Presentazione dei Dialoghi post-secolari
Giuliano Amato
“Chi pensa che le religioni debbano restare fuori dalla sfera pubblica perché sono portatrici di assoluti sbaglia in principio. Non è vero che la democrazia sia mancanza di assoluto. La democrazia non è solo il principio del maggioritario, ma anche di dignità e di uguaglianza di persone con pari diritti. La democrazia, allora, è pace e rispetto per la vita. Occorre poi una ridefinizione dell’etica che, anch’essa, non è un principio che può essere soggetto al ‘maggioritario’: della serie, fatemi capire cosa pensa la maggioranza, così mi adeguo.
Il problema, allora, non è degli assoluti di cui sono portatrici le religioni, ma il fatto che le religioni devono plasmare i propri assoluti in modo che siano compatibili con gli assoluti dell’insieme. Non si possono pretendere diritti per i fedeli e lasciare senza gli infedeli, difendere la dignità del credente e dimenticare quella del non credente”.
Vincenzo Paglia
Non è possibile edificare una società rinunciando alle cose che si ritengono fondamentali per la propria e l’altrui vita. Gli “assoluti” di cui si parla del libro sono quelle dimensioni che richiedono talora persino il dono della propria vita. Per il relativo non si dà la vita. Se per operare nella vita pubblica bisogna mettere da parte i propri assoluti non si esce dal dilemma: o non conta la vita pubblica, o non contano gli assoluti. In verità stiamo vivendo all’interno di una crisi anche perché spesso gli “assoluti” spesso non sono considerati.
Sono ormai alcuni decenni che la politica in Italia continua a dibattere più sui metodi che sui contenuti, più sugli aspetti formali delle democrazia (che sono ovviamente importanti) che sulla sostanza della vita di una società.Credo che la difficoltà a parlare dei contenuti sia dovuta ad un’eclisse dei contenuti o anche di fiacchezza culturale. In effetti parlare dei contenuti è molto più difficile che parlare della cornice. In tale contesto va compreso il senso della laicità. Io credo che voglia più vede e più ragione e in un continuo dialogo.
Giuliano Amato
“Penso che sia molto pericoloso parlare di dialogo tra civiltà. E’ un concetto molto vicino allo scontro tra civiltà. Perché due civiltà hanno un processo storico così diverso, che lo scontro sarebbe quasi inevitabile. Invece le culture non sono poi così diverse e anzi, qui stiamo parlando di culture che hanno convissuto per secoli, e che da relativamente poco tempo sono lontane. Penso anche che sia sbagliato parlare di regionalismo, e cioè che l’Islam sia la religione dell’oriente e dell’Africa, e il cristianesimo quella dell’occidente”.
“Da quando la Dc è crollata in politica sembra venuto meno quel differenziale che permetteva a laici e cattolici di marciare insieme. Sembra venuto a mancare quel punto di mediazione etico, un risvolto che è proprio di tutte le religioni. Nessuno può credere che Dio abbia ordinato di uccidere il prossimo. Quella che è venuta a mancare in Italia è la laicità dei rappresentanti politici che hanno la responsabilità di mediare. Ci possono essere caratteristiche diverse. Ma il rischio è quello di irrigidirsi.
Nella bioetica è emersa l’idea che tutto ciò che è possibile fare si debba fare, un’idea che cancella le responsabilità Ad esempio, se fosse possibile intervenire su un embrione in modo da renderlo immune da malattie e da stanchezza, si ritiene che ciò non vada impedito. La verità è che questo significa negare la libertà a questo futuro essere umano. Certo, se fosse predisposto ad una patologia, ed intervenendo lo curassimo il discorso sarebbe diverso, ma non si può programmare l’esistenza. Sinceramente, io credo che se avessimo seguito questi principi oggi avremmo una legge sulla Fecondazione assistita molto migliore e ci saremmo risparmiati tante polemiche”.
Vincenzo Paglia
Concordo con Giuliano quando dice che la fine della Dc ha come tolto a mancare il differenziale. Il credente ha il dovere di intervenire nella vita pubblica, e a mio avviso, a tutto campo.
Se dovessi dire qualcosa sulla situazione presente esorterei a essere presenti sul tema della vita in tutta la sua ampiezza, dall’aborto all’eutanasia, dalla pena di morte all’insopportabile povertà, e così oltre. Sono tutti fronti sui quali i cattolici debbono essere presenti. A mio avviso c’è bisogno che la fede sia più radicata nella cultura o, come intende il “progetto culturale” della Cei, deve diventare cultura, ossia visione di vita condivisa o comunque proponibile perché tocca le corde della ragionevolezza.