XXVI Settimana del Tempo Ordinario – venerdì
Lc 10,13-16
In quel tempo Gesù disse: “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, gia da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafarnao, sarai innalzata fino al cielo?Fino agli inferi sarai precipitata! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”.
“Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Settantadue erano le nazioni della terra, secondo l’antica tradizione ebraica. L’evangelista suggerisce che Gesù, sin dall’inizio, ha di fronte tutti i popoli della terra, e a loro invia i discepoli. Nessuno deve restare fuori dell’annuncio del Vangelo. Con lo sguardo sino ai confini della terra, Gesù dice ai discepoli: “La messe è molta”. Di fronte a questa moltitudine immensa, con un accento di tristezza, aggiunge: “ma gli operai sono pochi”. C’è una sproporzione tra l’enorme attesa e il piccolo numero di discepoli. Ma il problema non è anzitutto numerico, bensì nella qualità dell’annuncio. Per fermentare la pasta, senza dubbio è importante la quantità di lievito, ma è decisivo che sia davvero lievito. Accade che gli operai si lasciano prendere dalle proprie preoccupazioni e trascurano la comunicazione del Vangelo. Ma come essere bravi operai? Il Vangelo lo suggerisce. Perché Gesù, di fronte ad una messe così grande, manda i discepoli due a due? Non era più logico mandarli uno ad uno e raddoppiare così i luoghi di annuncio? Gregorio Magno commenta che Gesù mandò i discepoli due a due perché la prima predica fosse anzitutto l’amore vicendevole. La comunione tra i fratelli è la prima grande predicazione e l’arma più forte per toccare i cuori. Gesù sa bene che i discepoli vanno “come agnelli in mezzo ai lupi”. E non è agevole per un “agnello” far cambiare vita al “lupo”. E tutto è ancora più difficile se questi “agnelli” debbono presentarsi senza “borsa, né bisaccia, né sandali”. L’unica loro forza è l’amore. E’ una “forza debole”. Debole perché non ha né armi, né arroganza; eppure è a tal punto forte da spostare i cuori degli uomini. Le frasi finali del brano evangelico ce lo confermano: “I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. E Gesù: “Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare”. C’è dunque un potere dato ai discepoli: quello di voler bene a Dio e agli uomini ad ogni costo e sopra ogni cosa. Questa è l’unica grande e fortissima ricchezza del cristiano.