Pasqua 2012 – Venerdì santo
Abbiamo ascoltato la Passione del Signore secondo Giovanni. Ciascuno di noi, al sentire la lettura, ha provato un senso di afflizione, ed è tentato di dire: “io non lo avrei fatto”, oppure di giustificarsi: “non sono Pilato, non sono Erode, non sono nemmeno Giuda…”. Ma c’è anche Pietro; non è il peggiore dei discepoli; anzi, se non è il migliore, è certamente il più importante, quello a cui Gesù ha affidato la maggiore responsabilità. Pietro ha una grande idea di sé, è orgoglioso, persino permaloso. Si offende quando Gesù gli dice che lo tradirà: “Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte”, risponde. Eppure, basta una donna per far crollare tutto. Fu l’incontro con lo sguardo di Gesù che sconvolse Pietro: “Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto”(Lc 22, 62). Noi, care sorelle e cari fratelli, non siamo degli eroi; siamo come tutti. Questa sera siamo almeno come Pietro! Se i nostri occhi questa sera incrociano quelli di Gesù che va a morire per noi, ricorderemo le parole del Signore e saremo liberati dai nostri tradimenti e dalle nostre paure. E’ la grazia di questo giorno: poter stare sotto la croce.
La Chiesa, con questa santa celebrazione, vuole toccarci il cuore, vuole spingerci alle lacrime. Davanti a questa morte la Chiesa non celebra neppure la Santa Messa, e al vescovo, che rappresenta la comunità diocesana, è chiesto persino di togliersi l’anello, per fargli sentire quasi fisicamente la morte dello sposo. E’ come dirci: non vi dimenticate di questa morte. In genere, infatti, Gesù muore nel disinteresse generale e nello smarrimento dei suoi. Forse c’è solo uno che piange: Dio Padre. Ascolteremo il Suo pianto, tra poco, mentre ci avvicineremo per baciare la Croce, nelle antiche parole delle “Lamentazioni”. Sentiremo il lamento del Signore: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto, perché tu mi mettessi in croce”? Così piange Dio, davanti a noi, come nessuna donna ha pianto sopra il suo sposo o sopra i suoi figli: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che ti ho contristato? Dammi una risposta!” E, sgomento, il Signore continua a non darsi pace: “Io davanti a te ho squarciato il mare, e tu con la lancia mi hai squarciato il petto. Io ti ho fatto strada con la nube, e tu mi hai trascinato al pretorio di Pilato. Io ti ho dissetato con acqua dalla rupe nel deserto, e tu mi hai dissetato con fiele e aceto. Io ti ho dato lo scettro regale, e tu mi hai dato sul capo una corona di spine”. Non si dà pace il Signore: “che altro avrei dovuto fare e non l’ho fatto?”
Ed in effetti, cosa non ha fatto Gesù? Anche dalla croce ha continuato a pensare agli altri. Non si è rinchiuso, come in genere facciamo noi, a versare lacrime solo su sé stesso, sui propri guai, sul proprio destino. Lacrime sterili, perché non scendono in un terreno che dà frutti buoni, ma in quello dell’amore per sé che genera solo amarezza e violenza. Quel giorno, come oggi, Gesù, non guarda se stesso, non piange su se stesso e sui propri guai. Egli, dall’alto della croce, guarda il giovane discepolo e l’anziana madre, guarda ciascuno di noi, guarda i bambini orfani delle guerre, guarda i poveri che stanno morendo di fame, guarda i giovani senza speranza e gli adulti induriti dalla vita. Non chiede aiuto per sé. Si preoccupa della madre e del giovane discepolo. Che ne sarebbe stato di loro? E disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”, e al giovane discepolo: “Ecco tua madre”. E da quel giorno – nota l’evangelista – Giovanni la prese con sé.
Da un amore come quello di Gesù nasce la vita, sgorga l’amicizia, spunta la solidarietà. E’ un amore grande, che sconfigge ogni male, che abbatte ogni tristezza; è un amore che apre le porte del paradiso al ladrone, che apre le porte del cuore a Maria e a Giovanni, che apre i nostri cuori all’amore. Oggi, come Gesù sulla croce, da questa cattedrale, come da ogni chiesa del mondo, i cristiani non pregheranno solo per se stessi, non pregheremo solo per noi, come in genere facciamo, ma per il mondo intero, per tutti i popoli, per chi crede e per chi non crede, per gli ebrei e per i credenti di altre religioni, per i poveri e per chi è angosciato, per i deboli e per ci governa. E’ la grande preghiera universale, una preghiera che abbraccia il mondo intero come ha fatto Gesù allargando le sue braccia sulla croce.