaccia l’egocentrismo dai cuori degli uomini; è il canto della pace che allontana la guerra e la violenza dalla vita umana. La Pasqua è un’energia di amore che deve entrare anche qui, nel luogo del lavoro, perché il lavoro torni ad essere un momento di dignità e non di schiavitù, di crescita e non di umiliazione, di creatività e non di oppressione, di vita e non di morte.
Ecco perché abbiamo bisogno di celebrare il mistero della Pasqua anche in fabbrica. Purtroppo la mentalità comune rischia di farci seppellire questo mistero in una moda vuota e festaiola. Noi non celebriamo un rito vuoto. La Pasqua ci chiede di adoperarci perché la vita sia meno triste e più piena di amore. Abbiamo bisogno di passare da un’esistenza senza speranza ad una più serena, di non essere schiacciati dalla forza del male e della morte per una vita libera da ogni schiavitù. Questo è vero sempre, ma particolarmente in questo tempo. Conosciamo tutti il momento difficile che stiamo attraversando a livello locale e internazionale. La crisi economica ha colpito tutti; una crisi così grave che forse solo le generazioni degli anni Trenta del secolo scorso avevano visto di pari gravità. E non è certo accaduta per caso. Ci sono stati motivi riconducibili a condotte forsennate prive di regole etiche oltre che di una mancanza di ragionevolezza economica e di guida politica. Non è questa la sede per parlare di questo, ma una cosa va sottolineata: quando si perde di vista il bene comune e si fa prevalere solo il proprio tornaconto a qualsiasi costo, anche senza considerare gli effetti perversi sugli altri, è facile cadere nel baratro.
Ed ogni volta che ci si trova in queste condizioni drammatiche è facile che ciascuno si ripieghi su se stesso, che cerchi di salvarsi senza pensare agli altri, facendo irrobustire così quell’istinto a pensare solo a se stessi che già ci caratterizza normalmente. E’ come se ciascuno si richiudesse nel proprio piccolo mondo che però diviene più una tomba che un paradiso. E vediamo crescere le lastre dell’egoismo che sbarrano i cuori, appunto, come quella lastra che fu posta sul sepolcro di Gesù. Ma ecco la Pasqua: essa viene per continuare a togliere le lastre dell’egoismo che schiacciano la vita. E queste lastre vengono posta ogni volta che diciamo: “debbo pensare a me e alla mia famiglia”, “ciascuno deve pensare a se stesso se vuole sopravvivere”, “i miei interessi vengono prima di qualunque altra cosa”, e così via. Queste affermazioni sono lastre pesanti che chiudono nel buio del proprio destino individuale. La Pasqua nella fabbrica, questa Messa, vuole essere come l’angelo del Vangelo di Marco che ci dice: “Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui!”. Sì, il crocifisso, la vita crocifissa non sta più qui, è risorta. La forza dell’amore di Dio, la forza debole dell’amore per gli altri rovescia le pietre pesanti del pensare solo agli affari propri. Da oggi possiamo avere la libertà di amare gli altri, di pensare anche agli altri, di impegnarci perché venga il bene comune di tutti.
Questa convinzione pasquale ha spinto noi vescovi dell’Umbria a creare un Fondo di Solidarietà per aiutare gli operai che a motivo della crisi economica che stiamo attraversando perdono il lavoro e magari sono anche senza ammortizzatori sociali. E’ una piccola cosa, ma è un gesto che deriva dalla Pasqua. Così vogliamo celebrarla anche noi qui negli stabilimenti delle acciaierie. Sì, cari amici è Pasqua: la pietra pesante della crisi non è padrona assoluta. Ci sono uomini e donne, ricchi e poveri, ragazzi e adulti, che dal 29 aprile hanno iniziato a raccogliere aiuti per i vostri colleghi che perdono il lavoro e rischiano una vita durissima. Non abbiamo risolto i problemi ma sappiamo che non siamo soli, che non siete soli. E’ urgente allargare la solidarietà. Ma anche rendersi conto che è indispensabile uno stile di vita più sobrio e solidale.
E come non pensare agli abitanti dell’Aquila e dei paesi vicini colpiti così duramente dal terremoto? Per loro è davvero un lungo e amaro venerdì santo: quanti sono stati crocifissi dal sisma! Quante famiglie sono state colpite in maniera drammatica! I nostri occhi sono pieni di immagini che è difficile dimenticare. Pasqua vuol dire anche quella solidarietà che fortunatamente è scattata in tantissimi cuori. E’ bella questa ondata di amore che vuole sollevare almeno un poco la disperazione di queste migliaia di persone. Anche nel venerdì santo è possibile intravedere così le primi luci della pasqua. Il 19 aprile faremo una raccolta di aiuti per queste popolazioni. Lo saprete dalle parrocchie che organizzeranno la raccolta.
Cari amici, la Pasqua torna quest’anno perché cresca tra noi un senso solidaristico della vita e che permanga anche oltre le emergenze. Del resto, anche nei momenti cosiddetti normali, vi assicuro che il bisogno di amore, di consolazione, di aiuto reciproco, di attenzione è immenso: le persone che hanno bisogno di aiuto, di compagnia, di sostegno, di parole buone, di pace, sono innumerevoli. Augurarci una buona Pasqua significa pertanto accogliere nel nostro cuore la forza di amore che sgorga dalla Pasqua: l’amore è più forte della morte. Sì, l’amore ci salverà.