San Giovenale 2010
Signor Sindaco di Narni,
cari sindaci delle altre città,
Gentili autorità
Care sorelle e cari fratelli
La pagina evangelica che ci è stata annunciata ci riporta dentro al cenacolo mentre Gesù rivolge la sua preghiera al Padre perché i suoi discepoli siano una cosa sola, perché formino una famiglia e siano animati dallo stesso amore che unisce Gesù al Padre. E’ un amore divino. Non un qualsiasi amore, ma appunto un amore che viene dal cielo. E’ quello che mosse San Giovenale qui a Terni. Fu proprio l’amore divino che aveva nel cuore a spingerlo a dare la sua vita perché la gente di Narni non si disperdesse ma si unisse. Egli fu per Narni un buon pastore. Per questo i n ostri antichi lo hanno chiamato: “Patronus, Gubernator et Defensor civitatis”. Come sapete, Giovenale veniva dall’Africa. La tradizione dice che era giovane quando si convertì al cristianesimo e divenne prete a Cartagine. Quando però in quella città si scatenò la persecuzione contro i cristiani, Giovenale fu mandato a Roma ove venne accolto da una nobildonna romana, Filadelfia, che rimase colpita dalle capacità di questo giovane africano. E quando seppe che Narni aveva bisogno di un vescovo, propose a papa Damaso di mandare il giovane prete Giovenale. Il papa accettò la proposta e nel 368 lo consacrò vescovo di Narni. Inizialmente a dire il vero i narnesi lo accolsero con diffidenza, ma ben presto si rese conto dell’animo buono e forte di quel vescovo. Egli spese tutte le sue forze per aiutare i narnesi e per salvare la città dalla distruzione.
Giovenale iniziò a predicare con efficacia il Vangelo e molti aderivano alla sua predicazione. Si racconta che una volta, in un giorno solo, ne battezzò quasi 2000. Fece costruire una prima chiesa dedicata a san Valentino, il vescovo di Terni martirizzato a Roma alla fine del secolo precedente. La sua azione di vescovo fu instancabile, nonostante le opposizioni di coloro che continuavano il culto delle divinità pagane. Giovenale predicava l’amore di Dio per tutti. E la sua preoccupazione era raccogliere i cristiani di Narni, istruirli e farli crescere nell’amore. Li spingeva a non chiudersi in se stessi, a non pensare solo ai propri interessi individuali. Egli aveva a cuore l’intera città, tutti i suoi abitanti. E lo mostrò in maniera esemplare quando la città fu assediata dai barbari: ne organizzò la difesa invitando i cristiani a raccogliersi in preghiera per chiedere a Dio l’aiuto. E si racconta che una tempesta terribile si abbatté sugli invasori i quali furono costretti a togliere l’assedio e ad allontanarsi. Tutti i narnesi, liberati dall’assedio, si raccolsero nella chiesa di San Valentino ove i cristiani si erano radunati per la preghiera e qui Giovenale celebrò una Messa di ringraziamento. In questa occasione si ripeté il miracolo della moltiplicazione del pane e del vino consacrati: le ostie e il vino consacrati erano insufficienti per comunicare la numerosa folla accorsa intervenuta, e si moltiplicarono miracolosamente. Tutti poterono così comunicarsi. La difesa di Narni non si basò sulle armi, ma sulla preghiera e sulla solidarietà tra tutti. La preghiera comune e insistente fu esaudita. Oggi noi continuiamo a unirci nella preghiera e sentiamo Giovenale accanto a noi anche se nel cielo perché continui a salvare questa nostra città.
I tempi di oggi sono diversi da quelli nei quali visse Giovenale. Ma non mancano i problemi e le angosce. E abbiamo bisogno di aiuto, di protezione, di sostegno. Se restiamo ciascuno per proprio conto saremo preda dello spirito del male che opera per dividere e non per unire, che spinge verso il conflitto e non la solidarietà tra tutti e particolarmente con chi soffre più di altri. Siamo tutti consapevoli della crisi che segna in maniera grave la nostra terra. In queste settimane siamo preoccupati, qui nella nostra area, per il settore della chimica. E a tutti noi, ciascuno per la sua parte, è chiesta una attenta e forte solidarietà. E’ un impegno che deve vederci vigili, non ripiegati ciascuno a pensare solo a se stesso. E non possiamo non essere preoccupati per la crescita del disagio che colpisce non poche famiglie. A tale proposito debbo dirvi la gioia di 587 operai dell’Umbria, che hanno perduto il lavoro senza avere ammortizzatori sociali, i quali sono aiutati mensilmente con un aiuto dal Fondo di Solidarietà delle Chiese Umbre alla cui realizzazione hanno partecipato tutti. E’ una realizzazione che sta dando respiro a centinaia di famiglie. C’è bisogno di sviluppare di più tale solidarietà. Abbiamo terminato il fondo, ma la crisi continua e forse in maniera ancor più pesante. C’è bisogno di rilanciare una nuova raccolta. Alla fine del mese faremo un’altra grande raccolta perché la solidarietà sia concreta da parte di tutti, istituzioni, chiesa e società intera.
