Pasqua 2009 – Domenica delle palme

Pasqua 2009 - Domenica delle palme

Care sorelle e cari fratelli,


abbiamo ascoltato il Vangelo della Passione di Gesù e tutti, man mano il racconto andava avanti, abbiamo sentito crescere nei nostri cuori sentimenti di dolore, di afflizione, di tristezza. Perché un1 uomo buono come Gesù, uno che ha fatto bene ogni cosa, che ha guarito tanti malati, che ha parlato di amore e che ha pacificato tanti cuori, perché è stato ucciso in maniera cosi crudele e per di più con un falso processo? E’ un interrogativo che ci portiamo dentro e che ci accompagnerà in questa settimana santa. La risposta a questo interrogativo la comprenderemo man mano seguiremo Gesù nei giorni della sua passione, monte e risurrezione. Toccheremo con mano quanto sia grande l’amore di Gesù per noi, per ciascuno di noi. Mai nessuno ci ha amati come lui. Egli ci ha amati a tal punto da andare incontro anche alla morte. Per salvare noi, ha perso se stesso. Quella croce sulla quale poi è stato inchiodato, infatti, non è sua ma nostra: è la croce che raccoglie tutti i peccati del mondo, le guerre, le ingiustizie, le violenze, le atrocità, le cattiverie. Il Signore si è caricato sulle sue spalle l’immenso dolore provocato da queste tragedie. E lo ha tolto a noi. Ecco perché è morto: la montagna di crudeltà di questo mondo lo ha schiacciato e inchiodato sulla croce. Nei giorni prossimi staremo accanto a Gesù per poter cogliere almeno una goccia di questo straordinario amore, che mai nessuno ha avuto.


Oggi Gesù entra a Gerusalemme. Il Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato dal fondo della cattedrale ci ha fatto rivivere questa pagina evangelica. Sappiamo che altre volte Gesù era entrato in Gerusalemme, ma questa volta la ha fatto in maniera solenne, su un puledro d’asina. In tanti sono accorsi per accompagnarlo: la gente stendeva i mantelli sulle strade dove passava e molti lo salutavano agitando rami di palme. Chi erano? Erano i discepoli ma anche i tanti che Gesù aveva aiutato: quelli che aveva sfamato, i lebbrosi che aveva sanato, i malati che aveva guarito, il cieco nato che risanato poteva seguirlo, il paralitico che ora poteva camminare e anche Lazzaro che non stava più nella tomba e tanti altri ancora. Tutti facevano festa a Gesù che entrava a Gerusalemme. Ma non era il corteo di un uomo forte e potente: vi erano poveri e deboli che accompagnavano un profeta mite ed umile di cuore. C’era bisogno di quel corteo, c’era bisogno a Gerusalemme di quella festa perché mancavano nella città la mitezza, l’amore, la bontà, la misericordia. E con Gesù entrava in Gerusalemme il mite, il misericordioso, l’uomo buono.


Ma non è così anche per noi? Non hanno bisogno le nostre città, questa nostra città di Terni, le nostre case, le nostre famiglie, i nostri cuori, non hanno forse bisogno di pace, di misericordia, di mitezza e di serenità? C’è una crescita incredibile della violenza e della


cattiveria. E per di più i tempi non sono facili; sono diventati più duri per tutti, particolarmente per chi è costretto a lasciare il paese per venire qui a trovare un lavoro, oppure subire le durezze della crisi economica che stiamo attraversando. In condizioni come queste è ancora più facile pensare solo a se stessi e ai propri problemi, dimenticando gli altri. E questo avviene ovunque, a casa, in famiglia e al lavoro, nella scuola, ovunque. Ma oggi il Signore viene in mezzo a noi per dirci tutto il suo amore. La Liturgia ci ha fatto ascoltare la narrazione della sua passione e monte. Perché? Perché dopo il trionfo abbiamo subito visto Gesù messo a morte sulla croce?


Care sorelle e cari fratelli, il Vangelo della Passione ci mostra il grande amore che Gesù ha per noi. Egli non ha pensato a salvare se stesso, ma a salvare noi. E’ con questo amore che Gesù viene in mezzo a noi.


Il primo luogo che il Signore visita, la prima città nella quale entra, è il cuore di ciascuno di noi. E’ proprio qui, nei nostri cuori, che Gesù vuole portare la mitezza, la misericordia, la pace. Spesso, infatti, il nostro cuore è più inquinato dell’aria di questa nostra città, è più. caotico delle nostre strade, è più chiuso della nostra conca. Abbiamo bisogno di accogliere il Signore nel nostro cuore: se egli entra il nostro cuore cambierà. E se cambierà il nostro cuore, la nostra città e inizierà ad esser migliore. Si, questa nostra città, questo nostro mondo cambiano a partire dal cambiamento dei cuori, dal cambiamento del nostro. I programmi sono necessari e importanti. Ma non cambierà nulla se il nostro cuore resta duro e ripiegato solo su noi stessi.


Accogliamo Gesù che viene in mezzo a noi. Lo abbiamo accolto portando il Vangelo. Accogliere Gesù significa ascoltare il Vangelo. In questi giorni leggiamolo. Se ascolteremo quelle parole il cuore si ammorbidirà, gli istinti egocentrici saranno allontanati, e i sentimenti di Gesù ci aiuteranno a vivere meglio a casa, in ufficio, al mercato. Si, perché sapremo guardane gli altri con gli occhi stessi di Gesù, con più misericordia e meno durezza, con più amicizia e meno rancore. E crescerà l’amore. Il ramo di ulivo che abbiamo preso e che porteremo a casa sia il segno dell’accoglienza del Signore. Quel ramo rendiamo visibile a casa e ci ricordi la mitezza, la bontà, la misericordia e la pace che Gesù è venuto a portare.