Sesta settimana del Tempo Ordinario – venerdi
Mc 8,34-9,1
In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».
Pietro ha detto bene che Gesù è il Messia. Ma non ha compreso fino in fondo ciò che questo significa e soprattutto ciò che comporta, ossia la passione e la morte. Gesù, infatti, non si presenta come un Messia trionfatore secondo la mentalità corrente del tempo; al contrario, egli avrebbe dovuto soffrire molto. E lo dice. Non può tacere su questo punto che concerne la sua vita e riguarderà anche quella di ogni discepolo. E la storia lo dimostra. Basti pensare ai milioni di martiri che lungo il Novecento hanno dovuto subire torture, vessazioni e morte per amore di Gesù e della sua Chiesa. Chiunque vuole seguire Gesù deve rinunciare all’amore per se stesso e prendere su di sé la croce, quella che gli mettono addosso gli oppositori del Vangelo e quella che grava sulla vita dei deboli, dei poveri, dei condannati, dei torturati, degli esclusi. Chi perde la sua vita al servizio del Vangelo e dei poveri – dice Gesù – salva la sua anima, ossia raggiunge ciò che più conta nella vita.