Ma c’è una ulteriore preoccupazione che vorrei confidarvi in questo giorno. E riguarda la situazione dei ragazzi e dei giovani delle nostre città. Da sempre siamo attenti ai più piccoli e ai giovani, anche a Narni. Penso ad esempio a quanto viene fatto dalla cooperativa Il Faro o all’Opera Beata Lucia che sta riprendendo in pieno la sua vocazione originaria. Ma non possiamo non essere preoccupati per il futuro dei nostri ragazzi e dei nostri giovani. Alcuni dati, come quello dell’alcolismo che prende anche gli adolescenti, ci sorprendono. E’ urgente rivolgere una attenzione ben più sollecita di quella che abbiamo verso di loro. Hanno estremo bisogno di amore, di dialogo, di compagnia, di padri e madri che li sappiano comprendere e che spendano tempo con loro. Molte devianze sono domande di amore inevase. E non è certo una cosa buona il permissivismo cieco e alla fine egoista, magari per accontentarli. L’educazione richiede impegno, fatica, dolcezza e assieme durezza, comprensione e anche lungimiranza, e una sapienza nel proporre il senso vero della vita. E noi adulti dobbiamo interrogarci sui valori proponiamo loro. Il problema dei giovani siamo noi adulti. Quale vita proponiamo loro? La Diocesi, proprio in tale prospettiva, sta ripensando l’intero ciclo della catechesi. Molti giovani si allontanano. E dobbiamo chiederci com’è la nostra fede? Vorremmo intanto che i nostri ragazzi apprendano ad amare Gesù e che siano felici di seguirlo. Per questo a partire dal mese di settembre – è ormai da un anno che stiamo riflettendo e preparando – inizierà un ciclo rinnovato perché i nostri ragazzi possano entrare a far parte in maniera più evidente della comunità cristiana. E ancora una volta siamo noi adulti ad essere chiamati in causa. Non solo i catechisti, anche i genitori, ma l’intera comunità parrocchiale deve prendersi cura di chi da ragazzo vuole far parte di questa più larga famiglia. In tal modo anche i ragazzi comprenderanno meglio l’esortazione di Benedetto XVI fatto ieri ai giovani di Torino: “Vivete e non vivacchiate”.
E un’aggiunta mi pare doverosa qui a Narni. Mi riferisco alla presenza di centinaia di giovani universitari che ormai sono presenti tra noi. Cosa offriamo loro? Non bastano le lezioni universitarie e l’alloggio. C’è bisogno che essi partecipino alla vita della città e possano vivere all’interno di un tessuto che li accolga e li avvolga con atteggiamenti di amicizia, con proposte culturali, religiose oltre che di svago. E’ una responsabilità di cui dobbiamo prendere maggiore coscienza.
Care sorelle e cari fratelli, nel passo degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo esorta gli anziani di Efeso a vigilare su loro stessi e su coloro che il Signore ha affidato alle loro mani. Li avverte che non mancano i lupi che rapiscono le pecore del gregge. Sì, anche oggi non mancano lupi coloro che rubano il cuore e la speranza dei nostri ragazzi. A noi è chiesto di vigilare, a partire da noi stessi. Sì, stiamo attenti anzitutto noi a non smarrire il nostro cuore dietro miti falsi, a non lasciarci dominare dai nostri istinti egocentrici. Altrimenti saremmo davvero cattivi maestri. C’è bisogno di rinnovare il nostro cuore e anche la nostra mente. E’ a dire che dobbiamo riflettere su questi temi, dobbiamo discuterne, dobbiamo leggere, e soprattutto dobbiamo amare davvero i nostri ragazzi. Chiediamo a San Giovenale la grazia di avere un cuore simile a lui, una mente simile alla sua. E affidiamogli oggi i nostri ragazzi e i nostri giovani perché possano guardare con più serenità il futuro.