Pasqua 2008 – Giovedì Santo

Pasqua 2008 - Giovedì Santo


Care sorelle e cari fratelli,


 


questa sera inizia il triduo santo, i tre giorni più santi dell’anno nei quali facciamo memoria della morte e risurrezione di Gesù. E’ il mistero centrale della nostra fede: in Gesù muore e risorge viene sconfitta la morte e ci viene aperta la porta del cielo. Questo mistero viene come riassunto nella celebrazione della Liturgia Eucaristica. Nella cena che Gesù fece con i suoi riviviamo la morte e la risurrezione di Gesù, come rispondiamo subito dopo la consacrazione al sacerdote che annuncia: “mistero della fede”. Tutta l’assemblea risponde: “annunciamo la tua morte Signore e proclamiamo la tua risurrezione in attesa della tua venuta”. La Messa infatti non è una semplicemente memoria un po’ nostalgica di un evento passato che non torna più. No, quando si celebra la Messa noi torniamo al cenacolo con Gesù, siamo con lui assieme agli apostoli. Certo, questa sera ci sentiamo ancor più toccati nel cuore pensando che più o meno a quest’ora Gesù stava nel cenacolo con gli apostoli a celebrare la santa cena. Ma dovremmo commuoverci ogni volta che celebriamo e partecipiamo alla Messa. Purtroppo facilmente ce ne dimentichiamo e magari pensiamo di stare partecipando ad un rito sacro importante, ma che non è proprio quello che ha fatto Gesù. Ed è per questo che ci permettiamo di arrivare in ritardo, di essere distratti e persino di chiacchierare.


Care sorelle e cari fratelli, in verità ogni volta che si celebra la Messa noi partecipiamo alla stessa cena di Gesù. Quando il sacerdote dice “questo è il mio corpo” e “questo è il mio sangue” il miracolo si rinnova: è Gesù stesso che parla e il pane e il vino divengono il corpo e il sangue di Gesù. E’ il mistero che i cristiani fin dall’inizio si trasmettono da una generazione trasmette all’altra, come Paolo scrive ai cristiani di Corinto: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi trasmetto”. Da allora l’Eucarestia ha accompagnato tutte le generazioni dei cristiani. Ed è la Messa che sostiene da venti secoli i discepoli di Gesù su questa terra. I cristiani non ne possono fare a meno. Anche nei momenti terribili delle persecuzioni, è stata l’Eucarestia il sostegno dei cristiani. Ricordo la testimonianza di alcune suore nel sud dell’Albania le quali avevano trovavano la loro forza nell’Eucarestia che conservavano sotto una statuina della Madonna. E il cristianesimo in Russia ha potuto resistere alla persecuzione grazie alla celebrazione dell’Eucarestia. E sia nei gulag che nei lager i prigionieri cristiani trovavano ogni artificio pur di avere qualche goccia di vino e qualche pezzo di pane per sostenersi con il pane eucaristico. Care sorelle e cari fratelli, se così hanno fatto loro, perché noi siamo spesso così distratti e superficiali? Gesù inventa l’Eucarestia pur di starci vicino per aiutarci e sostenerci nel nostro cammino, e noi restiamo così distanti. Accostiamoci a lui come lui si è avvicinato a noi sino a divenire nostro cibo e nostra bevanda. Chi mangia questo pane e beve questo vino non solo si nutre di Gesù, ma diviene simile a Lui, si comporta come lui si è comportato.


Ed ecco l’altro mistero della cena di Gesù. Il Vangelo di Giovanni, invece di narrare l’istituzione dell’Eucarestia, nel narrare la cena riporta solo la lavanda dei piedi, come voler chiarire quel che comporta la comunione con Gesù, quali ne sono gli effetti. Abbiamo ascoltato che Gesù, ad un certo momento della cena, si alza prende un bacile con un asciugatoio e inizia a lavare i piedi dei discepoli. Nessun maestro aveva mai osato tanto, nessuno mai aveva avuto anche solo l’idea di abbassarsi a lavare i piedi dei suoi discepoli. Tanto che Pietro si scandalizza e cerca di fermare Gesù. Ma riceve un durissimo rimprovero. Povero Pietro non aveva capito il senso dell’amore, di quell’amore che non conosce confine, un amore che giunge appunto sino ad abbassarsi ai piedi dei discepoli. Così è l’amore di Gesù, senza limite alcuno. Pietro invece fra poche ore mostrerà cosa vuol dire invece amare fino ad un certo punto: alla domanda di una serva nella casa del Sommo Sacerdote risponderà di non conoscerlo. Gesù lo sa e per questo gli risponde con durezza e a tutti dice con autorità: “Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Maestro e il Signore, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. Se tra gli uomini è normale difendere la propria dignità, per Gesù il primo è colui che serve, colui che dona la propria vita per gli altri. C’è un detto antico attribuito a Gesù che dice: “Io sono venuto tra voi non come colui che sta sdraiato, ma come chi serve, e voi siete cresciuti nel mio servizio come colui che serve”.


Care sorelle cari fratelli, l’Eucarestia e il servizio per gli altri sono inseparabili, non possono essere divisi. Gesù, dopo aver distribuito il pane eucaristico, disse ai discepoli: “Fate questo in memoria di me”. E dopo la lavanda dei piedi ha ripetuto: “Come ho fatto io fate anche voi, lavatevi i piedi gli uni gli altri”. Da quella sera sino ad oggi, l’Eucarestia e la lavanda dei piedi, continuano a mostrare ai cristiani cosa vuol dire amare “sino alla fine”. Eccoci questa sera, ancora una volta raccolti attorno a questi due segni dell’amore, l’Eucarestia e la lavanda dei piedi. Sono due sacramenti inscindibili, il sacramento dell’altare e il sacramento del fratello, in ambedue c’è Gesù, in ambedue si manifesta l’unico suo amore, quell’amore che fa amare gli altri prima di se stessi, quell’amore che spinge a dare prima ancora di ricevere. Questo amore è la salvezza per noi, per questo nostro mondo, per i più poveri. E’ quanto ho sottolineato nella lettera pastorale “La via dell’amore”.


Gesù ci dice di lavarci i piedi gli uni gli altri, per farci comprendere che dobbiamo amarci come lui ci ha amati. Purtroppo questa pagina del Vangelo non la ripetiamo alla lettera: dovremmo lavarci i piedi gli uni gli altri. Sarebbe un segno che forse ci toccherebbe un poco il cuore. Lo abbiamo ridotto ad un rito. Ma vorrei, come già lo scorso anno, allargare almeno un poco questo gesto perché possiamo capirlo meglio. Assieme a me verranno anche alcuni che hanno scelto di dare un po’ del loro tempo e del loro cuore al servizio dei poveri per lavare i piedi ad alcuni fratelli e ad alcune sorelle, ad alcuni anziani, ad alcuni bambini. In verità tutti dobbiamo amare i poveri, tutti dobbiamo fare qualcosa per i poveri e per i piccoli, magari anche solo un gesto, una preghiera, una parola, un’elemosina. Se è vero che senza l’Eucarestia non c’è salvezza, è altrettanto vero che senza l’amore per i poveri troveremo chiusa la porta del cielo. La via dell’amore parte proprio da quel giovedì santo e chiede a noi di continuarla ogni giorno a casa e nelle strade, in ufficio e nelle piazze, ovunque. Non restiamo sdraiati nel nostro egoismo avaro e triste. Alziamoci e iniziamo a percorrere la via dell’amore dietro a Gesù che per primo ce ne ha dato l’esempio. E comprenderemo che “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.