Pasqua 2005
“Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto”.
E’ l’annuncio che l’angelo fece alle due donne giunte al sepolcro e che questa notte è risuonato anche in questa nostra cattedrale. L’angelo lo disse a quelle due donne che, dopo averlo seguito Gesù sin dalla Galilea ed essere state con lui anche sotto la croce, ora era giunte al sepolcro per un ultimo atto di compassione. Non hanno ceduto alla paura, come i discepoli, i quali prima sono prontamente fuggiti e poi si sono ritirati nella sicurezza di luoghi appartati. Loro, invece, povere e deboli donne, non si separano da quel maestro che le ha capite e che le ha amate come nessun altro. Si sono lasciate travolgere dall’amore di Gesù. Non hanno seguito il freddo ragionare dei discepoli che allontana dal pensiero e dalla vita di Gesù. No, quelle donne si sono lasciate vincere dal linguaggio dell’amore, dal linguaggio della pietà. Mentre si recano al sepolcro portano con sé “gli aromi che avevano preparato”. E Maria di Magdala, andando verso il sepolcro, certamente ricorda la sera di qualche giorno prima quando nella casa di Simone il lebbroso unse di unguento prezioso il capo di Gesù. Maria vuole ungere ancora il corpo del suo maestro. Il linguaggio dell’amore e della compassione che ha appreso da Gesù continua a spingerla verso di lui. C’è una continuità tra l’unguento di quella sera e quello per la sepoltura: è la pietà che espande il suo profumo e preannuncia la risurrezione.
Care sorelle e cari fratelli, anche noi ci siamo uniti a quelle donne e abbiamo seguito e continuiamo a seguire Gesù. Siamo venuti qui, in questi giorni, per stargli accanto, per apprendere da lui ad amare. Noi sappiamo amare così poco! Siamo tutti presi ciascuno da se stesso e dalle proprie preoccupazioni. E il mondo è senza amore, senza pietà. Questa notte, almeno questa notte, lasciamoci guidare dall’amore di quelle donne e rechiamoci con loro alla tomba di Gesù. La Pasqua inizia sempre davanti alla tomba di Gesù, davanti alle tombe degli uomini. Il problema per quelle donne era come togliere la pietra che chiudeva il sepolcro. Certo, pensavano che tutto ormai era terminato. Anche loro erano prese dalla rassegnazione che non fa sperare più nulla. E tutti siamo un po’ rassegnati. Rassegnati al male, alla guerra, alla violenza, all’ingiustizia, all’egocentrismo della maggioranza. Del resto, le giustificazioni non mancano. Che si può fare di fronte a quel che sta accadendo nel mondo? Che cosa posso fare io? La pace è irraggiungibile, e la guerra è una malattia necessaria. Ognun o pensa solo ai propri affari e anch’io sono costretto a fare lo stesso. Insomma, non è possibile cambiare il corso delle cose. Ragionamenti come questi sono come quella pietra che chiude il mondo in una tomba buia. Ragionando in questo modo tutti contribuiamo a sigillare il mondo nella disperazione e nella tristezza.
Ma Dio non si è rassegnato ad un mondo buio e senza pace, ad un mondo in preda al male e privo di speranza. Sì, il nostro Dio non si è rassegnato. E di fronte alla morte che ha coinvolto suo Figlio interviene come un terremoto che sconvolge la terra. Scende dal cielo un angelo che rotola via il masso che copre la tomba. La morte non ferma il Signore. Tutti pensano che sia sconfitto, ma lui è disceso negli inferi della morte per salvare tutti coloro che ne erano stati colpiti. È morto per liberare tutti i morti. Nel credo lo diciamo che Gesù è disceso negli inferi. Sì, neppure da morto Gesù è stato fermo: è sceso a liberare tutti dalla morte. E continua a scendere ancora oggi negli inferni di questo nostro mondo, continua a scendere nei luoghi dimenticati dagli uomini, là dove la vita è come sotto terra, là dove gli uomini e le donne sono schiacciati dal male, dalla guerra, dalla violenza, dall’ingiustizia, dalla fame, dalla solitudine, dalla dimenticanza, dalla malattia, dalla condanna a morte. Gesù continua a scendere negli inferni di questo mondo per aiutare e salvare chiunque è schiacciato dal peso del male.
E questa notte vuole coinvolgere anche noi nella risurrezione del mondo, rigenerandoci all’amore, alla pietà, alla misericordia. Il Signore ci dona un cuore nuovo, una vita nuova perché rinnoviamo la nostra vita e quella del mondo. Gesù è risorto e ha vinto la morte. Sì, la morte non è più l’ultima parola sulla nostra vita. Le tombe non sono più chiuse per sempre. La risurrezione che questa notte celebriamo toglie la lastra pesante e fredda che schiaccia i cuori e la vita. La risurrezione dà inizio ad un mondo nuovo. L’annuncio della Pasqua infatti non si ferma a quelle donne, non si chiude nelle mura della nostra cattedrale, non riguarda solo noi, ma il mondo intero.
Quelle donne andarono in fretta ad annunciare ai discepoli che Gesù era risorto, che la vita aveva vinto la morte, che l’amore era più forte dell’odio. Anche noi dobbiamo andare ad annunciare che il Signore ha vinto la morte. Dobbiamo dirlo a Terni e ovunque andiamo. Quelle donne, ancora una volta, ci stanno dinnanzi indicandoci che l’amore è l’unica forza che salva, è l’unica via della pace, è l’unica via della concordia. Seguiamole! Esse, anche se piene di timore e di spavento, avevano compreso che Gesù non era morto per sempre e che sarebbe rimasto con loro. E ne fanno subito esperienza. Mentre corrono verso i discepoli – nota Matteo – Gesù stesso va loro incontro e lo abbracciano. Sì, mentre andiamo incontro agli altri, incontreremo lo stesso Signore risorto. Potremmo dire che la risurrezione è incontrare gli altri con amore, con compassione. La risurrezione è abbracciare gli altri, soprattutto i più deboli: in essi c’è Gesù. Care sorelle e cari fratelli alziamoci dal nostro egoismo, mettiamoci al seguito di quelle donne e continuiamo ad amare Gesù e coloro che incontriamo. Gesù ha vinto la morte. E le tombe di questo mondo non sono più chiuse per sempre! Egli è risorto.