«Rifondare la teologia familiare». Decolla il nuovo “Giovanni Paolo II”
di Luciano Moia
La mattina del 13 maggio 1981, il giorno dell’attentato di Alì Agca, Giovanni Paolo II aveva dato vita all’Istituto per studi su matrimonio e famiglia che porta il suo nome.
Lo stesso giorno, trentanove anni dopo, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, gran cancelliere, ha dato il via libera al nuovo piano di studi che segna l’inizio concreto della rifondazione, a quasi tre anni dal motu proprio di papa Francesco Summae familiae curae, con cui ne ha ampliato i campi di interesse «sia in ordine alle nuove dimensioni del compito pastorale e della missione ecclesiale, sia in riferimento agli sviluppi delle scienze umane e della cultura antropologica». Il nuovo piano di studi risponde proprio a questi obiettivi. Scorrendo l’elenco degli insegnamenti spuntano corsi sulla “giustizia degli affetti”, sulla “disabilità”, sulla “tutela dei minori”, sulla “ricerca del padre”.
Una famiglia concreta, “incarnata” nella realtà di tutti i giorni. Sembra il modello privilegiato dal nuovo piano di studi del Pontificio Istituto teologico “Giovanni Paolo II” che mette un po’ tra parentesi la famiglia astratta disegnata in passato da certa teologia. Si tratta di un’impressione corretta?
L’idea che guida il progetto è proprio questa: la famiglia, con tutta la costellazione dei suoi rapporti, interni ed esterni, non è la semplice “conseguenza” del matrimonio, è piuttosto il suo “svolgimento” e la sua prosecuzione nella società, nella Chiesa. La concretezza della storia famigliare, deve perciò essere considerata “materia nobile” della teologia dell’amore umano: è quella teologia “coi piedi per terra” di cui parla Amoris laetitia. La teologia, che ha giustamente riscoperto il carattere fondante dell’amore intimo e fecondo della coppia umana con la sua capacità di rimandare alle profondità cristologiche e trinitarie del mistero dell’amore di Dio, è rimasta decisamente povera a riguardo alla famiglia nella complessità dei suoi rapporti. E’ un vuoto che deve essere colmato. Il nuovo piano di studi punta decisamente a riscattare la densità cristiana e umana dell’istituzione famigliare, riconoscendo in essa il luogo effettivo della fecondità stessa del sacramento cristiano.
Scorrendo l’elenco degli insegnamenti spuntano corsi sulla “giustizia degli affetti”, sulla “disabilità”, sulla “tutela dei minori” che mostrano lo sforzo di integrare l’analisi della condizione famigliare con una conoscenza differenziata sue condizioni critiche e con un discernimento appropriato delle sue domande esistenziali. Quale significato dobbiamo attribuire a questa esplicitazione: è una concessione ad una “casuistica” più moderna e alla moda, oppure riflette un’impostazione anche “teologica” più fondamentale e profonda?
La riscoperta della ricchezza antropologica ed ecclesiale del legame d’amore coniugale ha favorito una certa idealizzazione del matrimonio. Ed è stato opportuno. Ma c’è stato un difetto di attenzione e di intelligenza nell’interpretazione della complessità della condizione storica della famiglia riducendo i problemi prevalentemente alle forme e agli effetti del peccato. In realtà le congiunture faticose, critiche, dolorose della storia famigliare non si lasciano semplicemente ridurre al difetto morale: esse provengono ineluttabilmente anche dalla vulnerabilità, dal limite, dall’impotenza a governare i nodi di una vita umana esposta in molti modi alla fragilità della sua condizione. E’ dunque necessario sviluppare una riflessione teologica che sia sensibile alla dolorosa normalità di questa condizione umana. E dunque, occorre un discernimento per cogliere la complessità della vita senza ridurla su un piano moralistico. La fede opera ad una profondità ancora maggiore. E dobbiamo essere in grado di sostenere le famiglie con parole adatte e atteggiamenti appropriati. La perdurante mancanza di un linguaggio cristiano idoneo, e umanamente sensibile, nell’accompagnamento delle fragilità della condizione umana, produce danni anche gravi. La nostra formazione mira decisamente a superare questo ostacolo.
Le statistiche, almeno per quanto riguarda l’Italia – ma si tratta di un dato riscontrabile in tutto il mondo occidentale – parlano di un forte arretramento delle famiglie composte da due genitori con figli che sono circa un terzo del totale. Il resto sono famiglie composte da due persone e da single (quasi un terzo). Avete considerato queste situazioni nella stesura del piano?
