XXI Settimana del Tempo Ordinario – sabato

[14]Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. [15]A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. [16]Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. [17]Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. [18]Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. [19]Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. [20]Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. [21]Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. [22]Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. [23]Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. [24]Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; [25]per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. [26]Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; [27]avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. [28]Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. [29]Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. [30]E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

La parabola dei talenti inizia parlando di un uomo che prima della partenza convoca i tre dipendenti e consegna loro i suoi beni. La sua fiducia in loro e assoluta, tanto che ad ognuno affida una grossa somma in talenti. Il talento era una enorme somma: corrispondeva a circa 50 chili d’oro. Al primo affida in gestione cinque talenti, al secondo due e al terzo uno. Tra la partenza e il ritorno del padrone, i tre dipendenti debbono far fruttare quanto è stato consegnato loro. Il primo dipendente raddoppia; altrettanto fa il secondo. Il terzo, invece, fa una buca nel terreno e vi nasconde il talento ricevuto. Al ritorno del padrone, il primo e il secondo servo si presentano e ricevono la lode e la ricompensa. Il terzo riconsegna l’unico talento che aveva ricevuto. Quel talento, quei talenti, sono la vita, non quella astratta ma quella concreta, di tutti i giorni, fatta del rapporto tra noi e il mondo. Tutto ciò è consegnato alla responsabilità di ognuno perché lo faccia fruttare. E a ciascuno è dato secondo le sue capacità. Questo vuol dire che non c’è uguale misura di vita per tutti, ma anche che nessuno è incapace di far fruttare la vita.