XXIV Settimana del Tempo Ordinario – mercoledi
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Le parole evangeliche esprimono un giudizio duro sulla generazione che non comprendeva né il Battista né il Figlio dell’uomo. E più avanti ancora Gesù accuserà: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò?” (Lc 9, 41). Anche Pietro, uscendo dal Cenacolo nel giorno di Pentecoste, disse a coloro che lo ascoltavano: “Salvatevi da questa generazione perversa” (At 2,40). Non si tratta di una presa di posizione pessimistica da parte di Gesù e di Pietro, quanto del riconoscere la cecità che ogni generazione ha nel cogliere i “segni dei tempi”, ossia i segni di Dio e della salvezza che sono scritti nella storia umana. In genere siamo tutti talmente presi da noi stessi e dal nostro egocentrismo che non riusciamo a vedere null’altro oltre quel che ci riguarda. È emblematico quanto dice Gesù: Giovanni, che fa penitenza, è accusato di avere un demonio, e lui che mangia e beve di essere un mangione. Spesso si cade in atteggiamenti irritati o piagnoni perché si vuole difendere ad ogni costo se stessi.