L’Istituto – per favorire una maggiore comprensione delle trasformazioni che avvengono nella nostra società anche sul versante familiare – si è dotato di una cattedra di indirizzo, intitolata “Gaudium et spes”, per riflettere sui temi relativi al rapporto tra fede cristiana e società secolare che caratterizzano culturalmente il cambiamento d’epoca. Ed è partner attivo di un Osservatorio mondiale sulla famiglia, sostenuto da un gruppo internazionale di istituzioni universitarie. La conoscenza dello stato effettivo della condizione famigliare è certamente una funzione indispensabile per l’elaborazione di una sapienza propositiva autonoma nei suoi principi di ispirazione, ma coerente con le evidenze storiche disponibili. Dal modo in cui la teologia del matrimonio parla “della” – e soprattutto “alla” – condizione famigliare si capisce immediatamente se dispone di un vero rigore della conoscenza o se si accomoda ad uno stereotipo sentimentale della condizione famigliare. La formazione specialistica dell’Istituto GP2 intende fornire elementi di competenza conoscitiva e di elaborazione ermeneutica appropriate delle dinamiche reali del fenomeno famigliare, che l’analisi multidisciplinare è in grado di mettere a disposizione. Purché, naturalmente, si possiedano gli strumenti del suo uso critico e non ideologico.
Vari insegnamenti sono dedicati all’approfondimento di Amoris laetitia. Uno, nello specifico, sul tanto discusso capitolo VIII. Vuol dire che il dibattito su questi aspetti dell’Esortazione postsinodale prosegue?
Più che il dibattito, prosegue la ricerca di interpretazioni corrette e di approfondimenti utili. In ogni caso, l’idea che ci sia una speciale attenzione al magistero attuale e vivente, come dice la formula della teologia classica quando indica il riferimento immediato e diretto dell’insegnamento della Chiesa, è parte integrante dell’istituzione teologica. L’elaborazione della migliore sintonia possibile del pensiero cristiano e del magistero autorevole è una delle funzioni specifiche della teologia cattolica. Di fatto, però un mutamento sostanziale di “toni” nell’atteggiamento ecclesiale, di fronte a determinate “storie” di fallimento, era già raccomandato dall’esortazione Familiaris consortio di Giovani Paolo II. Mutamento di stile cristiano-ecclesiale già di per sé non semplice, rispetto al costume precedente: del quale la teologia, però, non aveva poi sviluppato chiarificazioni coerenti e conseguenti, nel merito specifico del nuovo stile, pur raccomandato, di accompagnamento e di integrazione ecclesiale. In questo senso l’argomento merita obiettivamente di essere tenuto comunque in evidenza, a motivo della necessità di illustrare nel modo più accurato e positivo possibile un processo di chiarificazione pastorale che è da tempo in corso di sviluppo.
Accanto alle proposte tradizionali per la licenza e per il dottorato, compare un “diploma annuale per esperti in scienze del matrimonio e della famiglia”. A chi si rivolge questo nuovo corso?
Nel nuovo ordinamento di studi esiste la possibilità di una licenza e di un dottorato in “scienze del matrimonio e della famiglia” i quali, pur senza acquisire le prerogative proprie e gli effetti canonici del titolo ecclesiastico (che chiede il baccellierato), consentono la personalizzazione di piani di studio qualificati in ordine ad una competenza antropologico-culturale solida e specialistica. Questo percorso è particolarmente indicato per i laici, in possesso di un titolo di laurea (eventualmente già orientato su professionalità convergenti, come psicologia, medicina, sociologia, diritto, filosofia), che possono trarne diverse opportunità di qualificazione professionale e di servizio ecclesiale. In questo solco si inerisce appunto la possibilità di un “diploma annuale”, che integra una formazione cristiana e professionale di base con l’acquisizione di competenze specifiche utili per lo svolgimento di funzioni di collaborazione qualificata e/o di servizi pastorali inerenti all’ambito del matrimonio, della famiglia, dell’educazione (consultori famigliari, istituzioni diocesane, comunità parrocchiali, gruppi famigliari, presidi educativi). L’interesse di questo “percorso breve” sta appunto nel fatto che esso viene comunque svolto nel contesto di un’istituzione accademica di alta specializzazione, con l’apporto di docenti e la disponibilità di sussidi difficilmente disponibili nei normali percorsi formativi, anche di tipo universitario.