Sulla fraternità si gioca il futuro del pianeta
“Le città contemporanee chiedono che la Chiesa riprenda ad essere il Buon Samaritano che si china sulle sue numerose ferite, spesso nascoste, ma non per questo meno gravi. Mi pare ovvio affermare che il futuro del pianeta dipenderà dalla qualità della vita delle città. E il futuro stesso del cristianesimo dipenderà da come i cristiani sapranno comunicare il Vangelo nelle città di oggi. La Chiesa deve mostrare la via di una nuova prossimità: deve vedere e fermarsi”. Lo ha affermato oggi pomeriggio mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, intervenendo a Napoli per le celebrazioni dei 440 anni della Confraternita dei Pellegrini, fondata nel XVI secolo da cinque artigiani per dare protezione e aiuto ai poveri. “I poveri di Abidjan o di Calcutta, di Città del Messico o di New York, di Mosca o di Milano, di Buenos Aires e di Roma, non sono solo poveri, sono emarginati, sono ‘di troppo’, possono essere anche dimenticati, allontanati, senza che accada nulla”, ha osservato amaramente mons. Paglia, ricordando come questo sia “uno dei punti centrali della testimonianza di Papa Francesco. Essi sono nel ‘cuore’ delle città”. La Chiesa, secondo Paglia, “deve lasciarsi interpellare dalle grandi città contemporanee. Lo sa bene la Chiesa di Napoli e il suo arcivescovo”. In questo senso – ha aggiunto mons. Paglia – la presenza dei poveri e l’insistenza del Papa, devono aprirci gli occhi su una delle promesse mancate degli ideali laici dell’Illuminismo: la scomparsa della “fraternità”. “Pochi si sono interrogati sul perché della scomparsa della fraternità rispetto alla trilogia della rivoluzione francese. Si parla di uguaglianza e di libertà, quasi mai di fraternità”, ha evidenziato. “La fraternità – ha proseguito – è la promessa mancata della modernità. Ma su di essa si gioca il futuro delle nostre città e dell’intero pianeta. Siamo chiamati a riscoprirla o, se si vuole, a reinventarla”. “Noi cristiani – ha ammonito – abbiamo un obbligo particolare: uscire da noi stessi e dai nostri recinti religiosi per trasformare le città, ripartendo dai poveri. C’è bisogno di audacia e di creatività”.